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Parte modificata
Londra, Metropolitan Police Service.

Il termosifone emanava un confortevole calore, riscaldava il piccolo ufficio di Harry Evans, un ragazzo alto un metro e ottanta, dalla carnagione olivastra e i capelli ricci perennemente in disordine.
Aspettava con molta calma la ragazza che qualche ora prima aveva chiamato alla centrale, offrendole così, un appuntamento con lui in totale riservatezza.
L'aria lì dentro cominciò a diventare sempre più asfissiante, tanto da costringerlo a levarsi la giacca.
Nessuno l'avrebbe visto in quel momento giacché i suoi colleghi erano usciti per la pausa pranzo.
Sistemò le scartoffie buttate alla rinfusa sulla scrivania e soffiò sulla tastiera del computer per far sparire un po' di polvere, che da giorni, ne copriva interamente i tasti.
«Che cazzo», si lamentò tossendo a causa del polverone volato via ad un palmo dal suo viso.
Sventolò una mano infastidito tirandosi indietro con la sedia, fino ad arrivare alla finestra.
La pioggia batteva violentemente sulle strade provocando una coda infinita di auto che non smettevano di suonare il clacson.
Le foglie degli alberi si agitavano brutalmente, mossi dal vento insistente.
Si perse con lo sguardo a fissare il cielo grigio e cupo, fino a quando, non sentì lo stomaco brontolare.
Tornò al suo posto per prendere il panino che aveva comprato al bar accanto prima di salire, mangiandolo in totale solitudine.
D'un tratto, un insistente bussare alla porta bloccò il tentativo di addentare un altro morso.
Mise via il suo pranzo, e dopo aver tolto qualche briciola caduta sul pantalone, si schiarì la voce.

«Avanti», pronunciò mettendosi nuovamente la giacca.

Squadrò la ragazza con insistenza prima di tornare a parlare.

«Ciao, sono Enly. La ragazza che ha chiamato stamattina», si avvicinò impacciata scrollandosi di dosso il cappotto zuppo d'acqua.

«Puoi chiamarmi Harry», sorrise porgendole la mano.

Dopo aver ricambiato la stretta, si accomodò sulla sedia di fronte a lui con le lacrime agli occhi.
Proprio alle spalle del ragazzo, c'era una grande bacheca ricolma di fotografie. Ad occupare quello spazio non c'erano soltanto ragazze e ragazzi, ma anche molti bambini, tra cui, qualcuno, probabilmente non aveva ancora compiuto il primo anno d'età.
Sospirò sconcertata da tanta ingiustizia.
Quello di Scarlett, non era di certo il primo caso che si sentiva dire a Londra.
Ogni giorno qualcuno spariva, altri venivano ritrovati morti e altri ancora, gettati nel dimenticatoio.

«Mi hanno già informato sul caso della tua amica», sentenziò passandosi una mano tra ricci morbidi.

Enly si mosse impaziente mordendosi l'intero della guancia.
Il giorno prima aveva raccontato tutto davanti i genitori di Scarlett, o almeno, così diceva.
Non chiuse occhio tutta la notte, divorata dal senso di colpa e dalla pressione insistente al petto.
Trattenne il respiro amareggiata, consapevole di aver mentito.
Non sapeva cosa fare, quale fosse la scelta giusta...
Al limite della disperazione, sbottò scuotendo la testa.

«Ho mentito», sussurrò guardando il ragazzo dritto negli occhi.
Si immerse completamente in quello sguardo nero e profondo, ma nonostante il colore scuro delle sue iridi, non si lasciò intimorire.

Harry aggrottò la fronte sorpreso da tale confessione, la scrutò stranito prima di aprire bocca.

«Ci sono delle indagini in corso e tu, non puoi permetterti di mentire.» La rimproverò senza alzare il tono di voce.
Sapeva come comportarsi con quel tipo di persone, non tutti avevano la lucidità di affrontare una cosa del genere.
In cuor suo, capì che la ragazza di fronte a lui, era soltanto spaventata e confusa.

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