38. Hochmut - Superbia

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⚠️ Achtung: in questo capitolo sono presenti scene di violenza.


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Vuole giocare? Forse non si rende conto di quanto lui possa risultare infame compiendo un gesto simile. Lo avevo pregato di non coinvolgerli in questa nostra faida, di non usarli per ottenere risultati da me, ma non è servito a nulla. E perché poi? Che bisogno c'era? Solo perfidia, perché io avrei rinunciato alla vita agiata che Reiner mi aveva offerto, se il mio restargli accanto avesse potuto contribuire a renderlo meno crudele.

«Dove li hai nascosti?» Lo guardo animata di tutta la mia determinazione, pur tremando interiormente per la paura.

Reiner non accetta d'esser messo in disparte, di venir ignorato da Rüdiger in quanto escluso dal suo personale disegno; agisce al posto mio, irrompe tra me e lui, riproponendogli la stessa domanda con più decisione.

Il colonnello, sempre bambino in queste circostanze, arriccia le labbra, come se Reiner gli avesse rovinato il gioco. Si allontana con il nervoso addosso, invitandoci a seguirlo; sento già puzza di fregatura e, scambiando uno sguardo con Reiner, capisco che anche lui sia della stessa opinione.

Mi tiene vicina, preparandosi a sfoderare la pistola se necessario.

Rüdiger ci conduce in un'ala della villa in cui non ero mai entrata; ci fa accedere a una stanza adiacente al soggiorno, un salottino ove spicca un pianoforte nero, un Bechstein, una poltrona in velluto rosa antico adibita alla lettura e una grande libreria a muro.

Di Samuele e Federico ancora nessuna traccia.

«Quindi?!» Lo sollecita Reiner, impaziente, battendo un piede sul tappeto persiano.

«Calma, principino. Ogni cosa a suo tempo.» Lo redarguisce, fermo davanti alla libreria. Si volta per un momento, osservandomi oltre la spalla, mentre fa scorrere le dita sul secondo montante; infila la mano in una scanalatura invisibile a occhio esterno, tirando fino ad aprire un varco segreto, prima celato dalla sezione di libreria. Allungando il collo, mi accorgo della presenza di una rampa di scale che conduce al piano interrato, di cui, tra l'altro, ignoravo l'esistenza.

È una voragine ignota, lugubre, e benché sia addirittura illuminata, non invoglia certo a essere esplorata.

Reiner si scalda immediatamente, estraendo la pistola per puntarla contro di lui; «noi laggiù non ci metteremo piede» dichiara, il dito sul grilletto.

Io mi sono spaventata, mi sono tappata la bocca dopo aver inspirato profondamente e l'occhio di Schneider è caduto di nuovo qui. Come Reiner prima di lui, non si è lasciato intimidire. Indugia sul foro scuro che reclama il suo sangue con una passività disarmante; «che cosa vai a pensare... sarei il sospettato numero uno se ti accadesse qualcosa, non credi? E sono convinto che non premerai, per lo stesso motivo.»

«Ho i miei mezzi per poterlo far passare per legittima difesa» risponde, prima che la mano gli inizi a tremare visibilmente. Mi sono anteposta a Rüdiger, coprendolo con il mio corpo, anche se solo parzialmente.

Potrebbe ucciderlo in ogni caso, ma gli chiedo di non farlo: «non è prudente» mi giustifico, avendo vergogna nel pensare che possa fraintendere e associare il mio atto estremo ad altri fattori. «Ci sono troppe cose che potrebbero andare storte e stai pur certo che giustizierebbero entrambi. Hoffmann ed Erika testimonierebbero contro di me.»

Unsere Schatten - Le nostre ombreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora