L'unico posto al mondo.

2.7K 84 41
                                    

Resto inerme ancora una manciata di secondi dopo il fastidioso rumore della chiamata chiusa. Alzo gli occhi al cielo, esasperata. Sono pietrificata e non so cosa fare. Sono qui, ho voglia di vederlo e non so cosa fare, cosa dirgli, come comportarmi. Finisco la birra velocemente: forse mi aiuterà ad essere più audace. O a capirci sempre meno.

Percorro scalino dopo scalino con il cuore in gola, con calma, per prendermi il mio tempo e anche perché forse l'alcool in circolo me lo impone. Non posso andare veloce, potrei seriamente cadere. Evito anche l'ascensore, rischierei di non respirare.

Arrivo davanti a casa sua cercando di non barcollare. Il mio braccio rimane a mezz'aria quando vedo la porta aprirsi. È impegnato in una conversazione al telefono e mi fa cenno di entrare. Sul suo volto non riesco a percepire nessun sorriso, forse non mi ha neanche guardato in faccia.

Sono sempre più convinta di aver fatto una cazzata.
Mi guardo intorno ma in realtà i miei occhi non fanno altro che cercare lui con finta indifferenza.
È senza giacca e senza cravatta. Ha ancora la camicia bianca con i primi due bottoni slacciati, le maniche arrotolate fino ai gomiti e i capelli scompigliati.
Chiude la chiamata e abbozza un sorriso.

"Ciao."

"Ciao."

"Non ti aspettavo, onestamente. Ma sei qui... Vieni, posso offrirti qualcosa?"

"Una birra." rido.

"Credo che tu ne abbia bevute abbastanza."

"Non è colpa mia se non arrivavi mai..." Dico distrattamente e spero non mi abbia sentito.

"Come?"

"Dicevo...  un bicchiere d'acqua va benissimo."

"Accomodati pure, torno subito."

Lascio al lato del divano il mio zaino e sprofondo nella comoda poltrona del suo soggiorno. Credo che potrei anche addormentarmi qui con quello che ho bevuto.

"Che ci fai da queste parti?"

Credo non ci possa essere domanda più difficile alla quale rispondere. Bevo lentamente il bicchiere d'acqua sperando di avere qualche secondo in più per blaterare una scusa accettabile.

"Io... ehm... avevo dei contatti e dovevo venire a Roma... per conto dell'azienda... e poi..."

"...e poi hai deciso di aspettarmi giù a casa mia." Decisamente non ha funzionato.

"No..."

"No? Veronica..." dice ridendo.

"Non ti stavo aspettando.... Io... ho mangiato qualcosa qui vicino e stavo finendo la birra.. non sapevo neanche abitassi qui..."

"Ah. E dove alloggi?"

Mi sta tartassando di domande, sembra un terzo grado e io non ho la lucidità per difendermi.

"Sarei già sull'autostrada verso casa se tu non mi avessi detto di salire..." Mi sto innervosendo. Perché deve rendere tutto così complicato? Potrebbe semplicemente dirmi che è felice di vedermi. O forse non lo è. Penso ancora sia stata una cazzata venire qui. Mi alzo per raggiungere la porta.

"Ho capito. Me ne vado."

"Cosa? Dove vai?"

"Niente. Ho sbagliato. Non dovevo salire. Forse ti sto anche disturbando."

"E te ne vai senza questo?"

Mi giro e ha in mano il mio zaino. Mi passo una mano tra i capelli, la testa mi scoppia. Zero lucidità. Mi viene da piangere.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 26, 2020 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

CONTE. LOSE CONTROL.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora