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Minerva

Odio i primi giorni di scuola. E odio anche questo giorno, che precisamente è il primo di università. Non ho bene idea del perché, ma dover conoscere persone nuove mi irrita, forse è proprio perché non sono in grado di approcciarmi alle persone, o forse perché negli anni passati le esperienze sono state negative. Infatti al liceo, per esempio, non ho quasi mai avuto degli amici o all'università a Torino nei precedenti tre anni ho fatto molta fatica a socializzare con qualche ragazzo.
Sbuffo guardandomi allo specchio e sistemandomi gli orecchini nei buchi ai lobi. Oggi dovrò riproporre il solito teatrino di sorrisi falsi e mostrarmi felice e solare ai miei nuovi compagni di corso. Insomma dovrò mostrare un carattere molto lontano dal mio.
Per questo giorno infausto ho deciso di indossare dei jeans neri strappati sul ginocchio molto attillati e una camicetta a maniche corte.
Afferro lo zainetto nel quale ho sistemato all'interno il pc e dei quaderni per prendere appunti ed esco dalla mia camera in questo campus. Non so se sia un bene o no, ma vivo anche in "casa" sola, così non devo riportare la mia giornata a nessuno se non al mio cuscino. Attraverso la strada e sono già arrivata all'entrata dell'Università. Ancora una volta: non ho voglia di entrare in un'aula piena di gente e non sapere cosa fare o cosa dire e poi sinceramente non so esattamente cosa aspettarmi da questo giorno. Spero solo di non trovarmi tra le oche di qualche settimana fa, perché altrimenti non credo di farcela.
L'università è enorme e con difficoltà trovo l'aula nella quale oggi comincerà la mia avventura da universitaria magistrale.
Entro nell'aula e noto poche persone, per fortuna, raggruppate in diversi piccoli gruppi. Perfetto, sono già tutti amici!
Scendo lentamente le scale dell'aula e mi guardo attorno. Non c'è neanche l'ombra di una ragazza in questo corso...che io sia l'unica? Tanto meglio, sinceramente.
Passo accanto ad un gruppetto di ragazzi che mi squadra, come se non avessero mai visto una ragazza in vita loro. Accenno un sorriso ai tre membri di quel gruppo e loro ricambiano parlottando e sparlando di me probabilmente.
Alzo le spalle e faccio una faccia a dir poco schifata. Se hanno intenzione di snobbarmi per tutti e due gli anni anche meglio, sicuramente non ho intenzione di fare amicizia con loro se si comportano così solamente giudicandomi dalla copertina e senza conoscermi.
Mi dirigo verso la prima fila dove non c'è nessuno seduto e mi sistemo nel migliore dei modi. Ovviamente so già cosa penseranno tutti: quella si è seduta davanti per essere la preferita dei professori. Stupidate, dato che nella mia vita non sono mai stata una secchiona e sono discretamente uscita dalle superiori con il mio umile 70.
Estraggo il mio pc e lo sistemo sul ripiano davanti a me che funge da banco. Lo accendo, ma non procedo a nessuna operazione, anche perché la lezione non è ancora cominciata, e successivamente controllo un po' i social. Non che sia molto attiva: sono un po' come quelle persone nei gruppi di messaggistica che legge tutto, ma non risponde mai a nulla. Mi piace sbirciare la vita degli altri, ma far sapere poco e niente della mia. Anche perché cosa ci sarebbe da dire sulla vita di una ragazza che ha perso il padre da bambina e che nella sua vita non ha mai avuto amici? Appunto, niente.
«Scusa, posso sedermi accanto a te?»
Una voce maschile leggermente acuta mi fa alzare gli occhi dallo schermo del cellulare e l'espressione che il ragazzo mi propone è delle più serene e gentili. Non lo conosco, non so chi sia, ma a pelle mi fa un'impressione stupenda e ovviamente lo lascio sedere accanto a me.
Il segreto è starmi simpatico di primo impatto.
«Piacere sono René, René Grimaldi!»
Allunga la mano verso di me e io rimango un attimo spiazzata. Non sono abituata ad avere attorno a me gente così esuberante e forse questo ragazzo è un bene, potrebbe portare un po' di allegria alla mia vita. Eppure il suo cognome l'ho già sentito da qualche parte...
