34.

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"Eva!" Sento la voce familiare del moro che urla il mio nome non appena termino le visite di routine.
"Come stai?" Domanda abbracciandomi piano, ma non ricambio, sono ancora arrabbiata con lui.
"Nessun osso rotto o micro-fratture, solo qualche graffio e la spalla dolorante, ma con una pomata passerà. Samuel?" Rispondo velocemente e con una certa preoccupazione.
"Sta facendo la TAC, ha battuto forte la testa, un braccio rotto e alcune ferite, l'auto è scappata, il motorino è volato. Dicono che si sia buttato dalla moto poco prima dello schianto, altrimenti non ce l'avrebbe fatta." Dice calmo e dopo giorni i miei occhi incontrano i suoi, sembra abbia pianto, ha gli occhi rossi o forse sono solo le canne.

Lui e l'ambulanza sono arrivati nello stesso momento, non c'è stato modo di parlarci, l'ho visto di sfuggita mentre entravo in ambulanza.

Gli do le spalle ed esco dal pronto soccorso per accendermi una sigaretta, sono ancora incredula di quello che è appena successo.

"Stai tremando." Dice con un filo di voce che mi scuote dallo stato di trance nel quale ero caduta.
Mi rendo conto che effettivamente sto tremando come una foglia e non per il freddo, le lacrime iniziano a scendere lente dai miei occhi, finché non inizio a singhiozzare.

"Ehi ci sono io, calma." Mi preme contro il suo petto e il suo profumo inizia a pervadermi i sensi, quanto mi erano mancati i suoi abbracci.

Vorrei spingerlo via, ma non ho le forze e la voglia al momento, voglio solo godermi questo istante come se fosse l'ultimo, il che probabilmente lo sarà visto che tra due settimane tornerò definitivamente a Milano.

Torniamo dentro e ci sediamo uno accanto all'altro, ma nessuno dei due spiccica parola.
Dopo un'attesa infinita arriva un'infermiera che ci comunica che dai risultati della TAC non è uscito nulla, ma sarà ricoverato un paio di giorni per via del braccio, delle ferite e per tenerlo sotto controllo.

Corro, per quel che posso, nella sua stanza e Luca mi segue a ruota, aspettiamo pazienti che escano i genitori dalla stanza e poi facciamo il nostro ingresso.

Lo vedo, è sdraiato con un'espressione di dolore che si trasforma in un sorriso dolcissimo non appena mi vede.
"Sono felice che tu stia bene." Dice sottovoce, ma non riesco a trattenere le lacrime.
"Samuel mi dispiace tantissimo, se fossimo rimasti un po' di più non sarebbe successo nulla." Dico tra i singhiozzi mentre gli tengo la mano.
"Non è colpa tua, anzi. Non mi ero minimamente accorto di quel tizio che ci veniva incontro, pensavo stesse facendo solo un sorpasso. Ora torna a casa e vai a riposare." Conclude dolcemente.
"Domani ti vengo a trovare, se hai bisogno di qualsiasi cosa scrivimi, buonanotte Samuel." Dico dandogli un bacio sulla guancia e avviandomi verso la porta.
"Trattala bene, è speciale." Sento Luca dire al ragazzo nel letto, il suo tono non è minaccioso, anzi.
"Sei tu che non devi fartela sfuggire, so che è speciale. Farei il diavolo in quattro per lei, ma non sono io quello che occupa posto nella sua testa." Risponde Samuel, sono di spalle e non possono vedermi, ma sto sorridendo a queste parole, ha perfettamente ragione.

"Ti accompagno, sali in macchina." Dice mentre usciamo dal pronto soccorso, avvolgendo un braccio sulla mia spalla, ma mi scanso non appena lo fa.
"Ho fatto qualcosa che non va?" Chiede come se nulla fosse.
"Luca, tornerò definitivamente a Milano, non ha senso riallacciare i rapporti e roba del genere, due settimane e usciremo ognuno dalla vita dell'altro." Annuncio senza guardarlo negli occhi, fa troppo male e non sa che lui farà sempre parte della mia vita, anche come ricordo.

"Ah." Risponde soltanto.
"È tutto quello che hai da dire?" Lo istigo salendo in macchina e sbattendo la portiera infastidita.
"Non so che dirti, non me l'aspettavo, è una giornata stranissima oggi, mi sono successe tante cose inaspettate, poi l'incidente, tu che mi dici che torni a Milano. Non credevo l'avresti fatto."
"Non ha senso rimanere qui, non ho nulla per cui restare." Sputo acida, cercando di fargli male come lui ne ha fatto a me e sembra che ci sia riuscita, non mi risponde, serra la mascella e stringe le mani sul volante così forte da far diventare bianche le nocche.

"Grazie per tutto." Dico fredda, accennando un mezzo sorriso prima di entrare nel mio appartamento, ma mi blocca il polso e mi volto verso la sua direzione.
"Non andartene Eva." Dice con tono implorante, il mio cuore perde un battito e i miei occhi iniziano a diventare lucidi.
"È meglio così, tu tornerai alla tua vecchia vita e lo farò anch'io." Rispondo irremovibile.
"Non voglio tornare alla mia vecchia vita, mi piaceva quello che avevamo io e te. Vuoi davvero tornare dai tuoi amici figli di papà che si lamentano di non avere l'edizione limitata della borsa Gucci e minchiate del genere?" Mi domanda mentre ride amareggiato.
"Sì, è quello che voglio." Mento sfacciatamente e lui sembra cascarci.
"Buonanotte Eva." Mi bacia sulla fronte e poi sparisce dietro la porta del suo appartamento mentre io resto lì ferma impalata per una manciata buona di secondi, prima di fare la sua stessa cosa e poi crollare in un sonno profondo ma molto agitato.

Gli incubi sono tornati.

Dimmi di noi.||CapoplazaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora