Capitolo 2.1

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– Buongiorno!
Altea spalancò la porta senza troppe pretese. – Elio è già altissimo, stamattina al mercato le pesche erano scontate di due dracme, e ho comprato dei bellissimi fiori per la tua prima mattina a casa di un Produttore.

Arrancò fino alla finestra e scoprì le tende lilla dello stanzino. – Sai molti dei vostri ci danno dei pacchiani, ma secondo me abbiamo solo gusto, e se non li scegliamo noi i colori, cosa ve ne fate voi Custodi di un mondo tutto bianco e nero?

Guardava dalla finestra gli alberi del viale dietro casa sua, dorati per la luce assonnata del mattino, come se si aspettasse che avessero una forma del tutto nuova visto che finalmente aveva degli ospiti. Sospirò sommessa. – Fate tanto i duri, ma alla fine non vi dispiace affatto, infondo lo diceva anche Platone...

– Cosa diceva? – bofonchiò Delia che aveva la testa ancora nel cuscino.

– Mmh? – Altea adesso era impegnata a raccogliere il lenzuolo raggomitolato in un angolo della stanza.

– Cosa diceva Platone?

– Oh, be'... ehm, non ricordo esattamente. Comunque, puoi sgranocchiare qualcosa in cucina se ti va, prima di andare.

Delia sistemò il cuscino e il lenzuolo come era solita fare all'Accademia, e in bagno si sciacquò il viso. Inizialmente fece di tutto per evitare il suo riflesso nello specchio, ma poi non poté fare a meno di fermare a guardarsi. Era ancora una Faccia-di-bronzo e seppur l'aspetto di se stessa non le fosse così gradevole, questo non poteva che essere un vantaggio.

La mattina sapeva di aria estiva, dal corridoio sentiva già l'odore del pane caldo e della dolcezza delle pesche e delle mele selvatiche che Altea aveva posizionato sopra al tavolo, vicino a un vaso di fiori arancioni dai lunghi petali. Pensò che mentre all'Accademia mettessero solo due bicchieri in modo da essere obbligati a condividerli, i Produttori abbellivano le tavole e i mobili con vasi di fiori e altre cianfrusaglie. Fin da quando ricordava aveva avuto solo il necessario, e non aveva nemmeno potuto chiamare nulla di tutto quello suo, persino la divisa bianca che indossava.

La balia la invitò a spargere sopra il pane una strana gelatina rossa, e una volta in bocca fu così dolce che cominciò a stringere gli occhi e la faccia come se avesse ingoiato una fetta di limone. L'altra rise, ma Delia sospettò che avesse tentato di avvelenarla con un quintale di zucchero, che, per la cronaca, lei stessa metteva a cucchiaiate sul suo pane come se niente fosse.
– Oh, non ti preoccupare tesoro, neanche a Gridos piacevano tanto le cose dolci. Spero che gli dei si stiano prendendo cura di lui servendogli pane e paté di olive verdi.

Gridos era il marito di Altea, morto tre anni prima per un'ulcera non curata. Teneva ancora la foto di matrimonio sopra il mobile d'ebano del corridoio, dentro una cornice scheggiata.

Quando uscì, i due Guerrieri stavano parlando tra di loro. Altea li salutò, brontolando per il fatto che avessero rifiutato il cibo che aveva offerto loro e poi si allontanò, sistemandosi i capelli rossicci e raccogliendo sotto il seno molle il lungo vestito per non pestarlo.

Delia sarebbe dovuta andare da loro a scusarsi per aver ascoltato la conversazione della notte precedente, ma non lo fece. Così, forse un po' per sfuggire dai propri sensi di colpa, si avvicinò ai cavalli che erano legati ancora al palo, grandi esseri silenziosi che strizzavano i muscoli per allontanare le mosche.

Gli animali sono stupidi, ma almeno i cavalli non guaiscono né abbaiano, e obbediscono all'uomo.

Questo le bastò per escluderli dal fastidio che avrebbe potuto avere per un qualsiasi altro animale.

Quello davanti a lei era di un bel colore mattone e aveva una macchia bianca in mezzo agli occhi, lucidi e privi di cispe – erano sempre tenuti in modo impeccabile – che scendeva fino al naso umido. Si avvicinò sperando qualche carezza, ma Delia era titubante e non lo accontentò.

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