⭐️ N.B alla fine non ho fatto esattamente quello che mi ero prefissata lo scorso capitolo xD. Ah, potreste anche scandalizzarvi, giusto per partire bene...
Non mi lasciare.
Ma che cosa significa "non mi lasciare"? Quando mai siamo stati "insieme"? Io Reiner proprio non riesco a capirlo; quante volte mi sarò detta la stessa cosa di amici, parenti, senza che ce ne fosse davvero bisogno? Reiner non è cupo, non è schivo... lui è l'esatto contrario, fin troppo spontaneo per darmi l'impressione di essere sincero.
Io davvero non lo capisco, nel senso che non riesco a cogliere il perché di tante sue decisioni, di azioni che tuttora reputo inspiegabili.
«Spostati» biascico, sgomitando per schiodarmi di dosso le sue braccia nerborute. «Non ti voglio intorno. Mi fai schifo!»
«Non scappare, per favore, aspetta solo un s...» affondo il gomito nel suo stomaco, mi ci tuffo con la spinta di tutto il corpo, dopo aver trovato nello spigolo del comodino una perfetta rampa di lancio. Il respiro gli muore in un rantolo, le parole vane si disperdono in una contrazione di muscoli.
Gli scivolo via per troppo poco; non ha avuto bisogno di una vera e propria ripresa: lo ha attaccato un uccellino spennacchiato che, pur avendolo becchettato con voracità, non lo ha scalfito.
«Non so che cosa mi è preso, io non ero così» riprende, imperterrito, spiegazzandomi come se fossi una scatola montabile, facendomi digrignare i denti per la frustrazione. «devi credermi, non è una valida ragione per correre un rischio così grande. Odiami per ciò che ho fatto, ma non trascurare ciò che ti ho riferito su Schneider...»
Lui parla, parla, mi sciorina le sue motivazioni, scuse che ritengo blasfeme.
La verità è che vorrei che l'universo mi risucchiasse e mi vomitasse nel mio mondo, anche in Australia. Attraverserei gli oceani a nuoto pur di non ascoltarlo, vederlo, sentirlo... pur di dimenticarmi di averlo incontrato.
Tra le sue braccia mi sento frantumata e magari... magari mi sono sempre sbagliata, magari sarebbe stato meglio prendere il posto di quell'innocente e venir seviziata, piuttosto che dormire nel suo letto. Le mie frequentazioni mi hanno gettato addosso un'onta che non riuscirò mai a cancellare, e se penso che agli occhi della gente io sia considerata abietta, o peggio, la "puttana dei nazisti", emerge prepotente in me un desiderio bestiale, più infame di ciò che mi fa disonore.
Mi sorbisco passivamente la tiritera, insaccandomi nel suo petto millimetro dopo millimetro. Lui, finalmente, lascia cadere ogni barriera, si distende e si rincuora con un abbraccio, o una vicinanza che recepisce come tale.
Poggio la nuca tra le sue scapole, auscultandogli il ticchettio del battito contro pelle. Senza che se ne accorga, sfioro l'elsa del pugnale, strappandoglielo prima che avesse il tempo di impedirmelo. Mi disarciono, voltandomi fulminea per coglierlo di sorpresa; «tu non sai ciò che ho visto» scandisco, spingendo la lingua a ridosso delle due arcate in collisione, vibranti. Volteggio la daga a uno sbuffo dal suo collo scoperto, assottigliando gradualmente le palpebre. «Tu sei un falso come lui; con che diritto vieni da me a dettar legge, pregiudicando un tuo pari? Tu non sei migliore, Reiner, e se credi che starò qui sentirti declamare giustificazioni insipide, così che possa in qualche modo favorirti, allora ti sbagli. Non sai quanto.» Lo minaccio a volto scoperto, pur consapevole che la mia statura insulsa non potrebbe offrirmi alcuna via di scampo. Lui mi dà tutta l'idea d'esser rimasto folgorato, come se non gli fosse passato neanche per l'anticamera del cervello che mi sarei potuta rivoltare.
STAI LEGGENDO
Unsere Schatten - Le nostre ombre
أدب تاريخي[EX CANONE INVERSO - BEHIND ENEMY LINES] Estate, 1942. Alle porte di Auschwitz-Birkenau una ragazzina corre a perdifiato, cercando di sfuggire al suo destino. Cade dal suo scranno dorato; non sa nulla del mondo, tanto più dei bui anni quaranta, un...