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Minerva

Non ci posso credere. Non posso credere che io, veramente io, stia per presentarmi ad un colloquio. Da pazzi, no? Io che sto per coronare il sogno di quando ero piccola: essere scelta tra i 120 fortunati che avrebbero avuto la possibilità di seguire un corso di laurea appositamente pensato per produrre ingegneri specializzati nel settore di produzione di macchine da corsa e da strada. A dire la verità, non so se sarò effettivamente presa, anche perché nel test che mi avevano somministrato non ho eccelso, ma appena avevo letto la mail che mi convocava alla sede principale a Modena inevitabilmente avevo cominciato a fantasticare.
Mi do un ultimo sguardo allo specchio prima di uscire dalla camera di hotel che ho prenotato. Per questo giorno importante ho deciso di indossare un paio di jeans a sigaretta neri, una camicetta bianca e una giacca nera per sembrare più formale. Guardo l'orologio che ho al polso.
«Ok Minerva, è ora di andare verso il tuo sogno.» Afferro la mia borsa e esco dalla camera.
Ad aspettarmi nel parcheggio subito fuori dall'hotel c'è un taxi, che prontamente ho chiamato per portarmi all'università, in quanto, non essendo di questa città non conosco minimamente le strade.
«Al dipartimento di ingegneria Enzo Ferrari, cortesemente.»
L'uomo che guida l'auto mi fa un sorriso dallo specchietto retrovisore e mette in moto.
In poco meno di dieci minuti arrivo alla struttura, pago l'uomo e mi accingo ad entrare.
Mi affanno nel cercare l'ala dell'università nella quale si terrà il colloquio e quando lo trovo mi ci dirigo immediatamente. Nell'entrare nella stanza noto subito una quantità spropositata di maschilità, plausibile dato che quel percorso di studi non è proprio femminile, mentre in un angolino avvisto un gruppetto di ragazze, le quali non esitano a squadrarmi nell'esatto istante che varco la soglia. Odio il mio sesso. Perché ci deve sempre essere un motivo per guardare male le persone e fare le oche con i ragazzi? C'è comunque un posto accanto a quelle ragazze, ma prontamente mi dirigo dalla parte opposta, verso una sedia posizionata tra due ragazzi. Mi ci siedo facendo un sospiro e aspettando che qualcosa di tutto questo si faccia più chiaro.
«Colombo...Minerva?»
Nel sentire il mio nome scatto subito in piedi, un po' stupidamente anche, tanto che le ragazze si mettono a ridere. Ma per favore. La donna che ha pronunciato il mio nome mi fa segno di seguirla. Ci incamminiamo per un lungo corridoio fino a raggiungere una porta, al di la della quale è posizionato un tavolo con delle persone che conversano tra di loro. Appena si accorgono della mia presenza smettono di parlare e un uomo si mette in piedi attirando l'attenzione di tutti.
«Grazie Alice.» L'uomo sorride alla donna che mi ha accompagnato fino a quel posto e lei chiude la porta alle mie spalle lasciandomi a me stessa.
«Minerva, prego accomodati.»
Seguo l'invito dell'uomo e con soggezione e imbarazzo mi accomodo all'estremità del tavolo dinnanzi a quelle persone.
«Come vedi noi siamo alcuni dei docenti del corso di laurea per la quale sei stata scelta. Ammetto che non è la tua prima scelta, ma credo ti possa definire fortunata lo stesso. Sarai una studentessa del percorso High Performance Car Design. Sei qui oggi perché vogliamo fare due chiacchiere con te e capire se abbiamo fatto la scelta giusta.» L'uomo è molto cortese e in questo momento non so se urlare dalla gioia o trattenermi. Opto per la seconda. Successivamente prende la parola una donna. «Dicci Minerva, perché hai deciso di iscriverti a questo percorso.» Esito un istante, quella donna mi mette paura. Deglutisco e poso un momento lo sguardo sull'uomo che prima mi aveva parlato, il quale mi sorride infondendomi un po' più di sicurezza.
«Vedete io...credo che potrei portare una ventata d'aria fresca al mondo dei motori, in generale. Sono fermamente convinta che una donna possa dimostrare molto e insegnare altrettanto.» Rovescio fuori tutto d'un fiato leggermente impaurita di poter sembrare troppo strana o logorroica.
I cinque docenti seduti a quel tavolo sorridono e io mi rilasso.
«Beh colleghi, credo proprio che abbiamo fatto un'ottima scelta.» L'uomo si alza nuovamente e io faccio altrettanto; mi porge la mano e io la stringo convinta.
«Benvenuta nel nostro corso di studi, Minerva.» Ricambio il sorriso ed esco dalla stanza. Appena mi chiudo la porta alle spalle tiro un sospiro di sollievo. Più veloce del previsto. Passo nuovamente nella stanza dove ero seduta una manciata di ore prima e vedo quel gruppetto di ragazze ridere e scherzare commentando ogni ragazzo in quel luogo. Dio fai che non me le ritrovi in corso.

È ormai pomeriggio. Ho deciso di andare a prendermi un caffè o qualsiasi altra cosa purché faccia passare il tempo. Ho deciso di dirigermi in un locale nel centro storico di Modena e dopo parecchio errare trovo quello perfetto: piccolo, accogliente e molto familiare.
Mi siedo al tavolo più appartato che c'è; subito si avvicina a me una ragazza, che dall'abbigliamento riconosco come una cameriera, la quale mi chiede se ho intenzione di prendere qualcosa. Che domanda idiota, ovvio che avrei preso qualcosa! Annuisco alla sua domanda e ordino un tè al limone, senza accompagnamento di pasticcini vari o cose simili. La ragazza torna dopo un paio di minuti con la mia ordinazione. La ringrazio con un sorriso prendendo il cucchiaino allegato alla tazza, prendo una grossa manciata di zucchero e lo butto all'interno di quell'acqua calda colorata. Mi perdo nel turbinio della bevanda che venie girata. Comincio a pensare, a me, a mia sorella, a mia madre. Avrei dovuto chiamarle, far sapere loro che sono stata presa nell'università dei miei sogni, ma quando prendo in mano il cellulare pronta ad avviare una videochiamata mi blocco. Non so se ho veramente interesse a far sapere loro il buon esito del mio colloquio, in cuor mio so che non voglio lasciarle sole, non anche io dopo che papà è morto. Non so se voglio gravare mia mamma di un costo così alto come quello della rata annuale del corso. So però che voglio essere felice.
Prontamente prendo dal portafoglio la foto di mio padre, in uniforme, bello come sempre. Era un soldato, combatteva per l'esercito italiano in missioni specialmente all'estero e proprio una di quelle missioni me lo aveva portato via. Ai tempi ero troppo piccola per capire cosa realmente fosse successo e mia madre troppo giovane e impaurita per spiegarmi cosa fosse realmente accaduto. L'unica cosa che lo stato è riuscito a fare fu continuare a mandarci lo stipendio che mio padre avrebbe preso. Lo chiamavano trattamento speciale, in quanto mia madre era rimasta sola con due bambine molto piccole, infatti all'epoca avevo 10 anni e mia sorella solamente 3. Mio padre mi aveva donato molto di sé, primo tra tutti i capelli corvini che spesso portavo lisci o semplicemente il colore pallido della mia pelle.
Una lacrima mi riga il viso. Quei ricordi riaffiorano spesso in me e odio quando accade, mi fanno sentire semplicemente troppo fragile.
Decisa, lascio il denaro e la mancia per la cameriera sul tavolo e mi dirigo verso l'uscita. In un tempo relativamente breve arrivo all'hotel nel quale avrei soggiornato solamente per quella notte ancora; una volta in camera mi affretto a chiamare la mia famiglia. Dopo neanche due squilli, mi appare sullo schermo il viso angelico di mia sorella, Elettra, che caccia un urlo appena mi vede. Successivamente appare anche mia madre.
«Ciao amore! Come è andata?»
«Bene ehm...mi hanno...presa...» Rispondo titubante a mia madre.
«Beh, allora perché fai quella faccia?!» Mia sorella è sempre stata una che cerca di vedere il bicchiere mezzo pieno.
«Non mi va di lasciarvi sole...» abbasso leggermente lo sguardo.
«Non dire sciocchezze! Ce la caveremo noi due, no?» mia madre rivolge uno sguardo a Elettra e lei annuisce energicamente.
La chiamata è liquidata velocemente, con mia madre che deve guardare che la cena non si bruci o cose simili.
Butto il telefono ai piedi del mio letto e mi stendo fissando il soffitto.
Credo, e in cuor mio so, che questa esperienza mi porterà un mucchio novità.







Credo, e in cuor mio so, che questa esperienza mi porterà un mucchio novità

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Ciao! Ecco il primo capitolo di questa nuova storia. Spero vi sia piaciuto come inizio e scusate tutti gli errori. Ho deciso di pubblicare oggi perché è il compleanno del nostro Daniel, da settimana prossima ci vediamo il sabato. Ci vediamo

Ulysses&Diomedes || Daniel Ricciardo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora