3.

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La settimana passa tranquilla e troppo in fretta, ho provato a farmi qualche amica andando a correre al parco, ma nulla.

Il fatidico giorno è arrivato, mi sveglio prestissimo, devo assolutamente fare almeno quindici minuti di yoga, poi corro a lavarmi.
Mi infilo degli skinny chiari, un body nero con scollo a V e decido di abbinare le mie balenciaga allo zainetto.
Decido di non truccarmi troppo, alla fine ho una bella pelle, evito di mettere il mio iconico
eye-liner, quindi opto per del mascara e un gloss.

Vado in cucina e saluto velocemente mamma, poi esco di casa e mi precipito alla fermata del bus che sarebbe passato a momenti, infatti eccolo lì.
Salgo a bordo e mi sento tutti gli occhi addosso, mentre abbandono l'idea di trovare un posto libero, visto che è strapieno di studenti e a stento si riesce a respirare.

A parte le occhiatacce di qualche ragazza o i commenti inopportuni di qualche tipo che si crede più figo di quel che in realtà è, il bus ferma proprio davanti scuola, con un ritardo di vari minuti.
L'istituto è abbastanza grande, ha anche un cortile, ma la maggior parte degli studenti sono entrati, la campanella è suonata già da un po'.
Ci mancava fare tardi il primo giorno.
Sono in 5ªC, la cerco tra i vari corridoi e piani e alla fine la trovo.
Col cuore in gola busso alla porta e sento la voce di un professore che mi intima ad entrare.

"Buongiorno, scusate il ritardo professore." Dico imbarazzata, mentre catturo l'attenzione di tutta la classe, mi squadrano dalla testa ai piedi, chiacchierano tra loro fissandomi. Non sono terrorizzata di essere al centro dell'attenzione solitamente, ma in questo posto si, mi sento troppo diversa.
"Io sono il professor Baldi, italiano, tu dovresti essere la ragazza nuova, Eva Del Vecchio. Prego si accomodi lì, l'ultimo banco, accanto a D'Orso." Dice indicandomi il posto ed in quel momento i miei occhi ed i suoi si incrociano, ma è uno sguardo di sfida, che ricambio volentieri.
Fingo un sorriso al prof e vado a sedermi, prendo un quaderno, una penna e inizio a prendere appunti.

"Sei proprio ridicola, vedi qualcun altro prendere appunti? Esistono i libri, bambolina." Dice il ragazzo avvicinandosi al mio orecchio, sbuffo e decido di ignorarlo, concentrandomi sulla lezione.
"Attenzione a girare con quella roba firmata, qui la gente ha fame e uno zainetto del genere per altre persone vale uno stipendio."
"Si può sapere che vuoi da me?" gli chiedo scocciata.
"Dì solo a qualcuno quello che succede in casa mia e sei morta." mi sussurra e queste parole mi gelano il sangue, potrei perfino credergli.
"Come credo tu sappia le nostre mamme sono molto amiche, nonostante quello che potrai pensare ho un bel rapporto con la mia, so tutto della tua situazione, bambolina. Non penso che vuoi che qualcun altro sappia le schifezze che ha fatto e che continua a fare il tuo bel paparino, giusto? Saranno i nostri piccoli segreti, bambolina." continua lui, ma io ho gli occhi fissi sul prof, mentre deglutisco a vuoto e mille pensieri affollano la mia mente, vorrei solo sparire in questo secondo.
"Smettila di chiamarmi così." sibilo tra i denti.
"Allora preferisci puttanella?"
"Vuoi un altro schiaffo?" gli domando con un sorriso sarcastico, guardandolo dritto negli occhi sta volta, ma distoglie subito lo sguardo, si appoggia al muro con la mascella serrata e noto sott'occhio che stringe i pugni fino a far diventare le nocche bianche.
Poi ricollego mentalmente, che stupida.

Finalmente la campanella suona, le due ragazze sedute al banco davanti si girano e mi porgono la mano.
"Ciao io sono Camilla." dice la riccia rossa, ha un viso bellissimo, pelle chiara, occhi verdi e lentiggini.
"E io Marta." si presenta anche la biondina, occhi azzurri e labbra carnose tinte di rosso e il septum.
"Piacere ragazze, io sono Eva." tendo la mano ad entrambe che la stringono.
"Vuoi venire in cortile? Così ti fai conoscere, ci hai incuriosita molto, non capita tutti i giorni una nuova arrivata da Milano, dai su." dice Camilla prendendomi per mano e trascinandomi praticamente fuori.

"Si può fumare qui?" chiedo io.
"Beh, in realtà no, ma noi lo facciamo lo stesso, vieni di qui, i prof e il preside non passano mai di qui." mi portano in un angolo sperduto e angusto del cortile, ma non ci bado molto e mi accendo la mia sigaretta e loro fanno lo stesso.
"Beh insomma, raccontaci di te, com'è Milano? Perchè sei venuta qui? Ti trovi bene?" domanda tutto d'un fiato Marta.
"Ehi amica, la stai spaventando, magari è a disagio, raccontiamole prima di noi. Io sono nata e cresciuta qui, i miei sono separati e vivo con mio padre, mia madre è tornata in Calabria dai miei nonni, non vado troppo bene a scuola, sopratutto nella materie scientifiche, si lo so, frequento questa scuola, che controsenso. Comunque, mi piace tanto leggere, vedere serie tv e la sera sto sempre in giro con la mia gang di amici tra cui Marta." dice la prima.
"Io vivo poco lontano da qui, i miei lavorano in ufficio tutto il giorno e tornano quando io esco la sera, quindi non li vedo mai, ma a me sta bene così, faccio una vita abbastanza mondana, amo le feste, ma solo se c'è la giusta compagnia. Raga non so che dire, effettivamente queste presentazioni mettono a disagio." dice con una tale spontaneità che scoppiamo a ridere all'unisono.
"Dai ci provo. Nata e cresciuta a Milano, i miei si sono separati e vivo qui con mia madre, mi piace lo sport, mi piace studiare e niente, siete le prime ragazze con cui riesco ad avere una conversazione normale." dico ridendo e loro si uniscono a me, ma la campanella ci interrompe.
"Dobbiamo già rientrare, che palle." dice Camilla finendo le sue croccantelle e ritorniamo in classe.

Il resto della giornata trascorre normalmente, Luca non mi ha più rivolto la parola e ne sono contenta.

Esco finalmente da scuola e decido di tornare a casa a piedi, ho bisogno di camminare, mi infilo le mie airpods e mi dirigo verso casa.
Mentre attraverso ad un semaforo, sbuca da una stradina, una macchina che corre verso la mia direzione, rimango pietrificata, non riesco a muovermi, la vedo arrivare a velocità su di me, ma fortunatamente inchioda a pochissimo dalle mie gambe.
Scorgo dentro un viso familiare.

"D'Orso ma che cazzo fai?" gli urlo facendogli il dito medio.
"Fottiti." mi urla di rimando lui, ripartendo, scansandomi e fregandosene anche del rosso.

Dimmi di noi.||CapoplazaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora