Nota iniziale: avrei voluto cambiare già titolo e cover, giuro, ma per un impedimento non mi sarà possibile prima del mese proprio. Io molto infelice...
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Non è vero che vorrei solo "guardare", ma è per questo che devo far passare il mio bisogno di rendermi utile.«Perché mai? Auschwitz-Birkenau è forse meglio? Mi piacerebbe vedere con i miei occhi in che condizioni vivono gli ebrei di Cracovia. Voglio sapere perché alcuni di loro, non conoscendo la vera natura dei campi, scalpitano per uscire dai ghetti... » Non ha alcuna possibilità contro la mia cocciutaggine; probabilmente insisterò fin quando non cederà o mi caricherà in macchina contro la mia volontà. Spero non scelga di ricorrere alle maniere forti; non mi arrecherebbe alcun danno visibile, ma mi sentirei una farfalla rinchiusa in un barattolo di vetro a cui viene sbarrata l'unica via di fuga.
La mia insistenza porta dei frutti; dice che mi consentirà di "sbirciare" dall'esterno, ma che l'accesso al suo interno mi verrà impedito, e non solo da lui.
«Dall'esterno» ribadisce, una volta passato il ponte sulla Wisła, che, diversamente a come me l'ero figurato, non rappresenta una netta separazione tra due distinte zone della città. Il perimetro del ghetto è delimitato da una sorta di cinta muraria; la forma dei diversi blocchi in pietra ricorda proprio quella di una lapide, come a far intendere che coloro vi sono entrati non faranno più ritorno. Le finestre che danno sulla parte "ariana" sono murate e l'ingresso è sorvegliato da corpi di pattuglia.
Sul terreno sono presenti i solchi della linea tramviaria e ciò mi fa presupporre che, almeno nelle prime fasi, fosse possibile attraversare il quartiere.
«Accosta» gli dico, prima che lui provi a deviare altrove.
«È richiesto un permesso per poter accedere all'interno. Non ci puoi andare, ne abbiamo già parlato.» Mi ripete, accompagnandomi all'entrata, dove lui viene ricevuto con tutti gli onori del caso.
Tutti sanno delle sue gesta pur non avendolo mai incontrato; il lavoro che è stato fatto sulla sua immagine -associata a quella del perfetto soldato tedesco - lo ha reso un'icona. Mi è saltato all'occhio solo oggi, poiché, anche mentre passeggiavamo, qualcuno lo aveva indicato col dito, una ragazza aveva tirato una gomitata al braccio del fidanzato e insieme l'avevano guardato come si guarda un paladino mitico.
Soltanto io non mi sono mai azzardata a chiedere e, forse, dovrei rimediare.
Dalla conversazione - che ha intavolato con le sentinelle poste a sorveglianza del distretto di confinamento - apprendo che lui potrebbe accedere al ghetto senza essere in possesso di un visto, ma che non varrebbe altrettanto per me, che sono una comune civile. Reiner potrebbe insistere, far leva sulla sua posizione come ha fatto altre volte, ma anche se non avesse riscontrato alcuna opposizione, non sarebbe cambiato nulla.
Magari pensava che se fosse stato qualcun altro a dirmelo, avrei accettato "serenamente" la sconfitta... peccato che abbia trovato un altro modo per fare di testa mia: è un orario particolare, poiché molti lavoratori rientrano adesso dalle fabbriche; il centro di "raccoglimento" comprende solo pochi isolati, ma vi risiedono migliaia di persone, e la strada è affollata, molto più di quanto credessi. Il ghetto è come una Babilonia decaduta da cui si eleva un vociare e un brusio indistinto: mi sono sporta abbastanza d'aver notato un cadavere abbandonato sul marciapiede e sono impallidita. È qui che corrono i bambini? È qui che riabbracciano i loro padri e le loro madri? Un gruppo numeroso viene fatto rientrare e chissà se non sono proprio gli ebrei di Schindler! Sta di fatto che Reiner si ucciderebbe se sapesse come sono entrata...
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Unsere Schatten - Le nostre ombre
Historyczne[EX CANONE INVERSO - BEHIND ENEMY LINES] Estate, 1942. Alle porte di Auschwitz-Birkenau una ragazzina corre a perdifiato, cercando di sfuggire al suo destino. Cade dal suo scranno dorato; non sa nulla del mondo, tanto più dei bui anni quaranta, un...