Capitolo 7.2

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Otto studenti uscirono dal Laboratorio. Delia si alzò dalla panca di pietra e si intrufolò nel gruppetto per acciuffare il braccio di Alex coperto dal camice. Non appena la vide la sua espressione cambiò.

– Cosa vuole adesso?
Era stata Eva a dirlo, gli stava accanto e a quanto pare aveva interrotto la loro conversazione. Non si stupì nemmeno della velocità con cui la ignorò. – Possiamo parlare?

– Magari dopo? Ho solo un quarto d'ora di pausa.

– Quando avevi intenzione di dirmi del tuo trasferimento al laboratorio?

Era ancora così sconvolta che andarci coi piedi di piombo non rientrava tra le sue opzioni. Alex si scusò con Eva e l'accompagnò fino al cortile del retro. Gli alberi erano silenziosi e il sole vegliava su di loro con una strana serenità, alleggerita dal canto di qualche uccello solitario. Delia da parte sua dovette stringere i pugni per non inveire contro Alex.

– Da quanto lo sai?

Appoggiò la schiena sul muro, incrociando le braccia. – Tre settimane.

Scosse la testa, incredula. – Tre settimane? Perché non me l'hai detto subito? Ci ho fatto una figuraccia con Logotaco. E ti sei pure arrabbiato con me per la storia dei crediti, quando tu in pratica te ne stai andando dall'Accademia.

Serrò la mascella, guardandosi con gli occhi di bronzo la punta dei sandali. – Non capisci che è proprio per questo che mi sono arrabbiato? Per me è già stato difficile accettare, e tu te ne sei uscita con questa storia assurda, quando sapevo perfettamente che non avrei più potuto aiutarti.

– Ma perché non me l'hai detto? Hai lasciato che ti accusassi ingiustamente.

– Io, non lo so.
Si staccò dal muro e si lisciò in imbarazzo il camice spiegazzato. – Senti, mi dispiace. Non volevo darti altre cose a cui pensare, con la storia di Teodora e tutto il resto. Mi è sembrata la cosa più giusta. Te l'avrei detto, prima o poi, quando saresti stata meglio.

Delia si lasciò sedere sul prato, cercando di trattenere il turbine di pensieri che le faceva girare la testa. Si sentiva così tradita dal fatto che non si fosse fidato abbastanza di lei, da sapere che sarebbe stata in grado di sopportarlo. Venirlo a sapere così aveva solamente peggiorato le cose.
Sentì il respiro farsi più calmo quando Alex si sedette accanto a lei. – Mi dispiace, Delia, davvero. Non volevo che le cose andassero così.

– Quando te ne andrai?

– Due giorni prima la festa di fine anno, mi trasferirò al Consiglio per famigliarizzare. Poi la scuola di specializzazione. Il resto lo sai.

Si sentì crollare il mondo addosso. Non voleva credere che avrebbe perso anche lui dopo neanche due mesi. Scommise che si era già trovato un'altra alleata, magari proprio Eva, e invece lei doveva rimboccarsi le maniche e ricominciare da capo. Eppure, guardando la sua pelle abbronzata e i capelli ricci, non riuscì a trovare dentro di lei la rabbia che sperava.

– Si risolverà tutto – cercò di rassicurarla – Bemus è un po' fuori dalle righe, ma ha molti crediti. Ti coprirà le spalle se sarà necessario, e tu non sarai da sola.

Delia trattenne dentro di sé tutto quello che minacciava di uscire fuori. Aveva ragione Alex, doveva seguire la ragione e fare in modo che le circostanze non la cambiassero, come si era promessa.

Non farti influenzare dalle emozioni.

In un modo o nell'altro, nel silenzio che seguì, Delia decise di prenderlo per mano, per davvero sta volta, senza che nessuno di loro la ritrasse. Rimasero lì, senza dire niente, ognuno attorcigliato nei propri pensieri. Non c'era addio peggiore di quello.

La via al Consiglio si faceva sempre più difficile.

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