Il sogno
Ed era incantevole.
La sala era intrappolata in una tiepida giornata d'autunno e oltre le finestre sporche di cenere dorata e di profonde rughe fuligginose cominciavano a incombere le ombre della sera, che si spargeva lentamente in un cielo simile ad un nido di stelle. Il vento ululava rauco e la notte era fradicia, traboccante di tenebre. Una luce fiera e sanguigna illuminava ugualmente lo studio, le pareti azzurrine, limpide, candide, forse barocche. Pulsavano seguendo il ritmo dei lampi impetuosi e incorniciavano la tana di un uomo, che pensavo di conoscere.
Eppure lì, di fronte a tanta scintillante bellezza, osservando, colma di un sentimento che non imparerò mai a descrivere, i rampicanti dipanarsi e scendere soavemente dal lampadario tanto simile nella figura ad una nuvola di perle, i miracolosi boccioli di ciliegio dal fascino sbadato e i papaveri nei vasi lungo i fianchi della camera, rossi come ingenui diluvi di fuoco, che increspavano le linee di un luogo inabissato in se stesso, non potevo fare a meno che pensare cose meravigliose di quell'uomo.
I mobili in mogano, caldi e impulsivi, quelli in frassino, lattei e austeri, covavano delle anime così frizzanti, così tormentate e intrise di storie delle quali ambivo conoscere ogni minima sfumatura e mi infondevano un sentimento feroce e fiorito allo stesso tempo. I miei pensieri si affastellavano l'uno sull'altro intanto che le mie iridi facevano il loro dannato lavoro.
Ogni cosa, dal tappeto orientale denso di mistero, ai libri che addentavano la mia curiosità (c'era Proust, Hugo, Dostoevskij, Woolf, Austen, Shakespeare, Dante, Wilde, Wilde soprattutto e gli altri grandi) dalle sedie argentee alla foresta di specchi rotti, era di una dolorosa bellezza.
Sapevo che era opera di un assassino, e il dilemma dell'arte e la morale continuava ad urlarmi: a noi due adesso!
Eravamo fermi sulla soglia, senza capire bene cosa dire o pensare. Per la prima volta lo stupore mi aveva rubato le parole. La mia mano destra si rifiutava di lasciare quella di Scorpius e la sinistra tratteneva per il colletto Albus. Non volevo che succedesse. O almeno non subito. Non volevo essere inghiottita in quel luogo di splendore e peccato, sotto mentite spoglie.
O almeno la mia mente non voleva.
Il mio corpo, a dispetto di tutto, fremeva come un insieme di nervi, fibre e cellule faticosamente cresciute, nelle quali il pensiero si nasconde e la passione si illude. Avevo fatto di me stessa la musica che si diffondeva per la stanza, nascendo dal vinile che danzava sul giradischi polveroso e divorato dalla grazia.Era Cole Porter e il futuro era inevitabile: entrammo.
Il profumo dei fiori ci investì in pieno petto, e con stupore, notammo che nulla era effettivamente magico in quel luogo: non c'erano quadri viventi o uccellini di carta, eppure... Lo sentivo. Un richiamo. Qualcosa di più antico della musica, e di ogni cosa in verità. Mi invadeva. E mi rendeva audace e disperata. E forse anche un po' matta, ma come diceva Lewis Carroll, tutti i migliori sono matti, perciò...
Un vecchio trenino giocattolo vagava per la stanza, distribuendo caffè. Lo zucchero e i cucchiaini erano affondati nei vagoni e la bevanda galleggiava nella locomotiva scarlatta. In aria vagavano centinaia di fogli e la camera era tutto un saliscendi di pile di scatoloni alte due metri e pergamene sparpagliate per terra, in un trionfo di inchiostro che modellava ciò che era stato inciso con sudore.
Gli strilli di mio fratello, che vaneggiava qualcosa a proposito del fantomatico incantesimo Confundus lanciato sugli Auror da lui e Louis, echeggiavano nelle mie orecchie. Ma era un suono lontano, che storceva con la realtà pittoresca e favolosamente eccentrica di un posto dimenticato.
Dopo tanto errare tra quegli scaffali e quegli scarabocchi d'arredamento, finalmente qualcosa carpì la nostra attenzione. Un pezzo di carta giallastra atterrò ai miei piedi e mi fece cadere lo sguardo su ciò che avrebbe tormentato i miei sogni a venire.
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What's in a name? That which we call a Rose
FanfictionGli opposti si attraggono. Come no. È una di quelle tante stronzate che leggi nei biscotti della fortuna o che senti in quei podcast smielati tenuti da guru del sesso in andropausa. Anche in alcuni romanzi rosa, a dirla tutta, ma solo se ti piaccio...