Delia fissò il cibo che aveva nel vassoio, insicura di dove dovesse sedersi. Dopo quello che aveva detto Bemus, un gruppo di giovani con le tuniche pulite e i capelli corti, sia maschi che ragazze, con i corpi sani e freschi d'addestramento, erano avanzati in due file perfette verso il centro dell'arena.
Aveva visto in quei volti lontani se stessa, come se avesse avuto di fronte una sosia: aveva sentito ancora il cuore che martellava nel petto nel vedere tutte quelle facce sulle tribune, sapere che erano lì a festeggiare lei, che sarebbe stata parte di tutto quello. Era piena di speranza allora: immaginò che la luce che vedeva brillare nei loro occhi avesse brillato anche sui suoi.
Ormai aveva dimenticato tutto, non progettava più. Pensò al futuro non come qualcosa di nuovo e malleabile, ma come la copia esatta del suo presente. Era e sarebbe stata sempre la stessa: nulla di nuovo, tutto dritto e perfetto come lo aveva sempre desiderato. Eppure, era convinta che ci fosse stato un tempo in cui ancora sognava.
Dovette tenere salde le mani per non far tremare il vassoio. Tornò a guardare il piatto stracolmo di cibo ma non riuscì a pensare ad altro.
Con le parole che le aveva detto Bemus, una terribile consapevolezza si era fatta strada in quei dubbi: qualcuno aveva ancora dei progetti, e qualcuno imbrogliava per raggiungerli. La parola imbrogliare non le piacque, affatto.
Eppure, Bemus ci aveva scommesso: non solo Nereo nascondeva qualcosa, ma Sofia aveva usato il suo segreto per essere un prefetto. Massì, forse era stata stupida, un'assoluta idiota a pensare che tutti lì dentro fossero ossequenti come lei. Dopotutto una parte di marcio c'era in ogni cosa, o no?
Ma come poteva essere che qualcosa che aveva sempre onorato così tanto e ritenuto incorruttibile potesse avere del marcio? No, era impossibile, era così, Bemus aveva mentito.
All'improvviso ebbe il desiderio di correre fuori e dirlo a tutti, ma suonò stupido, e poi lo vide a un tavolo che le faceva segno di sedersi. Era in un'enorme sala rettangolare nel Consiglio, circondata da finestre che avevano coperto con tende bianche, e riempita di chiacchiere contenute e qualche risata. Quello era cibo buono, niente a che vedere con la mensa scolastica. Vedeva il grasso che colava dalla carne e le patate croccanti, e sentiva l'odore di budino alla vaniglia che proveniva dalla cucina.
Rimase lì, impalata. Non conosceva nessuno perché il pranzo era riservato a loro e ai membri del Consiglio, e l'unico che l'aveva invitata al proprio tavolo era Bemus.
Decise di avvicinarsi, flemmatica, forse pure di cattivo umore, e alzando gli occhi al cielo si sedette sulla sedia che Bemus aveva spostato e che le aveva indicato con un gesto teatrale, allargando le braccia e girando le mani spalancate, come se gliela stesse presentando. La cosa sembrò divertirlo visto che ridacchiava.
Al tavolo erano seduti tutti ragazzi della sua età che conosceva di vista o con cui condivideva dei corsi. Sofia si sedette a capotavola e Delia afferrò la forchetta e il coltello per resistere all'impulso di alzarsi e andare via. Pochi secondi e stava già parlando di qualcun altro che non conosceva.
Davanti a lei, Krix, con i capelli neri legati in una coda strettissima, spostava il cibo del vassoio e raggruppava le patate in un cerchio ordinato. Nessuno le dava retta, tanto erano presi da quello che diceva la così interessante capotavola. Krix adagiò con cura la forchetta sul vassoio e raddrizzò il coltello, poi guardò il piatto con un semi sorriso. Si accorse che Delia la stava guardando, le rivolse un rapido tremolio di labbra che doveva essere un sorrisetto d'imbarazzo e poi avvicinò una patata alla bocca, facendo attenzione a non posare nuovamente gli occhi da sotto le lenti quadrate su di lei.
Delia rimase perplessa, poi scosse la testa e cominciò a mangiare. Forse era meglio partecipare alla conversazione che continuare nel silenzio imbarazzato di Krix la strana.
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Lo Stato Ideale della mente - ORIGINAL STORY
Science FictionDelia sta studiando per diventare Governante della Polis, città sopravvissuta per più di milletrecento anni, e che sorge sulle rovine dell'antica Siracusa. Sa esattamente qual è il suo dovere: essendo studentessa dell'Accademia deve studiare sodo, r...