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Minerva

«Daniel? Che ci fai qui...»
Osservo il mio fidanzato sulla soglia di casa vestito di tutto punto con quel look che mi fa impazzire. Noto inoltre che nella mano sinistra impugna il manico di un trolley. Ha per caso intenzione di soggiornare in casa mia?
Mi scosto dalla porta e lascio entrare Daniel. Ormai è qui, tanto vale fargli vedere casa mia.
«Non sei felice di vedere il tuo fidanzato?»
Ovvio che sono felice, ma in questo momento l'unica cosa che mi si stampa in mente è che conoscerà la mia famiglia e non sono del tutto sicura di volere che accada.
«Certo Daniel che sono felice, ma...»
Improvvisamente irrompe nella stanza mia madre. Ok non sono pronta.
«Oh ciao Dan! Vedo che hai trovato la casa facilmente!»
Si erano messi d'accordo? Perché non ne sapevo niente? La cosa non mi piace.
«Beh non ci siamo ancora presentati ufficialmente. Sono Laura, piacere!»
Mia madre allunga la mano e Daniel la stringe ricambiando il piacere.
«Volete spiegarmi cosa sta succedendo?»
Guardo entrambi con le braccia conserte al petto e con le sopracciglia alzate.
«Laura mi ha contattato e mi ha chiesto di venire per essere presente ad un evento molto importante che si terrà domani. Non ha specificato cosa, ma ha detto che tu ci tieni molto.»
Ora io mi chiedo: con che coraggio mia madre ha pensato di chiamare Daniel per essere presente all'anniversario di morte di papà?! Non ha pensato che io per un puro caso non gliene avessi parlato?!
«Ah sì? Peccato che io non ne sapessi nulla...»
Guardo mia madre leggermente incazzata e lei lo capisce, così non esita a dileguarsi. Stronza.
«Avrete parecchie cose di cui parlare, immagino. Vi lascio soli.»
Eccome se avrò da parlare con Daniel, peccato solo che sia stata forzata a farlo.
Quando mia madre se ne va, il mio sguardo si posa su Daniel. Non so se il mio essere arrabbiata con lui sia in qualche modo giustificato. Lui è stato trascinato in questa storia senza saperne nulla. Decido comunque di non abbassare troppo la guardia.
Gli faccio segno di seguirmi, in questo modo gli farò vedere la mia camera e per questi giorni anche la sua, a quanto pare.
Saliamo le scale e cerco di fare meno rumore possibile mentre passo accanto alla stanza di mia sorella. Immagino che a cena si conosceranno e non ho intenzione di affrettare le cose. Ma mia sorella esce spalancando la porta. Ormai è fatta.
Elettra ci guarda perplessa. Daniel l'ha visto si e no tre volte durante le nostre videochiamate e qualche volta in foto, ma dal vivo mai e posso capire il suo stupore.
«Elettra, lui è Daniel...»
Mi porto una mano alla fronte infastidita. Stiamo affrettando troppo il tutto e questo non mi piace.
Daniel molto educatamente stringe la mano a mia sorella e si presenta a sua volta.
Mentre sto per proseguire verso la mia stanza insieme al mio fidanzato, mia sorella mi prende per il polso imponendomi di fermarmi e da questo capisco che voglia parlarmi; così indico la strada a Daniel e rimango al cospetto di Elettra.
«Che ci fa lui qui?»
Mi passo le mani sul viso prima di rispondere.
«L'ha invitato mamma...per la morte di papà...»
Mi sistemo leggermente i capelli dietro le orecchie e noto che mia sorella ha una reazione quasi peggiore della mia.
«E lui lo sa? Voglio dire...glielo hai mai detto di papà?»
Scuoto la testa e mi fisso i piedi. Che casino.
Lascio Elettra dopo aver ricevuto un abbraccio di incoraggiamento da parte sua e vado in camera per chiarire parecchie cose che probabilmente Daniel non sta capendo.
«Come puoi vedere, questa è la mia stanza.»
Faccio un giro su me stessa con le braccia leggermente alzate.
«Quello è il bagno e quello è il mio letto, che a quanto pare condivideremo.»
Mi siedo sulla sedia girevole della scrivania appoggiando le mani sulle ginocchia e facendo respiri profondi per farmi coraggio.
«Dov'è tuo padre? Immagino che lo conoscerò a cena...»
Non sono pronta, ma devo. Ho paura della sua reazione.
«Daniel...mio papà è morto...»
Mi alzo dalla sedia perché non riesco più a stare seduta. Ora Daniel cercherà di scusarsi, di consolarmi, perché all'apprendimento della notizia fanno tutti così.
Daniel lascia cadere nella valigia qualsiasi cosa avesse in mano e si volta a guardarmi. Mi guarda negli occhi e non sa cosa dire. Molto meglio così delle solite scuse o dei soliti mi dispiace.
«Piccola, io...»
Fa qualche passo verso di me, ma io mi allontano.
«Non provare a scusarti o dirmi che ti dispiace o cazzate del genere...»
«Non sono cazzate!»
«Si che lo sono! Perché non serviranno a ricostruire questi tredici anni senza di lui.»
La mia voce è calma, fredda, senza emozioni. Non piango, l'ho già fatto abbastanza e so che servirebbe solo a farmi compatire ed è proprio ciò che voglio evitare.
«Mia madre ha avuto la brillante idea di invitarti per l'anniversario della sua morte...domani...»
Mi siedo sul letto sfinita, ma Daniel continua a stare in piedi davanti a me.
«Perché non me l'hai mai detto?»
Si siede accanto a me e cerca di prendermi le mani per confortarmi, ma mi scosto subito e torno al centro della stanza.
«Non ero pronta...non che trenta secondi fa lo fossi...»
«Pensavi di non dirmelo mai? Che non lo avrei mai saputo?»
Certe volte vorrei essere nata maschio solo per capire cosa realmente loro pensino quando parlano semplicemente per dare aria alla bocca.
«Stai scherzando?! Come puoi pensare una cosa del genere?!»
«Non lo so, stiamo insieme, ma sembri non fidarti...»
Stiamo veramente litigando per una cosa del genere?!
«Ti fidi e sei abbastanza pronta però per fare sesso con me! Mi sembra logico...»
Ma perché non pensa prima di parlare.
«Non è la stessa cosa! Perché non capisci?! È di mio padre che stiamo parlando, il quale guarda caso è morto. Avrei aspettato ancora un po' a dirtelo dato che stiamo insieme da poco.»
Non ci posso credere. Come può seriamente paragonare il sesso e mio padre.
«Va bene. È chiaro che non mi vuoi qui al tuo fianco per sostenerti...me ne vado.»
Daniel si piega sulla valigia che precedentemente aveva aperto e la richiude. In questo momento l'ansia che anche lui possa scappare e lasciarmi mi stringe la gola.
«No...ti prego...»
Mi avvicino a lui e gli stringo il bicipite tra le mie dita. Non anche lui.
«Vorrei semplicemente che tu capissi, Daniel...»

