Friederick, fosse per me ti seguirei ad occhi chiusi; lo desidero fin da bambina, quando mi immergevo tra le pagine dei libri di storia per sfuggire al disagio esistenziale che, da sempre, mi affligge: è l'unica possibilità che ho per mostrarmi per ciò che sono. Finzione sì, ma quando mi ricapiterà di ritrovarmi in una realtà simulata così nitida e tangibile?
«Fried, io non sono sicura... E tu? Sei sicuro che non ti creerei nessun problema?» Benissimo, sto pure chiedendo al frutto delle mie funzioni cerebrali se la mia presenza potrebbe essergli d'impiccio. Ma quanto è disagiante questa situazione?!
Un tocco delicato sulle mani interrompe il mio solito delirio mentale.
«Keine Angst, non avere paura. Portati qualcosa però, in caso dovessimo restare più a lungo.» Mi basta un solo suo sguardo per tranquillizzarmi, ma non sono ancora convinta. Il bello, è che neanche lui sembra convinto! «Come farò con i miei? E nel tuo mondo dove starò? Sai che non parlo bene la tua lingua.»
Perché è così dannatamente difficile? È un sogno, devo rilassarmi, che sono tutte queste paranoie... parlo come se non dovessi fare più ritorno.
«Forse non si accorgeranno nemmeno della tua assenza. Sbaglio, o dal quarantadue al duemilaquindici intercorrono più di settant'anni? Se io sono qui, evidentemente ci dev'essere stata una sorta di alterazione temporale... Sono ancora giovane, esattamente com'ero allora; non dovrei forse avere le sembianze di un uomo anziano?» Mi chiede, grattandosi la nuca. Certo, come le "Cronache di Narnia". Adesso entriamo nell'armadio, che forse verremo catapultati direttamente nel suo appartamento a Berlino! Confortante, detto da uno che quella saga non l'ha neanche vista...
Ah giusto, i ricordi sono miei.
Allora cerco in qualche modo di appigliarmi alla sua strana teoria e di farmela andare bene comunque. Decido di mostrare fiducia e di ascoltare cos'altro ha da dire.
«E potresti sempre trasferirti da me. Convivo con i miei genitori, ma gli dirò che sei mia amica.» Asserisce, per poi arrossire un po' a quell'idea.
Io, lui e la sua famiglia. Effettivamente può sembrare divertente se detta da due che si conoscono da un paio d'ore al massimo. A proposito, ma quanto sto dormendo? Di solito cinque ore è chiedere tanto...
«E per il tedesco?» Chiedo, cambiando discorso.
«Non ti preoccupare per questo. I miei genitori capiscono bene la tua lingua e la sanno parlare e, comunque, tradurrei io per te.» Conclude, facendola sembrare una cosa semplice.
Ora che ci penso, Fried non mi ha chiesto nulla sull'esito della guerra e, forse, è stato meglio così... Che cosa avrei dovuto dirgli altrimenti?
"Ehi, lo sai che avete perso due guerre di fila ?"
Non mi è sembrato il caso. E cosa sarà di lui dopo la caduta della Germania? Magari lui è realmente esistito e le cose che ha detto le ho lette io da qualche parte... Gli americani e i russi, per quanto ne so, non ebbero pietà dei tedeschi; nazisti o no che fossero, patirono tutti le conseguenze della resa incondizionata.Un brivido mi percorre la schiena solamente a pensarci. Non appena mi alzerò, andrò subito a controllare su internet.
«Allora "piccolina", si va a Berlino?» Ripete per l'ennesima volta, speranzoso, sbattendo le palpebre e congiungendo le mani in segno di supplica.
«Non mi guardare così» mugugno, cercando di distogliere l'attenzione il più possibile.
«Ich bitte dich.»
No Sara, non guardarlo, non guardarlo, non g...
«Va bene!» Esclamo, esasperata, alzando le mani e alzando figurativamente una bandierina bianca.
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Unsere Schatten - Le nostre ombre
Fiction Historique[EX CANONE INVERSO - BEHIND ENEMY LINES] Estate, 1942. Alle porte di Auschwitz-Birkenau una ragazzina corre a perdifiato, cercando di sfuggire al suo destino. Cade dal suo scranno dorato; non sa nulla del mondo, tanto più dei bui anni quaranta, un...