Capitolo 10.1

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– Se non ti conoscessi direi che sembri un po' giù.

Delia alzò lo sguardo dal quaderno. Bemus aveva già buttato giù due pagine della stesura della proposta di legge che avrebbero dovuto consegnare tra due giorni. Nel suo foglio invece c'erano a malapena due righe.

Giusto un'oretta prima di recarsi in biblioteca, si era incontrata con il professor Logotaco, incapace né di guardarlo, né di giustificare il motivo per cui ultimamente avesse tralasciato gli impegni extrascolastici. Il professore di filosofia non era arrabbiato, eppure Delia sentiva la vergogna che derivava dalle sue osservazioni. Lo stava deludendo, solo perché il pomeriggio era troppo stanca a causa delle poche ore di sonno e dal tempo che passava con il Guerriero.

– Dal momento che invece ti conosco, vorrei dirti che è il caso che tu mi renda partecipe dei tuoi piani. Se stai organizzando un colpo di stato, voglio partecipare.

Un che cosa?

– Guarda che ho capito – e dal suo tono non riuscì a capire se stesse scherzando o meno – Prima sei tutta pensierosa e in silenzio, più del solito intendo, poi mi chiedi cosa utilizzo per i miei scambi e come faccio ad entrare al consiglio senza dare nell'occhio, e, dopo due giorni, ti trovi davanti a me insieme al tuo Guerriero perché vuoi entrarci. Pure adesso stai complottando qualcosa. Se c'è da far casino e buttare sottosopra il Consiglio, parteciperò con piacere.

Delia rimase a guardarlo ammutolita. Bemus sostenne il suo sguardo per lunghi secondi, poi non resistette, il suo labbro tremò e si mise a ridere.

– Sto scherzando Statua. Lo so che per te è già tanto dire una parolaccia se sei troppo vicino agli edifici pubblici.
Poi si fece più serio, i capelli lunghi biondi sciolti attorno al viso di solito sbruffone, gli davano un'aria più principesca di quella che avrebbe dovuto avere. – Cos'hai Delia da un po' di giorni? Ho pensato che Demetra ti avesse dato ancora fastidio, ma ormai sei così da troppo tempo, e non sei più la filosofa che sei sempre stata. Me ne frego altamente del progetto di filosofia, però mi ricordo delle risposte che davi in classe e mi sembra che tu abbia sempre la testa da un'altra parte.

Delia appoggiò una mano sulla fronte, non sapendo da dove iniziare. Non aveva la più pallida idea di come rispondere, non voleva che Bemus partecipasse a tutto quello che stava sentendo dentro di lei. Non voleva nemmeno lamentarsi o dare l'impressione di non avere le cose sotto controllo.

– Sono solo stanca.

Alzò un sopracciglio. – Incredibile che quando le ragazze non sanno cosa dire, dicono sempre "sono stanca" – poi si mise a parlare in falsetto – "Scusami Bemus, stasera no, sono troppo stanca", "Oh, non volevo rovesciarti addosso il mio vassoio, è che sono così stanca", "Ti prego, passami i tuoi appunti, stamattina ero troppo stanca"

Delia premette le labbra per trattenersi dal sorridere, non voleva dargli la soddisfazione.

– Quello che volevo dire è che – disse tornando col tono serio – Se ti serve qualcosa, è molto probabile che possa aiutarti. Non esiste nessuno in questa Accademia che sappia più cose di me.

Delia indugiò a lungo, ma in fondo al suo cuore sapeva che una battaglia simile non poteva essere combattuta da sola.
E poi sembrava così deciso. Bemus era sempre così sereno e allegro, che vederlo serio faceva quasi impressione.

Per cui fece un respiro profondo, tenendo le mani appoggiate sulle cosce per impedire che il nervosismo le facesse tremare.
– Cosa dovrei fare se sospettassi che l'articolo di mia sorella non l'abbia scritto lei? – disse d'un fiato – È l'unica cosa a cui penso da quando l'ho letto.

– Stai dicendo che qualcuno l'abbia falsificato?

– Non lo so, forse. Era estremamente radicale, in questi tempi così delicati dubito che non avrebbe riscosso una risposta da parte dei Produttori. A meno che Teodora non stesse dicendo apertamente di voler essere uccisa, quello non è il suo articolo. Non c'entra niente con i progetti che aveva in mente per la Polis, è semplicemente sbagliato.

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