Scendiamo a cena e come mio solito mi posiziono a capotavola, mentre Daniel è alla mia sinistra e mia madre e mia sorella alla mia destra. Prontamente ci viene posato davanti un piatto stracolmo di pasta al pomodoro, il gustosissimo e prelibato sugo che solo mia madre è in grado di fare così, ma che in questo momento non ho per niente voglia di assaporare.
Prendo tra le dita la forchetta e mi sforzo di mangiare. La mia famiglia e Daniel stanno intrattenendo una conversazione della quale però io non capisco nulla. Non sento ciò che mia madre sta chiedendo e non percepisco nemmeno le risposte di Daniel. Sono troppo immersa nei miei pensieri infausti per ascoltarli. Faccio per portarmi alla bocca la forchetta, per l'ennesima volta, ma la lascio cadere nel piatto rumorosamente tanto che i tre mi guardano esterrefatti.
Sono arrabbiata con mia madre che se ne è bellamente fregata della mia opinione riguardo l'arrivo di Daniel; sono arrabbiata con Daniel perché non capisce ciò che ho passato e che sto passando.
Mi alzo dalla sedia e corro in camera mia. E li sbatto la porta chiudendola. Mi siedo sul letto a gambe conserte e neanche io so cosa fare o dire o pensare, se piangere o meno...
Porgo il mio sguardo alla porta quando sento dei battiti delicati contro di essa. Fingerei se dicessi che non so chi possa essere, mia madre o Elettra, perché so perfettamente che non è nessuna delle due.
Daniel apre leggermente la porta e guarda nella stanza attraverso lo spiraglio. Esita ad entrare, quasi abbia paura di me o di rovinare quel poco di dolcezza che mi è rimasto.
Non ho il coraggio di guardarlo negli occhi, perché vedrebbe solo sofferenza.
Si siede delicatamente accanto a me sul materasso, ma non accenna ad un singolo suono e di certo non sarò io la prima a parlare.
«Ti va di continuare il discorso di poco prima?»
Annuisco lentamente guardando fuori dalla finestra.
«Vorrei che capissi, Daniel, quanto sia stato difficile per me perdere mio padre a 10 anni...»
Daniel continua a fissarmi in religioso silenzio. Ora so che è pronto ad ascoltarmi, non come poco prima.
«Nel giro di qualche giorno mia madre si è trovata sola con due bambine da crescere. Io ormai ero grande, abbastanza almeno da fare le mie cose da sola, ma mia sorella no. Aveva solo tre anni e...»
Mi asciugo con il dorso della mano la lacrima che mi sta rigando la guancia.
Mi alzo di scatto e mi avvicino alla scrivania. Apro un cassetto e sepolta da qualche parte dovrebbe esserci una foto incorniciata.
La mostro a Daniel e lui la guarda attentamente.
«Questa l'abbiamo scattata il giorno prima che partisse per la missione fatale. Voleva sempre avere una nostra foto recente, così da poterci parlare nonostante la lontananza.»
Nei primi periodi ho odiato quella foto, avrei voluto che non fosse mai successo. Avevo solo dieci anni, ma con il tempo la rabbia si è trasformata in comprensione e passavo le sere prima di addormentarmi a parlare con l'immagine di mio padre. Fino a che non ho deciso di nasconderla, dentro a un cassetto, sepolta dalle cartacce: mi ricordava troppo il passato.
«Wow...ehm...vi somigliate molto...»
Annuisco lentamente con la testa.
«Sì, da lui ho preso quasi tutto...»
Sento immediatamente le lacrime bussare alla porta dei miei occhi, così mi avvento contro il petto di Daniel e comincio a piangere, tutte quelle lacrime che per anni, per non sentirmi giudicata o debole ho represso.







»Sento immediatamente le lacrime bussare alla porta dei miei occhi, così mi avvento contro il petto di Daniel e comincio a piangere, tutte quelle lacrime che per anni, per non sentirmi giudicata o debole ho represso

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Ciao! Ecco il nuovo capitolo e spero che vi sia piaciuto anche se un po' provante per Minerva. Colgo in realtà l'occasione con questo capitolo di fare gli auguri al mio Max.
Ti amoooo dreamerinw0nderland 
Ci vediamo sabato per il capitolo ordinario

Ulysses&Diomedes || Daniel Ricciardo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora