I colori caldi del tramonto mi accompagnano in questo tragitto infinito mentre percorro l'autostrada con il piede fisso sull'acceleratore. Dalla radio dell'auto si susseguono canzoni sconosciute, che odio, che non ho mai sentito e tanta pubblicità. Non ho neanche avuto il tempo di preparare una playlist che mi facesse compagnia in questo viaggio.
O forse dovrei definirla una pazzia.Non c'è niente che possa distrarmi dal pensiero, da un pensiero fisso, da lui. Ho deciso di partire: direzione Roma.
Sono passate tre settimane da quella notte, quella maledetta notte che non riesco più a dimenticare, che mi fa fissare il muro per ore, che mi fa emozionare e piangere.
Lui.
Ancora una volta, ancora nella mia vita, ancora lui.
È ripiombato così, all'improvviso, un fulmine a ciel sereno che ha riacceso quella voglia, quel desiderio rimasto assopito per tanto tempo. Una tempesta violenta che si è abbattuta nella mia esistenza monotona.Ogni giorno, in queste tre settimane, ho ripetuto a me stessa che i ricordi sarebbero diventati briciole sparpagliate negli angoli della memoria. Invece no.
Il ricordo di te resta lì, compatto, presente, vivo.
Mi sono ritrovata all'improvviso a cercare informazioni su tutto ciò che potesse riguardare lui, la sua vita, i luoghi che frequenta.
È sbagliato mi dicevo. È inutile.Poi è accaduto l'impensabile: tramite varie circostanze e contatti mi sono ritrovata a fissare l'indirizzo di casa sua scritto su un foglio di carta. L'ho guardato per giorni non sapendo che farmene. L'ho guardato e l'ho accartocciato finendo in modo anonimo tra le altre carte da buttare.
Pensavo che questo potesse bastarmi a ricominciare un nuovo giorno senza di te.Ma non è stato così ed per questo che ho deciso di partire per raggiungerlo, senza dirgli niente, senza poterlo avvisare, anche perché non riuscirei a contattarlo. Il suo vecchio numero ormai è fuori uso.
Non so neanche se ti rivedrò. Se riuscirò a parlarti. Non so cosa dirti. Non so neanche perché lo sto facendo. Mi sento solo spinta dal desiderio di farlo. E se non riuscirò a vederti metterò finalmente un punto. Senza andare a capo.
Con me ho portato poche cose anche perché probabilmente tra qualche ora sarò dall'altra parte dell'autostrada in direzione casa.
Arrivo a Roma ed il cielo è blu notte. Le temperature primaverili di inizio maggio si rinfrescano non appena scende la sera.
Parcheggio l'auto un po' distante dall'indirizzo che da qualche giorno è piantato nella mia testa. Ho bisogno di camminare, di respirare a pieni polmoni cercando di godermi le luci, la vita urbana e frenetica della città. Tengo d'occhio la mappa sul mio smartphone e i chilometri che mi separano dalla mia destinazione diminuiscono sempre di più.
E lo sento sempre più vicino.
E capisco ad ogni passo in più che è una pazzia.Arrivo sul lungotevere e comincio a percorrere esattamente la strada in cui abita. Metto via il cellulare, devo solo trovare il numero civico. Difronte a me a pochi metri riconosco la sua palazzina e il suo portone. Mi fermo, mi pietrifico, divento di ghiaccio mentre il cuore comincia a pulsare in modo incontrollato e le mani a tremare.
Riprendo il mio cammino passando davanti e andando oltre con i dubbi che tornano di prepotenza nella mia testa.Cosa sto facendo? Perché sono qui?
Forse è un po' tardi per farmi queste domande alle quali non ho voglia di rispondere. Forse perché una risposta neanche la ho.
Continuo a camminare lasciandomi alle spalle casa sua e percorrendo ancora il LungoTevere.
Mi fermo ad un distributore automatico e prendo una birra. Me ne serve una forte. La stappo e decido di tornare indietro fermandomi al muretto quasi di fronte a casa sua.
La luna, una birra e il Tevere a farmi compagnia in questa pazzia.La finisco e vado via, penso. Farò una passeggiata in centro per smaltire l'alcool. Otto gradi non sono poi cosi pochi.
Passano tre quarti d'ora. Forse l'ho bevuta troppo lentamente. Forse perché di qui non voglio andare via.
Forse perché voglio solo vederti.
Torno al distributore e ne prendo un'altra. La stessa.
Credo che la passeggiata in centro dovrà essere davvero lunga dopo.Riassaporo questa birra amara chiudendo gli occhi mentre l'alcool scorre nelle vene e annebbia sempre di più i miei pensieri.
Ogni tanto alzo lo sguardo passando in rassegna i balconi della palazzina chiedendomi quale siano i tuoi, quelli da cui ti affacci per osservare questo spettacolo notturno che è Roma di notte.
Incrocio le gambe sul muretto e mi lascio trasportare dai ricordi di quella notte quando facevo finta di dormire mentre mi accarezzavi il volto spostandomi i capelli.
Avrei voluto durasse per sempre quel momento.
E nella mia testa forse è così. Hai continuato ad accarezzarmi con il tuo tocco leggerlo, dolce per un tempo infinito.Invece poi mi hai lasciato un bacio sulla fronte e ho sentito il letto diventare più leggero. Ho aperto gli occhi e ti ho visto andare via, di spalle verso la porta. Non ho avuto il coraggio di fermarti.
Anche la seconda birra è andata giù, forse più velocemente.
Ma che faccio qui?
Forse oggi non sei a Roma.
Forse questa non è neanche casa tua.
Sono stata su questo muretto per tre ore. Sono le 10 e ho fame.Mi fermo nelle vicinanze per mettere qualcosa sotto i denti e approfittarne per andare in bagno. Mi guardo allo specchio e provo a darmi una rinfrescata aggiunstandomi anche quel po' di trucco che avevo messo. I miei occhi sono quasi socchiusi, mi sento stonata.
Mi sento una stupida.Prima di uscire dal locale, vedo esposta la stessa birra che avevo bevuto prima. Mi ritrovo per la terza volta sul muretto a qualche metro da casa sua con la stessa birra che ormai non va più giù.
Non so per quanto altro tempo starò qui. So solo che non sarei in condizione di guidare.
Ad un tratto dei fari illuminano la strada che ormai è sempre più deserta. È un'auto grigia di grossa cilindrata dalla quale scendono due persone.
Ho già capito che ci sei tu in quella macchina.
Riesco a vedere il tuo viso, i tuoi capelli ancora perfettamente in ordine e parte del tuo abito blu notte.
Resto incantata con la birra ancora sulla mia bocca senza riuscire a deglutire più niente.
Dopo aver parlato per qualche minuto con gli uomini lo vedo congedarsi e lasciarsi ale spalle il portone della sua abitazione.
Comincio a respirare profondamente provando a calmarmi.Sei qui.
Basterebbe percorrere una scalinata e ti avrei davanti agli occhi.Non so cosa fare adesso. E se non volesse vedermi? E se ha ancora quel "è una storia complicata" nella sua vita?
Finisco la birra e vado via.
Il display del mio cellulare si illumina. È un numero privato.
Non può essere lui. Non mi ha visto. Decido di non rispondere, chiunque sia.
Se è importante richiameranno.Il display si illumina ancora subito dopo.
Bevo un sorso e rispondo."Smettila di bere quella birra." È la sua voce perentoria e smetto subito di farlo allontanando lentamente la bottiglia. Alzo gli occhi verso le finestre provando a scorgerlo ma sono tutte spente.
"Non stai guardando dalla parte giusta." Dice in modo calmo. Abbasso subito lo sguardo perché capisco che mi sta osservando. Non sono ancora riuscita a dirgli una parola.
"Che ci fai qui, Veronica?"
Già, che ci faccio qui alle 10 e mezza di sera, sotto casa sua, con una birra in mano?
"Non lo so." É tutto quello che riesco a dire.
Segue un lungo silenzio fatto di pensieri taciuti, parole non dette, respiri, sospiri.
"Ho sbagliato a venire qui. Ho fatto una cazzata." dico alzandomi dal muretto e cominciando a percorrere la strada allontanandomi da lì.
"Dove vai?"
"Non lo so. Lontano da qui."
"Aspetta. Fermati. FERMATI."
Nessuno dei due parla. Stringo forte la mia birra in mano. Mi sento debole e vorrei piangere per quanto mi sento stupida.
"Terzo piano." dice deciso e chiude la chiamata.
Io ti aspetto nel secondo che precede il tempo
Nelle bugie che non ti ho detto per sentirmi perso
Nei tuoi capelli che non riesco mai a dimenticare
Nelle bestemmie che ho sputato per farmi sentire
Ci sarà un posto, vedrai, per tutte le tue paure
Vedrai che è bello camminare senza mai sapere
Senza mai sapere dove ti portano i passi
È la fantasia che trasforma in pianeti i sassi.[Ultimo - Pianeti]
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CONTE. LOSE CONTROL.
FanfictionVeronica sta frequentando il primo anno di specialistica all'università di Firenze dove insegna il Prof. Conte ormai da qualche tempo. Pur essendo una ragazza molto razionale, perderà il controllo dei suoi gesti e dei suoi pensieri quando comincerà...