Baci rubati

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"Non dirmi che conosci questa canzone!" Esclama il tassista osservandomi dallo specchietto retrovisore.
Tiro in avanti la testa e sorrido radiosa mentre canticchio "tanta voglia di lei" dei Pooh che sta passando alla radio proprio in questo momento.
"Ovvio, mia madre mi fa ascoltare tutti i loro pezzi da quando ero bambina!" Commento entusiasta.
"Allora c'è ancora speranza per queste nuove generazioni!" Continua a dire l'uomo tamburellando le dita sul volante in attesa che il semaforo diventi verde.

Dopo la proposta di Syria, ossia trasferirmi a casa sua fino alla fine delle vacanze, non ho avuto il coraggio di chiedere un passaggio ad Anna o a Luigi, perciò, con ancora il mio abito di capodanno addosso e tacchi a spillo ai piedi, ho chiamato un taxi.
L'idea di rientrare in quella casa mi fa venire i brividi, ma in qualche modo devo pur riprendermi le mie cose.
L'autista si è dimostrato sin da subito gentile e disponibile, non ha commentato il mio outfit completamente assurdo per una che si fa venire a prendere nel cortile di un ospedale, mi ha aiutato a ricordare il nome del quartiere dove si trova la casa di Giusy e Niccolò, e ha persino cercato di tirarmi su il morale con battute e storielle varie.
Non posso dire che ci sia riuscito in pieno ma di sicuro sono riuscita a farmi qualche sana risata.
È un uomo calvo dai brillanti occhi verdi e lo sguardo simpatico.

"Dio mio sti semafori me fanno uscì de capoccia!" Sbotta in un marcatissimo dialetto romano tra uno sbuffo e l'altro.
"Signorì spero che non hai appuntamenti perché ci metteremo parecchio!" Aggiunge tornando a guardarmi dallo specchietto.
"Oh non si preoccupi, non ho nessun orario da rispettare..." Spiego tranquilla per poi riprendere la mia perlustrazione fuori dal finestrino.
La canzone dei Pooh è finita ormai da qualche minuto lasciando il posto al noiosissimo intrattenimento sul traffico.
Sto maledicendo mentalmente la voce squillante della giornalista che rimbomba nelle casse, quando la suoneria del mio cellulare mi riporta alla realtà.

Lo afferro al volo e noto il nome di mia madre accanto alla notifica: "Chiamate perse".
Nell'esatto secondo in cui scorgo il suo nome mi ritorna in mente tutto ciò che Giovanni mi ha raccontato riguardo lei e mio padre la sera di capodanno.
Mi ero giurata che ci avrei parlato il prima possibile ma dopo tutto quello che è successo mi è completamente passato di mente, o forse il mio inconscio ha voluto volontariamente accantonare da una parte l'ennesimo problema da affrontare.
Sospiro forte e blocco di nuovo il telefono per poi riporlo nella borsetta.
Non ho nessuna voglia di parlarci ora, devo prima finire di occuparmi di tutto il resto che mi pare già troppo per essere vissuto da un normale essere umano.

Per fortuna il tassista conosce alla perfezione ogni scorciatoia di Roma, o almeno così sembra perché dopo l'ennesima stradina bianca piena di insopportabili buche, finalmente arriviamo a San Basilio e, con mio sollievo e rammarico insieme, a casa di Giusy.
L'enorme palazzo grigio mi osserva imponente oltre il finestrino del taxi, dovrei scendere ma è come se le mie gambe si rifiutassero di farlo.
Dai Irene, ricordati che hai sopportato di peggio.
Mi dico facendo due grandi respiri e aprendo finalmente la portiera.
"La ringrazio tanto per tutto, quant'è?" Chiedo al tassista raggiungendolo.
L'uomo mi sorride cordiale e da un'occhiata rapida al tassametro alla sua destra prima di parlare:
"15€, ti faccio anche un bello sconto perché mi stai simpatica, e poi conosci i Pooh, non è poco!" Esclama ridendo mentre gli porgo il denaro che mi ha chiesto sorridendogli.

Dopo l'ennesimo saluto mi avvicino lentamente all'entrata del palazzo, le gambe mi tremano e il rumore creato dai tacchi ad ogni passo mi infastidisce terribilmente.
Non vedo l'ora di togliermeli e indossare le mie amate converse strappate e scolorite.
Trovo il portone aperto e senza pensare entro e chiamo l'ascensore.
Non riesco a credere che sia passato così poco tempo dalla prima volta che ci ho messo piede, sembrano passati anni.
Le scritte oscene nei muri, l'odore di muffa e il rumore cigolante dell'ascensore che lentamente scende, tutti piccoli dettagli che sembrano ormai come un'abitudine per il mio inconscio.
Nonostante non lo siano affatto.

COMPATIBLE -crepe-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora