7

24.7K 422 204
                                    

Londra - Canary Wharf

Scarlett

Sono trascorsi quindici giorni, tre ore e cinquantasei secondi dall'ultimo incontro con quell'uomo.

Contare i minuti nell'ultimo periodo è stata la mia unica ossessione, oltre a fissare dalla finestra della mia camera l'auto nera ferma a un isolato da casa.

Dopo quella cena forzata in compagnia di quel ragazzo decisamente fastidioso mi sono chiusa in me stessa.

Non ha fatto altro che farmi domande alquanto scomode e private per tutta l'intera serata.

Le mie risposte erano sempre le stesse: "si" e "no" ma lui, continuava ugualmente ad insistere nel chiedermi di tutto nonostante le mie risposte risultassero limitate.

Il sorriso di mia madre si allargava ogni qualvolta Jason apriva bocca, ficcandosi in cose mie personali.

Mia nonna era l'unica a deviare ogni tipo di argomento non appena l'aria diventava più tesa.

Non riuscivo più a sostenere i loro sguardi cattivi così, tra un boccone e l'altro, avevo già deciso di mettere in atto una patetica messinscena.

Anche se avessi detto la verità a loro non andava bene, non avrebbero creduto a niente quindi, ho deciso di crearmi una nuova me.

Una Scarlett che non esiste, una ragazza sbandata che probabilmente agli occhi dei mie genitori risultava addirittura una poco di buono.

Questo era l'unico modo per dargli una risposta alle loro domande. Perché sapevo di non poterla tirare alla lunga e evitarli per sempre.

Quando tutti sono andati via, sono rimasta in piedi davanti a loro  guardandoli tristemente.

Davanti a me continuava ad apparire il volto minaccioso dell'uomo e quell'assurda sensazione di dolore al basso ventre.

Volevo scappare via e chiudermi per sempre in un posto dove nessuno mi avrebbe mai trovata, ma non ho potuto evitare lo sguardo duro e severo di mio padre.

Mi sono fatta forza e ho indossato una maschera come non avevo mai fatto prima d'ora. Ho incrociato le dita dietro la schiena e ho iniziato un discorso senza senso dandomi praticamente della puttana da sola, dicendogli che quella notte mi sono fermata a casa di un ragazzo conosciuto in discoteca.

Il resto delle mie parole sono state bloccate da un altro ceffone ricevuto da mio padre.

Era infastidito dalla mia strafottenza nel dirlo così apertamente, dal modo in cui i miei occhi sfidavano i suoi.

Però, mi sentivo un peso in meno.
Adesso che avevo tappato in parte la mia assenza durata due giorni, quell'uomo non poteva fargli del male.

Stavo recitando proprio come voleva lui. Ci sono riuscita alla grande visto che mio padre non mi rivolge più la parola e mia madre a stento mi guarda in faccia.

Il giorno dopo non mi sono presentata al lavoro, quello successivo nemmeno e così via per altri tredici giorni.

Ma di lui, nemmeno l'ombra.

ReflectionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora