Onde cristalline schiumavano sulla sabbia gialla. Non c'era ombra di nessuno per tutto il litorale, il che era un peccato visto che era una sera poco ventosa. Spesso a quell'ora Delia intravedeva dalla collina qualche Produttore passeggiare per la spiaggia, ma quella sera doveva essere così piacevole che poteva essere vissuta anche a casa, attorno ai fornelli caldi ancora accessi e i resoconti futili della giornata pieni di stanchezza e del sapore semplice dell'abitudine.
Le uniche voci stonate erano quelle dei Guerrieri che gareggiavano coi cavalli e si spintonavano. Per la testa, Delia aveva molti ricordi di lei nella spiaggia, ma apparivano sbiaditi e in continuo movimento, come se avesse bevuto il mare e adesso continuasse a infrangersi dentro di lei al posto che sulla riva.
Dovette resistere dall'improvviso impulso di correre dai Guerrieri e chiedere loro di andare via: vide i loro volti ridenti, e persino l'espressione rilassata di quello dei tre che fino ad allora era sembrato un muro. Non dovevano avere molte occasioni per spassarsela e Delia sospettò che la richiesta di farle fare un giro a cavallo, non nascondesse in realtà il desiderio di un po' di tempo per loro. Stavano cavalcando verso di lei.
– Tu eri in prima fila! – sentì dire a Keelan, non appena erano abbastanza vicini.
– No, non ero in prima fila – ribatté Damiano senza sbarbo.
– Ma come, ti ho visto io! Sono sicuro che ti ho visto!
– Ero in prima fila, ma poi mi hanno scambiato con quello basso, là... – piegò le sopracciglia cercando di ricordare – Cassandro.
– E Iason dov'era?
Si voltarono verso il terzo, dritto sul suo cavallo scurissimo, che teneva le redini rilassate. Accennò il primo sorriso che gli vide fare, ma sembrava più d'orgoglio che di altro. – Al solito.
– Ala destra – concluse il giovane, alzando metà bocca e la guancia lentigginosa.
– A guidare l'attacco giù in valle – s'intromise Damiano.
– A spaccare il culo ai portoghesi!
– E ai ragazzini che non sanno chiudere la bocca.
Era quasi sembrato scontroso, ma Damiano e Keelan stavano ridendo, e anche lui aveva un viso sereno, quindi Delia intuì stesse scherzando. Ormai erano davanti a lei e nascosero le loro risate con un improvviso contenimento desolato, come se lo scherzo si fosse vestito di un ricordo spiacevole.
– Allora, sali o no? – le chiese Damiano, forse ansioso di cambiare argomento.
– Sì, sì, sali su Filogeno! – esclamò Keelan, che era già sceso dal suo cavallo color mattone.
– Persino una stella marina è più veloce di Filogeno. Sarà meglio Nefile.
– Se è per questo è Skepticos quello più veloce di tutti.
– Ci vai tu a toglierlo a Iason.
Alzò leggermente la testa quando sentì il suo nome, probabilmente perché perso in altri pensieri dei suoi, ma non disse nulla.
Damiano nel frattempo era sceso - questione chiusa - e stava stringendo la sella del suo stallone bianco che pendeva leggermente a destra.
Delia voleva ribattere, ma ormai sembrava stupido e i Guerrieri avevano dato per scontato che lei amasse andare a cavallo quanto loro. Temeva che se avesse rifiutato si sarebbero offesi: quasi non potesse esistere nel pianeta terra qualcuno capace di disprezzare i loro amati cavalli. Lo vide da come Keelan accarezzava il dorso di Filogeno e gli sistemava la criniera, in un disperato tentativo di consolarlo da quello che aveva detto Damiano, e le parole dell'ultimo avevano fatto capire quanto Iason fosse geloso del suo.
– Ecco fatto, è tutta tua.
Delia non ci capiva niente in fatto di animali, ma era impossibile negare quanto Nefile fosse un'esemplare bello. Aveva un orgoglio accentuato dal colore bianco del pelo, e persino dallo sguardo le sembrava di ricevere un silenzioso insulto animale, quasi a sottolineare che la sua nobiltà non aveva nulla a che fare con la cattiveria degli uomini.
Salì aiutandosi con la staffa e raccolse le redini di cuoio con le sue mani minute. Cominciò a cavalcare a trotto. La sabbia si alzava e graffiava i pantaloni di cotone, e la brezza salmastra le spettinava i capelli.
Gli altri due avevano preso a seguirla, e Damiano le correva dietro a piedi e gridava: – Più veloce, va più veloce! E tira quelle redini!
Adesso cavalcava veloce, velocissima. Quasi non credette che fosse possibile che il mare potesse sfrecciare con quella rapidità accanto a lei, diventato una macchia azzurra indistinguibile. Se non stringeva abbastanza le redini, rischiava di cadere giù dalla sella. Ma, cosa più incredibile, si stava divertendo. Il vento le fischiava nelle orecchie e le spostava i capelli, le urlava di essere libera. Il cuore le batteva come un matto e la sua faccia aveva preso una piega strana perché non aveva mai sorriso tanto in vita sua. Immaginò di star volando, in alto, nel mondo delle idee: la spiaggia non sembrava aver più nulla a che fare con lei. In lontananza sentì le urla di Damiano che rideva e la incitava.
Il Guerriero dai capelli scuri l'aveva raggiunta. Quel cavallo nero cavalcava altrettanto veloce, e lui se ne stava piegato in avanti, come un'ombra nera su un'altra ombra nera. Delia non capì bene cosa volesse: il Guerriero la superò di diversi metri. Continuò così per un po' e si chiese se non si aspettasse che lei facesse qualcosa, magari tentasse di superarlo, ma le parve che Nefile non potesse correre più di così e, da una parte, non era molto sicura di volerlo scoprire.
Poi lui fece qualcosa di inaspettato: girò il cavallo di colpo, alzandolo a due zampe, e solo all'ultimo secondo si ricordò, in un improvviso impulso, di tirare le redini verso di sé. Nefile nitrì, tutta la cassa toracica le tuonò come un tamburo, e si tirò in aria, in verticale. Per un secondo quei due cavalli, parendo l'uno il riflesso dell'altro, bianco contro nero, tennero entrambi sospesi in aria. Delia non era preparata, il cuoio scivolò dalle sue dita sudate e cadde all'indietro di peso, tutta contratta per la paura, sbattendo la schiena sulla sabbia bianca.
Si era fatto tutto improvvisamente silenzio, tornata alla realtà e inutilità di sé stessa e della spiaggia, con un dolore compatto che le tolse il respiro e le riempì gli occhi di lacrime. Strinse i denti, strinse tutti i muscoli per soffocare un guaito, e si sentì così arrabbiata e fuori di sé.
Iason era sceso da cavallo. Le era andato incontro, si era accucciato e poi rialzato di scatto, con una mano tra i capelli. Si bloccò, stizzito, come se avesse compreso qualcosa che gli aveva pietrificato ogni muscolo. Forse si aspettava che gli dicesse qualcosa, magari pure che gli inveisse contro, ma era più occupata a riprendersi dalla botta che accorgersi di quell'animo ammutolito che aveva davanti, e forse lo ignorò apposta. Tossì forte, stette ancora ferma per un secondo, trattenendo il respiro, si asciugò gli occhi umidi e poi si rialzò in piedi, barcollando.
L'ha fatto apposta?, si chiese, Voleva che cadessi?
Non le sembrò affatto un modo per scherzare, era palese che non fosse preparata a una cosa simile. Magari l'odiava. Anche Delia non avrebbe sopportato di essere obbligata a fare da scorta a qualcuno per tutto quel tempo.
– Con Damiano lo faccio sempre – disse, ma non sembrava scusarsi, anzi, era seccato, come se non fosse colpa sua – Non ho pensato che tu non-
Keelan li raggiunse con Filogeno e lui si zittì. Lo fece trottare un poco, pareva che non frenasse troppo bene, e alla fine scese giù con un balzo mentre stava ancora zampettando contento attorno ai due, finendo coi piedi sull'acqua.
– Cos'è successo? – chiese sperando non l'avessero notato. I suoi occhi verdi si muovevano da una all'altro. Arrivò anche Damiano, con il fiatone e si discostò quando Delia si girò.
– Torniamo indietro – disse, non guardando nessuno, non con rabbia e rancore, solo la più grande indifferenza che trovò dentro di sé. Zoppicava leggermente.
L'ha fatto apposta, pensò soltanto.
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Lo Stato Ideale della mente - ORIGINAL STORY
Science FictionDelia sta studiando per diventare Governante della Polis, città sopravvissuta per più di milletrecento anni, e che sorge sulle rovine dell'antica Siracusa. Sa esattamente qual è il suo dovere: essendo studentessa dell'Accademia deve studiare sodo, r...