53 - Time is running out.

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"Bettarini?"

"Presente."

"...e per finire Galli."

"Presente."

Avrei anche potuto non rispondere, sapevo che mi aveva vista anche se il suo sguardo era sempre altrove e mai nella mia direzione. Ma oggi non mi importa, non mi importa quello che fa soprattutto perché non devo lasciarmi sopraffare dalle emozioni.
Devo restare concentrata, non posso permettermi errori o distrazioni inutili.

Sapevo di essere l'ultima o una delle ultime a fare l'esame dato che mi ero prenotata poco prima del termine del utile per farlo e sapevo che giornata avrei dovuto affrontare. Restare impaziente lì per ore in un corridoio per aspettare il mio turno.
Odiavo essere l'ultima: le energie vengono meno, l'ansia aumenta e c'è il rischio di non ricordare più nulla. La lucidità mentale delle prime ore del giorno va a farsi benedire.

E quello che mi succede ad ogni esame è capitato anche oggi: buco totale nella mente. Ho studiato quanto più ho potuto, eppure come al solito non ricordo niente. Sento che non è mai abbastanza e ho la paura tremenda che non sia sufficiente.
Almeno spero che durante l'esame il mio cervello si metta in moto.

Ero riuscita a concentrarmi abbastanza durante questa settimana. Lui non aveva più chiamato e io per orgoglio non l'avrei mai fatto.
L'ho pensato spesso. Sempre.
Ma non ho mai pianto pensando a lui.

Non fai altro che piangere.
Devi crescere, Veronica.

Questo è quello che rimbombava nella mia mente. La sua voce risoluta, autoritaria.
Sentivo che questo esame potesse essere un'occasione di riscatto. Per me. Davanti a lui.

Non so quanti assistenti ci saranno oggi ma saranno più di uno, come sempre.
Lui è temuto, ma loro sono quasi alla pari.
Alle volte è lui il meno peggio.
Non so cosa sperare. Il fatto di ritrovarmelo davanti come Professore ed essere giudicata mi terrorizza. Avevo fallito una volta.
Non potevo fallire ancora.

In mattinata, dopo aver finito l'appello, aveva consigliato alle ultime della lista di presentarsi direttamente a pomeriggio inoltrato.
Avevo provato a ripetere qualcosa in biblioteca ma non riuscivo a concentrarmi. Più leggevo, più ripetevo e più avevo la sensazione di non ricordare niente. Mi immaginavo fare scena muta davanti a lui ad ogni possibile domanda.
Avevo chiuso tutto per andare a prendere una boccata d'aria. Mentre passeggiavo lo pensavo continuamente. Era maledettamente splendido oggi con quella camicia e quei pantaloni.
E come se non bastasse, dopo saremo ancora una volta occhi negli occhi.
La sua vicinanza non mi sarà si aiuto.

Credo che Io stia affogando asfissiato.
Voglio rompere l'incantesimo che tu hai creato.

Tu sei qualcosa di stupendo.
Una contraddizione.
Voglio stare al tuo gioco.
Voglio tensione.

La mia lunga passeggiata mi aveva portato a casa, avevo pranzato lì e sono tornata poi in facoltà. Sono le 17, l'orario indicato dal Prof. alle ultime della lista.
Appena arrivo noto che ci sono molti colleghi prima di me che devono sostenere l'esame. Il Prof. è nella sua stanza insieme ad un altro collega, gli altri assistenti sono nelle stanze vicine.

Non so se volerlo sostenere con lui o no. Comunque non mi aiuterebbe, non lo fa, non potrei trarne vantaggio. Ad ogni modo, non è uno che mette in difficoltà.
Ma potrei esserlo io, solo per il fatto di parlare con lui.

Nel corridoio in attesa diventiamo sempre meno fino ad essere l'ultima, da sola, con l'ansia che sale e la testa sempre più vuota.
Provo ad origliare le domande che fanno agli altri miei colleghi che mi precedono e non riesco ad articolare nella mia testa le possibili risposte che avrei potuto dare.
Perfetto, sono nella merda. Perché diavolo mi sono iscritta per fare questo esame?

CONTE. LOSE CONTROL.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora