Capitolo 3 - CERIMONIA DI BENVENUTO

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Gli enormi drappi dorati erano stati spostati sul palco al centro del cortile dell'arena, e scendevano, tenuti in verticale da una struttura di metallo nero, aggomitolandosi a terra con balze poco più alte di uno sgabello.

Nella scalinata ovest, quella più rovinata, sedevano alcuni Produttori senza lavoro o con il giorno libero, in disordine e con le vesti coloratissime, come se avessero riesumato assieme tutte le pezze che avevano nell'armadio.

Delia era appena arrivata e aveva preso posto assieme ad altri ragazzi del suo corso, a nord, accanto ad Alex, dove tutti invece indossavano con orgoglio le tuniche da festa leggermente sbiadite prese dal guardaroba comune. Insomma, stare lì in mezzo le piaceva, non sentiva la differenza o il privilegio che potevano avere tra di loro i lavoratori, e tutti i suoi compagni si erano dimenticati della sua sorella morta, presi dall'euforia della cerimonia.

– Delia, c'è qualcuno che ti chiama.

Seguì la direzione in cui indicava il braccio abbronzato di Alex, e vide a poche scalinate più in basso, una donna con il mento appuntito che teneva in mano una cartellina. Mimava qualcosa con la bocca. "Se...pre...sei..."

– "Sei un prefetto?" – disse a voce alta Alex, avendo capito.

– Oh – mormorò e si alzò in piedi.

– Aspetta – la fermò per un braccio e allontanò la mano subito dopo –... Delia, sei un prefetto?

Stavolta la domanda era vera, e le sue sopracciglia nere leggermente alzate non le permisero di capire se fosse contento.

– Scusa, ho dimenticato di dirtelo.

– Ma – stava per dire, però Delia volle concludere la conversazione, e dondolò nervosamente la gamba. – Devo andare, scusa – e si allontanò senza voltarsi.

Avendo attraversato il guazzabuglio del cortile, giunse alla scalinata opposta dove figure in piedi che chiacchieravano le rendevano difficile la salita verso un posto più nascosto.

Sofia l'aveva intravista, con il suo naso a bottone e le orecchie a punta, e si avvicinò a lei con i suoi soliti occhi languidi, stretti per un sorriso cortese: – Non sapevo fossi un prefetto! – esclamò, e i capelli marroni si mossero sulle spalle gracili quando le diede una pacca sul braccio. Delia abbozzò un sorriso anche lei, non sapendo come dovesse rispondere.

– Sono contenta che sei qui – continuò. Non ci credette nemmeno per un secondo, di fatto, seppur così contenta, Sofia si era subito allontanata e aveva preso posto a diverse scalinate di distanza, sotto di lei.

Anche Demetra, la bionda tutta riccioli alta quasi due metri aveva ottenuto un posto come precetto e vedere Delia le fece storcere il naso. – Cosa ci fa lei qui? – disse sottovoce, ma allo stesso tempo a tono così alto che era impossibile che non la sentisse.

Benissimo, pensò Delia, grandioso.

Erano già tutti alleati lì, si conoscevano da anni, i più ambiziosi e desiderosi di diventare Governanti, i più bravi in tutto, pensò, e lei era una pulce con la tosse su quell'enorme bestia fatta di gruppetti compatti di sorrisi esageratamente contenti e pacche sulle spalle.

La situazione non poté che peggiorare quando vide arrivare Bemus, circondato da un gruppo di altri ragazzi che non aveva mai visto. Disse qualcosa che li fece scoppiare tutti a ridere, e mentre inclinava leggermente la testa all'indietro anche lui, scorse Delia da lontano e cambiò improvvisamente espressione, spalancando gli occhi per un secondo. Sorrise, come se in qualche modo fosse sorpreso non che Delia fosse lì, ma per essersi ricordato che semplicemente esistesse. Si congedò dicendo qualcos'altro e tirando un pugnetto sulla pancia a quello che gli stava vicino, e poi salì a grandi balzi il marmo fino a prendere il posto vicino a lei.

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