«Io...io sono Minerva...»
Timidamente e flebilmente stringo la mano del ragazzo. Dal nome ho intuito subito che non è italiano, sì le intuizioni sono il mio forte. Mi diverto un mondo a indovinare la nazionalità delle persone che non conosco.
«Di dove sei Minerva?»
«Ehm...di Torino...tu?»
Wow, io, proprio io che faccio una domanda ad uno sconosciuto. Incredibile.
«Con furore dal Principato di Monaco.»
Sarà ricco sfondato. Ora l'unico che potevo cercare di approcciare come amico, non vorrà certamente più avere a che fare con me.
Sto per pronunciare la domanda successiva, ma l'entrata in scena di quello che individuo subito come il nostro professore mi interrompe.
Tutti ci alziamo per accoglierlo, ma lui prontamente ci dice che con lui non c'è bisogno di tutta quella formalità, così ci accomodiamo.
Mentre parla rimango incantata. È un uomo che sa rapire con le parole, ognuna di esse è pesata all'interno del discorso e ogni cosa che dice sembra colpire appositamente ognuno di noi presenti nella classe.
Mentre lui parla e parla, mi accorgo di guardarlo con occhi sognanti e solo verso la fine del suo discorso lo riconosco. È l'uomo gentile che mi ha parlato quando qualche settimana fa sono stata convocata ad un colloquio proprio qui in questa facoltà. Ero stata informata che sarebbe stato uno dei miei professori, ma di averlo subito il primo giorno non ci speravo proprio.
Alla fine del suo monologo sono già passate le consuete due ore di lezione e tutti ci prepariamo per le ore successive, quando vengo richiamata dalla stessa voce soave che per molto tempo ha parlato.
«Minerva, giusto?»
Alzo gli occhi dal mio blocco e annuisco.
«Beata tra questi maschi in preda agli ormoni dei 24 anni vedo.»
Spalanco leggermente gli occhi e arrossisco violentemente. Decisamente non mi aspettavo che una frase del genere potesse uscire dalle labbra di una persona che sembra essere così colta.
Poi una frase per nulla piacevole arriva alle mie orecchie. È pronunciata in inglese e nonostante sia detta a bassa voce capto tutte le parole.
«10€ che la bambolina lì davanti entro la fine dell'anno si è sbattuta il prof e ha i volti più alti di tutta la classe.»
Certe volte proprio non mi capacito di come le persone possano disprezzare tanto dei propri simili. Per invidia forse? Non saprei, dato che il professore ha fatto un futile commento e non sono stata privilegiata in nulla. In questi casi vorrei proprio girarmi e dirne quattro al fautore dell'affermazione, ma il mio carattere fa schifo e me lo impedisce. Sono capace soltanto di abbassare lo sguardo.
«Senti, so che l'hanno sentita tutti quella frase deficiente, ma non prenderla sul personale. Sono sicura che sei una ragazza fantastica a differenza loro.»
Ancora quella voce maschile e squillante mi sussurra all'orecchio quelle parole delicate e dal suo atteggiamento una domanda mi balena nella mente, ma chiederlo sarebbe troppo sfacciato dato che non ci conosciamo.
In risposta gli faccio un sorrisetto apprensivo senza aggiungere nessuna parola.
«Ci sono dei ragazzi che ti guardano insistentemente e credo vogliano proprio attirare la tua attenzione.»
Lo guardo confusa e mi giro verso il gruppetto che lui mi indica e...ancora loro. Gli stessi che prima mi hanno riso dietro mentre scendevo le scale per sistemarmi.
«Vedi...loro sono i tedeschi. Da quello che ho capito sono i più "popolari" e il loro capo è Thomas, quello lì alto e moro.»
Ho dei seri dubbi sulla loro popolarità. A me sembrano semplicemente dei buoni a nulla, ma è il mio parere.
Senza che io glielo abbia chiesto, René inizia ad elencarmi tutti i gruppetti che si sono già formati all'interno della nostra classe. Ci sono i francesi, poi gli inglesi e gli olandesi...non ho ben capito come lui sappia tutte quelle cose, sembra essere qui da molto più tempo di me.
«E poi ci siamo noi due.»
Mi guarda con un sorriso e capisco che lui ha serie intenzioni di diventare mio amico e se il mio intuito non mi inganna, vuole essere solo quello. Un amico.

«Dove vai, cara?»
Mi alzo dalla sedia, ma subito vengo bloccata dal ragazzo seduto accanto a me, che mi rivolge una domanda che trovo abbastanza scontata.
«Sono finite le lezioni, vado a mangiare qualcosa.»
«Ti dispiace se vengo con te?»
«Assolutamente no! Andiamo!»
René mi segue al di fuori dell'aula e insieme ci dirigiamo verso un bar molto carino esattamente accanto all'università e da quello che abbiamo capito offro anche un pranzo per i ragazzi universitari.
Per quanto mi riguarda ordino una Cesar Salad e René opta per un panino super farcito e anche super grasso.
«Non abbiamo avuto modo di approfondire le nostre vite. Parlami un po' di te, Minni.»
Minni? È parecchio strano come soprannome e devo dire che mi fa un certo effetto sentirmi chiamare così da qualcuno che non sia la mia famiglia.
«Non c'è molto da dire in realtà. Ho una sorella più piccola, Elettra, e entrambe viviamo con nostra madre.»
In questo modo sembra più che i miei genitori siano divorziati piuttosto che mia madre sia sola perché mio padre ci ha lasciate e forse preferisco così.
«In famiglia piacciono i nomi greci e latini.»
René ridacchia ed effettivamente devo dargli ragione.
«Grazie per avermi raccontato quel poco di te, ma ora tocca a me e preparati. Sono figlio unico e devo dire che in realtà i miei genitori, da quando non sono più un bambino, mi hanno lasciato a me stesso in tutto e per tutto. Non che mi lamenti, anche perché capisco che loro fanno un lavoro importante a Montecarlo, però mi dispiace un po' di vederli poco. E prima che tu me lo chieda: no, non sono parente dei principi di Monaco anche se abbiamo lo stesso cognome.»
Ok grazie, ha risposto ad una mia curiosità senza che io abbia chiesto nulla.
Ora però è il mio turno di fare domande.
«Vorrei farti una domanda, ma non so come tu possa reagire...»
«Si sono orgogliosamente gay.»
Bene, questo ragazzo è alquanto strano, soprattutto perché non era esattamente la domanda che volevo fargli. Comunque alla sua affermazione rido di gusto.
«Avanti, dimmi chi è il più carino del corso.»
Tentenno a quella domanda e sinceramente non ne ho idea. Non è esattamente ciò che guardo per prima cosa.
«Ehm...non saprei...»
«Ovvio che non lo sai: sono io il più carino.»
Ridiamo entrambi insieme e il pranzo procede magnificamente.
Da questa giornata ho imparato molto, ma la cosa che più mi ha colpito è questo ragazzo, René, che non ha dato minima importanza alle apparenze.
Credo che tutti dovremmo seguire il suo esempio.







 Credo che tutti dovremmo seguire il suo esempio

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Ciao! Ecco il terzo capitolo. Spero vi sia piaciuto e scusate gli errori. Aggiorno sabato, alla prossima.

Ulysses&Diomedes || Daniel Ricciardo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora