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Minerva

Non voglio aprire gli occhi perché so già dove mi trovo anche se spero con tutto il mio cuore di trovare la mia camera quando le palpebre si alzeranno. Mi ricordo molto poco della sera prima, so solo che mi sono ubriacata di brutto e che la testa mi pulsa in maniera assurda.
Apro gli occhi frustrata per dare certezza alle mie preoccupazioni: sono stesa nel letto di Daniel e indosso una sua maglietta; la parte opposta del letto è completamente integra, segno che il mio uomo questa notte non ha dormito accanto a me. Scosto le lenzuola dal mio corpo e il freddo della stanza può penetrare nelle mie ossa. Mi metto a sedere sul bordo del letto e subito porto una mano alla tempia strizzando gli occhi per cercare di sopportare il dolore.
«Forse ho preso qualche shot di troppo...»
Mi alzo lentamente e solo in quel preciso istante mi rendo conto che ho le gambe nude. Un paio di pantaloncini poteva anche prestarmeli.
Mi dirigo verso la porta e piano la apro. Non sono troppo sicura di voler uscire da quella stanza, in fondo lì ero al sicuro. Ero sola, io e Daniel non abbiamo ancora chiarito ed è forse meglio starsene ognuno per conto proprio. Inconsciamente comunque metto un piede fuori dalla soglia di quella porta e segno la mia condanna. Appena ci vedremo litigheremo? Forse, ma non posso saperlo finché non ci guarderemo negli occhi.
Mi dirigo verso le scale ed esito prima di scendere il primo gradino. Le gambe mi tremano, forse per la paura, forse per il fatto che la sera prima ero svenuta, forse per l'ubriachezza della sera prima. Afferro saldamente il corrimano e pesantemente scendo gli scalini facendo molta attenzione a non cadere o scivolare.
Ci metto molto ad arrivare al piano terra, ma quando finalmente sono in salotto vedo Daniel di spalle appoggiato con i gomiti all'isola della cucina.
La mia attenzione viene attirata dal letto improvvisato sul divano. Decisamente non ha dormito accanto a me e inevitabilmente mi sento leggermente triste.
Non so come approcciarmi a Daniel, chissà cosa pensa di me dopo ieri sera. Non me la sento sinceramente di affiancarmi a lui e chiedergli come sta, se ha dormito bene o perché non ha dormito accanto a me, sembrerei un'ipocrita.
«Mmm...» decido di mugugnare qualcosa, non sono parole precise, mi basta solo avere i suoi occhi su di me. Mi passo una mano sul viso per cercare ancora una volta di cacciare il dolore alla testa e in quell'istante vedo Daniel girarsi sullo sgabello e guardarmi. Rimaniamo distanti per qualche minuto ad osservarci. Dentro di me sento crescere qualcosa molto simile ad un malessere. Ora l'amore che provo per il mio uomo è diventato affine alla nausea, fantastico.
Quando capisco cos'è realmente quello che percepisco nelle mie viscere corro veloce verso il bagno. Devo vomitare e sicuramente non ho intenzione di farlo sul parquet di questa casa. Sento dei passi dietro di me, Daniel ovviamente, che mi segue perplesso da ciò che mi sta succedendo. Raggiungo il bagno di servizio della villa e tutto ciò che ho bevuto la sera prima viene scaraventato fuori. Prontamente le mani di Daniel afferrano i miei capelli e li stringono in una coda improvvisata per evitare che si sporchino. Non mi merito tutta questa premura, sono sempre aggressiva con lui e lo accuso subito quando credo che abbia fatto qualcosa di sbagliato. Eppure lui mi ama, così tanto e anche io lo amo, molto, ma se fossi in lui mi odierei; mi accarezza la schiena dolce, comprensivo.
Quando capisco che non avrei rovesciato nient'altro nella tazza, mi appoggio con le spalle al muro. Daniel si alza, afferra una asciugamano e la bagna leggermente con l'acqua corrente del rubinetto. Si china nuovamente su de me e dolcemente mi pulisce la bocca leggermente sporca. Appoggio una mano sul suo braccio e lo lascio fare, con gli occhi rivolti verso il basso. Il contatto che ho instaurato mi fa rabbrividire, avrei voluto con tutta me stessa che quella notte fosse rimasto con me, mi avesse coccolata e al mio risveglio lo avrei trovato con il braccio a stringere la presa su di me per tenermi stretta a lui. Ma si stava facendo perdonare ora, mi stava coccolando come solo un uomo innamorato farebbe e questo mi fa impazzire.
Quando ha finito si siede dinnanzi a me poggiando accanto a lui l'asciugamano. Non ho il coraggio di guardarlo, il post sbronza mi rende codarda.
«Cosa hai bevuto...»
«Qualche shot...»
«Di cosa?»
«Vodka.»
Distoglie lo sguardo dal mio viso e fa una risata infastidita.
«Sei fuori di testa.»
Sento un irrefrenabile bisogno di toccarlo, abbracciarlo, fare sesso con lui, qualsiasi cosa pur di avere le sue mani su di me. Mi avvicino al suo corpo e gli scivolo tra le braccia con suo deciso stupore.
«Quanti, Minerva?»
«Ho perso il conto...» mi stringe con le sue possenti braccia, probabilmente sente che sono sincera perché effettivamente non so neanche io quanto ho bevuto. Stringo le braccia attorno al suo collo e le gambe attorno al suo bacino, mi sarei voluta fondere con lui, il suo profumo è risanatore per i miei polmoni, è il mio posto felice.
«Scusami, io...»
Velocemente lo blocco, non deve scusarsi, neanche per sogno. Sono io che ho sbagliato ad aggredirlo senza lasciargli la possibilità di spiegarsi, sono io che me ne sono andata e ho lasciato il cellulare spento per ore, non lui, decisamente.
Tolgo il viso dall'incavo del suo collo e lo osservo, negli occhi. Appoggio delicatamente una mano sulle sue labbra e scuoto la testa, facendogli segno di non fiatare. Fisso le sue labbra e passo il pollice sopra di esse, così morbide e dopo aver assaporato quelle di qualcun altro ho un'infinita voglia di fiondarmi sulle sue. Con un movimento quasi impercettibile Daniel cerca di annullare la distanza tra di noi, ma io mi ritraggo.
«Che schifo, Daniel, ho appena vomitato.»Ritorno all'abbraccio che avevo rotto per zittirlo e lo stringo con tutte le forze che ho in corpo.
«Ora ti riconosco...» so che sta sorridendo, anche se non lo vedo. Appoggia una mano sulla mia testa e mi accarezza i capelli.
Giuro, da qui non me ne voglio più andare.
Sento dei movimenti sotto di me, forse Daniel si sta alzando, ma né io né lui molliamo la presa sull'altro. Fa leva su qualcosa per riuscire ad alzarsi e finalmente ci muoviamo. Ci stiamo dirigendo nuovamente in sala o in cucina, Daniel tiene stretta la presa intorno alla mia vita, io cerco di fare altrettanto con le mie gambe attorno al suo bacino. Una volta arrivati in cucina mi lascia scendere e mi accomodo su uno sgabello mentre lui si posiziona dall'altro lato dell'isola.
«Avrei proprio bisogno di una aspirina...»
Alle mie parole Daniel traffica aprendo sportelli e me lo ritrovo davanti con un bicchiere d'acqua.
«Solo se mi giuri che riesci a tenerla giù.» Annuisco, ho bisogno di quella aspirina, la testa mi sta esplodendo.
Daniel mi allunga il bicchiere e io bevo il contenuto tutto d'un sorso.
«Hai fame? È quasi mezzogiorno...»
Annuisco nuovamente continuando a bere.
«C'è un croissant se vuoi, sono andato a prenderli stamattina...» annuisco e lui estrae il sacchetto da un ripiano e me lo passa; successivamente si siede accanto a me e mi prende la mano con cui non sto mangiando.
«Ho i pass per la gara di Abu Dhabi perché il team per cui lavoro non ne aveva se non per quella gara. Ho deciso di portarti con me ovunque d'ora in poi.»
Ok, sono stupida. Sono stupida, lo so e basta. Lo ammetto. Se solo lo avessi fatto parlare ci saremmo evitati tutta questa sofferenza. Non so cosa dire, davvero, questo uomo mi fa sempre rimanere senza parole, cosa non facile.
«Posso baciarti ora?»
Mollo sopra il sacchetto ciò che sto mangiando, mi pulisco le mani leggermente unte e le allargo guardandolo.
«Avanti, vieni!»
Daniel non esita un istante e subito mi trovo le sue mani sul viso e le sue labbra sulle mie, dolcemente e delicatamente. Mi erano mancate troppo, sembrava che non le assaporassi da anni.
«Vuoi tornare a casa?»
Annuisco.
«Bene, René può venire a prenderti in aeroporto?»
«No, lui ha lezione oggi, dovrei avercela anche io in realtà...» vedo la sua espressione leggermente contrariata e mi sento in dovere di rassicurarlo.
«Sono ancora capace di prendere un taxi, sai..»

«Insomma... perché non sei rimasta a Montecarlo con Daniel?» dopo lo stupore per avermi trovata sul divano di casa René mi si siede accanto e come suo solito mi interroga.
«Ieri mi sono ubriacata...» René strabuzza gli occhi e sono pronta per sorbirmi l'ennesimo rimprovero.
«Avevi promesso che non l'avresti più fatto!»
«Lo so, ma io e Daniel abbiamo litigato e abbiamo già anche fatto pace, ma avevo bisogno di tornare a casa.»
L'espressione di René non cambia, ma lo vedo allentarsi leggermente, non avrei avuto voglia di litigare anche con lui.
«Il sesso è sempre il modo migliore per sistemare le cose.» René guarda il vuoto sognante. Peccato solo che non fossi nelle condizioni psicofisiche per concedermi al mio fidanzato... e poi tra noi le cose non funzionano così. Ok una volta era successo, ma questo perché eravamo stati distanti per troppo tempo e avevo bisogno di lui, immensamente. Quando veramente faremo sesso per risolvere le nostre questioni probabilmente la nostra relazione sarà arrivata al capolinea, vorrebbe dire che la comunicazione tra noi se ne è andata.







 Quando veramente faremo sesso per risolvere le nostre questioni probabilmente la nostra relazione sarà arrivata al capolinea, vorrebbe dire che la comunicazione tra noi se ne è andata

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Ciao! Ecco il nuovo capitolo e spero vi sia piaciuto. Visto? Hanno fatto pace subito senza soffrire troppo, sono stata brava vero?

Ulysses&Diomedes || Daniel Ricciardo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora