Crepe

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Mia nonna a casa aveva un orologio a pendolo attaccato al muro del salotto.
Era interamente fatto di legno e ogni mezz'ora e ogni ora suonava facendo riecheggiare per tutta la casa i suoi forti dong. Quando andavo a trovarla spesso mi capitava di sobbalzare dallo spavento al suo suono e mi ritrovavo a chiederle perché mai tenesse in casa un oggetto, a mio parere, così inquietante.
Lei, seduta come sempre nella solita sedia davanti alla stufa, mi sorrideva compiaciuta per poi darmi più o meno la stessa risposta: "Lo sai mi tiene compagnia, e in più mi ricorda quanto in fretta passa il tempo. Il suo suono è come un avviso a sbrigarmi a fare quello che sento e voglio, perché quelle lancette non le può riportare indietro nessuno!"
Diceva per poi gettare sempre un'occhiata veloce alla foto incorniciata del nonno proprio sulla mensola sopra di lei.
Dopo che se ne è andata ho voluto prendere io quell'orologio e portarlo a casa. Ascoltarlo suonare me la fa sentire incredibilmente più vicina e, soprattutto, mi ricorda il messaggio importante che lei tanto saggiamente gli aveva attribuito.

Non bisogna mai stare tanto a tentennare quando si vuole qualcosa. Lo stesso prendersi del tempo per fare una scelta a mio parere è un'enorme cazzata e lo ho imparato a mie spese proprio qualche mese fa quando Filippo ci provava con me.
Credevo davvero di dover decidere tra i due benché era abbastanza evidente che amavo Niccolò alla follia.
Eppure ci divertiamo ad illuderci di poter andare contro ciò che sentiamo.
E quando lo facciamo crediamo davvero che possa funzionare.
Ovviamente non è mai così.
Certo, a volte serve conoscere altre persone per dimenticare qualcuno che si ama e non si può avere, ma è anche vero che solo il tempo può davvero riassorbire i sentimenti.

È proprio per questo che tutto sommato non riesco a capire cosa provo per Adriano.
So di volergli un bene assoluto e so anche che non potrebbe mai funzionare in quel senso.
Io, per quanto vorrei immensamente che non fosse così, amo Niccolò e visto anche come è andata a finire con Filippo, mi rifiuto di ripetere l'errore di usare Adriano per dimenticarlo.
Pur volendo non funzionerebbe, e ormai lo so bene.
Sommersa da tutti questi pensieri entro in biblioteca e chiudo per un attimo gli occhi aspirando il più possibile l'odore meraviglioso di libri nuovi.
Mi era mancato questo posto durante le vacanze e sin dal giorno successivo al mio rientro a scuola è stato il mio unico salvagente.
È passata ormai una settimana dall'inizio delle lezioni e non poteva decisamente cominciare peggio di così.
Con Giusy la tensione è quasi alle stelle e le uniche cose che ormai ci diciamo sono "buongiorno" e "buonanotte". Non ho intenzione di chiarire con lei in realtà anche perché credo davvero di non aver nulla da aggiungere a ciò che ci siamo già dette.
Non parlo più molto nemmeno con Adriano e questa, seppur molto sofferta, è stata una mia scelta.
Continuare a far finta di non provare attrazione l'uno verso l'altra è da stupidi e io sento di dover capire cosa fare con lui prima di ricominciare qualsiasi tipo di rapporto.

Le uniche persone, quindi, con cui parlo attualmente sono: Syria, che è diventata la mia nuova compagna di banco, e Giovanni che ora mi sta osservando da uno degli ultimi tavoli in fondo, proprio davanti agli scaffali dei libri più vecchi.
Ormai ha capito anche lui dove passo praticamente le mie intere giornate.
Fino a qualche tempo fa era Adriano ad occupare il posto davanti al mio, ma ultimamente come ben immaginavo visto i miei atteggiamenti piuttosto schivi nei suoi confronti, ci ha rinunciato.
"Dimmi che hai capito qualcosa delle disequazioni ti prego!" Esclama il mio fratellastro quando mi siedo nel posto davanti a lui.
Indossa la divisa della scuola che come qualsiasi altro vestito che gli ho visto pare essere un po' larga per il suo fisico minuto.
Ha i capelli castani sparsi in modo disordinato sulla testa e i tatuaggi sul collo sembrano illuminare la sua intera figura rendendolo perfettamente riconoscibile anche a metri di distanza.
"Si abbastanza dai!" Rispondo aprendo il libro di algebra e il mio quaderno con gli appunti.
"A me sta roba fa impazzire! Ho sempre avuto 4 in matematica anche nell'altra scuola in cui andavo!" Spiega con una nota di disperazione nella voce mentre mordicchia il tappino della sua penna blu.
"Non ti preoccupare, ti aiuto io." Dico sorridendo mentre apro l'astuccio e inizio a prendere penne e calcolatrice.
"Tu si che sei una vera sorella!" Esclama radioso.
Nel sentire la sua frase strabuzzo gli occhi dallo spavento e mi inizio a guardare intorno atterrita.
Nessuno sa che il finanziatore della nostra scuola è anche mio padre, a parte Niccolò, Adriano Giusy e Syria.
Sarebbe un incubo se la storia iniziasse a circolare.

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