Sorellastre

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"È successo qualcosa?" Mi chiede Syria dopo circa dieci minuti di silenzio da quando sono entrata in classe.
"No perché?" Mento sorridendole.
Lei mi scruta attentamente in viso prima di parlare.
"Mmm non ci credo molto ma non insisto. Qualunque cosa sia sai già che puoi parlarmene se vuoi." Dice sfiorandomi appena una mano.
Sto per ringraziarla quando la Levantini entra in classe facendo calare il silenzio.
Nonostante mi piaccia molto la letteratura italiana, non ho proprio le energie per seguire la lezione. Non riesco a smettere di pensare a quello che ho visto ieri sera. Ho ancora stampate nella mente le immagini di Niccolò che bacia Lucrezia, delle sue mani che le percorrono il corpo, del suo sorriso beato.
Come se lo ritenesse giusto.
Come se non gli importasse nulla del resto, di me.

"Moretti mi stai ascoltando?" Chiede di colpo la professoressa riportandomi alla realtà.
Odio questi momenti, oltre al fatto che effettivamente mi è assolutamente sconosciuto l'argomento della lezione di oggi, ora ho gli occhi di tutti puntati addosso.
"No professoressa, anzi le dispiace se esco? Non mi sento per niente bene stamattina." Rispondo rapida per poi alzarmi in piedi di scatto.
Nell'attimo che precede la risposta affermativa della donna, faccio qualcosa che mi ero categoricamente promessa di non fare più, volto lo sguardo verso Niccolò.
Se ne sta tranquillo al suo posto, lo sguardo serio e annoiato e una penna tra le dita tatuate.
Accanto a lui, dove di solito stava Filippo, adesso c'è Lucrezia che mi sta letteralmente trafiggendo con lo sguardo mentre con una mano stringe il braccio di lui.
Come a volermi dire di stargli lontana perché ormai è roba sua.

Un senso di profondo fastidio mi invade la mente a quella vista, così senza nemmeno più curarmi di sapere cosa mi ha risposto la professoressa, esco dall'aula e inizio a correre per il corridoio.
Scendo in fretta i gradini di pietra senza badare al rumore dei miei passi che riecheggia per tutte le pareti, poi finalmente esco dalla scuola.
Non so nemmeno se effettivamente ho il permesso per farlo e, tutto sommato, me ne frego.
È una bella giornata, il sole brilla alto nel cielo azzurro completamente privo di nuvole.
Incurante della punizione che potrei prendermi se qualcuno mi vedesse, cammino rapida lungo il grande giardino e le alte siepi per poi procedere fino al bosco dietro il grande edificio.
Avevo già avuto modo di esplorare questo posto prima di Natale e ora mi appare persino più bello della prima volta.
Raggiungo il tronco d'albero sdraiato a terra ricoperto da macchie di muschio e piccoli fiorellini gialli raggruppati in più punti, e mi ci siedo sopra sospirando.

Non mi sono portata dietro altro che disperazione, un pacchetto di sigarette e l'accendino.
Un tris perfetto.
Porto alla bocca la prima e mi sdraio sul tronco per poi chiudere gli occhi.
Vorrei solo provare a stare qualche minuto senza pensare a niente.
La realtà è che ho paura.
Una paura fottuta di ritornare a stare come dopo Lorenzo, ho paura di riprovare quel dolore e ho paura degli attacchi di panico che ho tanto faticato per mandare via.
Questo perché effettivamente non ho mai provato un dolore simile.
Con Lorenzo non c'è mai stata una vera e propria relazione e la maggior parte del mio dolore era racchiuso nella consapevolezza che ero stata io a farmi troppe aspettative.
Ero delusa da me stessa e dall'amore.
Ora invece non lo sono più.
So di aver fatto tutto ciò che era in mio potere per far funzionare la nostra storia e questo perché sapevo potesse davvero esserci speranza per noi.
Lui mi amava e io ne sono sicura al punto che mi sembra di impazzire.
Lui provava davvero sentimenti nei miei confronti e io lo sentivo dentro tutte le volte che ero io a dare amore a lui.

Mia nonna aveva ragione e io lo ho imparato a mie spese.
L'amore è compatibilità, non si può dare nel modo giusto se l'altra persona non è adatta a riceverlo.
È un po' come il trapianto: se la persona che riceve l'organo per qualsiasi motivo non è adatta, lo rigetta.
Non è ancora chiaro il motivo per il quale questo accade, forse perché il nuovo ospite è geneticamente non predisposto, o semplicemente perché il corpo continua a riconoscerlo come estraneo.
Paradossalmente comunque, benché quello stesso organo potrebbe salvargli la vita, il paziente lo rigetta.
Ed è esattamente quello che ha fatto Niccolò con il mio l'amore per lui: lo ha rigettato.
Per paura, vigliaccheria, egoismo o semplicemente disinteresse, ma lo ha fatto.
E ora io sono qui, già alla quarta sigaretta di fila a cercare di capire come fare per non tornare a rinchiudermi nella mia armatura da stronza irresponsabile visto che, attualmente, è davvero l'unico modo a cui sento di volermi aggrappare per sopravvivere.

COMPATIBLE -crepe-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora