Quando si svegliò la prima cosa che sentì era una canzone. Era lontana e si ripeteva sempre con lo stesso ritmo, un po' di attesa e poi uno scroscio, attesa e scroscio. Sembrava la intimasse di dormire per sempre, e che quel senso di torpore che sentiva in tutto il corpo poteva essere la sua casa, che non doveva più preoccuparsi.
Si costrinse ad aprire gli occhi. La prima cosa che vide era Iason, di spalle, aveva tolto la maglia metallica ed era rimasto con quella di cotone nera, così come aveva lasciato in un angolo gli scarponi, tenendo i piedi sprofondati nella sabbia, le mani nelle tasche. Guardava quella distesa color ortensia che schiumava e si ritirava indietro, cantando.
Erano nella rientranza di alti scogli che li sovrastavano come muri armati di un marrone grigiastro e avevano formato attorno a loro una caverna. Il cielo sembrava essersi arrabbiato per la tempesta, e adesso aveva scacciato ogni nuvola: era di un azzurro così terso che faceva male guardarlo. Era stordita dell'improvvisa pace nella quale si trovava: sembrava che nel mondo non esistesse nessun'altra anima viva tranne loro.
Si lasciò sfuggire un lamento quando tentò di alzarsi, non essendosi accorta di essere sommersa nella sabbia. Iason corse subito verso di lei.
– Mi dispiace – disse mentre scavava – Non potevo portarti all'ospedale o mi avrebbero chiesto dov'eri e perché non ero con te. Eri così ghiacciata che ho dovuto escogitare qualcosa per tenerti al caldo.
Delia tossì e sputò a terra, doveva aver mandato giù qualche granello salato. La sabbia le raschiava le braccia e le gambe, e si era impastata come purè dentro la maglietta ancora umida.
Le ci volle un po' per rendersi conto di quello che era successo.– Tu – sussurrò – Tu mi hai salvato la vita. Di nuovo.
Iason inarcò un angolo della bocca in un accenno di sorriso. – Be', non ti ci abituare.
Delia cercò di nascondere il fremito che aveva passandosi una mano sui capelli, ma le dita rimasero incastrate in un groviglio.
– Aspetta – sussurrò Iason, e dopo averla aiuta ad alzarsi, cominciò a spazzarle via i granelli dalla maglietta e dalla schiena. Poi le prese i capelli e li raccolse tutti dietro il collo. – Mi dispiace di averti seppellita. Credo che saresti una bella rappresentazione dal vivo di Psamate.
– La dea della sabbia?
Iason annuì. – Chissà se c'è qualcuno che davvero la nomina nelle sue preghiere. Del tipo: grazie per essere così raschiosa e infilarti dentro i miei pantaloni.
Delia fece per ridere, ma il fiato le si mozzò per un'improvvisa fitta ai polmoni che l'avrebbe fatta cadere di nuovo in ginocchio se Iason non l'avesse presa.
– Si può sapere cosa è successo? È stata quella governante a farti questo?
Delia spostò lo sguardo sul mare increspato dalle onde azzurre e si discostò lentamente, sentendo vibrare il contatto della mano di Iason sulla sua vita. Lentamente i pensieri che aveva avuto cominciarono a compattarsi in un angolo della sua testa e a crescere. Cercò di ricacciarli giù. Il rumore delle onde l'aiutava. Quasi non si accorse di aver scosso la testa.
– Delia – si posizionò davanti a lei, anche se guadarlo era l'ultima cosa che voleva fare – Cosa ti è successo? Perché sei scappata così? Mi hai spaventato a morte. Se non ti avessi seguita...
Non concluse la frase. Delia strinse la mano a pugno. – è stato solo un momento. Adesso sto bene. Perché non torniamo? Qualcuno potrebbe essersi accorto che non ci sono.
Ma Iason non si mosse. – Credi davvero che dopo tutto questo semplicemente farò finta che non sia successo nulla?
Cercò di evitare i suoi occhi neri, così intensi da graffiarle via la pelle del viso. – Ci ho provato.
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Lo Stato Ideale della mente - ORIGINAL STORY
Science FictionDelia sta studiando per diventare Governante della Polis, città sopravvissuta per più di milletrecento anni, e che sorge sulle rovine dell'antica Siracusa. Sa esattamente qual è il suo dovere: essendo studentessa dell'Accademia deve studiare sodo, r...