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Parte modificata

Canary Wharf, Londra

Le ore passavano e di Scarlett non c'era nemmeno l'ombra. Il signor Wilson porse un bicchiere pieno d'acqua alla moglie in compagnia dell'anziana madre entrambe sedute sul divano.
Vista l'età avanzata della suocera, aveva deciso di non scendere nei dettagli più di tanto. Si sentì pervadere da un magone allo stomaco, sapeva che sua figlia non era una di quelle ragazze sbandate ma nonostante ciò, prese con troppa leggerezza il racconto di Scarlett scambiandolo con una bugia legata alla sua giovane età.
Pensava che fosse soltanto una scusa per nascondere una scappatella da una notte. Anche lui da ragazzo restava a dormire dalle amiche passando da un letto all'altro.
Sprofondò nella disperazione più totale ripensandola in mani ad un folle, e che forse, le aveva già fatto del male.
La polizia stava facendo del suo meglio per ritrovarla, ogni singolo dettaglio poteva essere utile per scoprire dove l'avesse portata.
Enly era sua amica da una vita, così, la invitò gentilmente a casa sua pregandola di collaborare con la polizia nel caso sapesse qualcosa in più.
Non esitò un'istante a confessare tutto quello che l'amica le aveva raccontato, provocando un pianto isterico alla madre che da giorni non toccava cibo.
L'agente fece capolino nella stanza interrompendo il lieve chiacchierio, si mise comodo sulla sedia aprendo con cura la cartella contenente dei fogli avvolti da buste trasparenti.

«Ho una notizia da darvi», Comunicò professionale spingendo più su l'occhiale quasi arrivato sulla punta del naso.
Tutti scattarono in piedi impazienti di sentirsi dire qualcosa di veramente significativo.
«La prego, mi dica», lo esortò Linda stringendo nervosamente il bicchiere tra le mani, lo posò sul tavolo scuotendo la testa amareggiata.
Erano attimi cruciali, ogni secondo che passava per la figlia poteva essere fatale. Questo la fece riflettere parecchio, non avevano mai avuto un buon rapporto, tra loro due era un continuo darsi contro.
«Il proprietario del rifugio risiede in Colombia» Affermò serio.
Il Signor Wilson corrugò la fronte incredulo, non capiva cosa volesse dirgli con quelle parole.
«Dove esattamente?» Lo interruppe spazientito.
«Non posso dirle altro, per il momento ho soltanto questa informazione, stiamo facendo del nostro meglio. Ma se sua figlia fosse veramente lì, dovremmo coinvolgere anche la polizia Colombiana... Abbiamo bisogno di tempo.» Gesticolò richiudendo la cartella con un tonfo.
«Tempo? Mia figlia è in mano di un criminale lo capisce?» ribatté furioso scaraventando una sedia sul pavimento.
Il pianto della suocera fece voltare tutti, tra le mani stringeva una foto della nipote che la ritraeva da piccola, con un sorriso smagliante accanto ad un pupazzo di neve creato da lei stessa. Passava tanto tempo assieme a lei e non vederla gironzolare per casa da giorni le causava un immenso dolore.
«La mia bambina», asciugò una lacrima baciando la foto per poi portarla al petto, come se quello potesse aiutarla a stare meglio.
«La troveremo signora Lisa, glielo prometto», La rassicurò l'agente aiutandola a sistemarsi lo scialle.

Scarlett

Sono trascorsi due giorni dall'ultima volta che quell'uomo mi ha chiusa qui dentro, quarantotto ore in totale solitudine. La porta si apre sempre alla stessa ora tre volte al giorno. Qualcuno posa il vassoio pieno di cibo sul letto e sparisce velocemente allo stesso modo di come entra.

Sposto una ciocca di capelli dal viso incrostata di sangue sospirando pesantemente.

Mi guardo allo specchio con rabbia notando la piccola ferita al labbro ancora sanguinante. La notte si richiude lievemente ed io la mattina gratto via il leggero strato di crosticina facendola sanguinare.

Solo così riesco a sentirmi viva, il dolore mi permette di restare sveglia nel caso qualcuno tornasse per farmi del male.

Adesso però, mi sento debole e sfinita. Decidere di non mangiare non mi aiuta affatto, anzi, mi provoca un mal di testa assurdo.

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