Capitolo 11.1

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Mentre ripercorreva la scacchiera delle case della Polis in direzione della casa di Altea, Delia rifletteva sulla possibilità di lasciarsi un po' andare e di godersi i preparativi della festa, sulle parole di incoraggiamento del suo professore e su come tutto questo fosse per lei un perfetto adagio. Effettivamente l'idea di divertirsi un po' non le dispiaceva affatto, tra l'altro, era l'unico momento del pezzo musicale in cui i flauti avessero un briciolo di importanza e non fossero solo di accompagnamento.

Non aveva affatto pensato alla possibilità che molti dei pezzi musicali, a differenza del canto per le feste Parioline, avevano certamente un adagio, ma fungeva di passaggio all'ennesimo vivacissimo.

Quando arrivò davanti a casa della balia, Iason sembrò guardarla come poche notti prima, quando era pieno di interesse nell'oscurità, ma la sua espressione divenne fredda con la velocità di un respiro, tanto che Delia si chiese se non se lo fosse immaginato.
Non avrebbe saputo spiegare la tempesta di ciccia e di emozioni che si era presentata come Altea subito dopo. Qualcosa doveva averla turbata, e, a giudicare dai movimenti maldestri e il modo in cui piangeva, non erano di certo i commenti scortesi di qualche signora dietro al banco del pesce, ma piuttosto il presagio della fine del mondo. Non riuscì nemmeno a salutarli. Scoppiando in un pianto sommesso, si coprì il viso arrossato come una ciliegia molliccia cresciuta a dismisura, e si nascose chiudendosi alle spalle la porta della sua stanza.

Delia e i tre Guerrieri rimasero retti in piedi come i pali della luce ai lati della strada, non riuscendo a nascondere nei volti la loro perplessità. Iason fece un grugnito e si allontanò, probabilmente non molto interessato a partecipare ai drammi della balia.

Damiano invece guardò la porta spalancata della casa e alzò le sopracciglia bionde verso Delia, che intuì quello che stava per dirle poco prima che aprisse bocca. – Be', pare che sia una questione da donne.

Io? – fece Delia sconcertata – A stento so cosa vuol dire piangere, cosa vuoi che faccia?

– Tranquilla, andrò io allora, il Guerriero bruto che corrompe con le spade le giovani Governanti. O, se proprio vuoi, mando direttamente Iason.

Si girarono tutti e tre a guardarlo. Il Guerriero se ne stava con le mani in tasca, il volto pallido e indurito, le sopracciglia nere corrucciate, completamente all'oscuro di quello che si stavano dicendo. Delia sospirò. – Come minimo finirebbe per farle allagare la casa con altre lacrime.

Damiano le fece un cenno della testa per spingerla dentro, e quando lei si voltò di nuovo verso di lui una volta che si era fermata davanti alla porta della stanza da letto, alzò un pollice nella sua direzione. Keelan dal canto suo, cercò di rimediare tra le sue guance lentigginose quello che poteva assomigliare di più a un sorriso incoraggiante.

Altea, seduta sul bordo del letto, rivolta verso le tende bianche della finestra quadrata, non appena la vide entrare cercò di ricomporsi, asciugandosi con le dita il volto arrossato dalle lacrime. – Mi dispiace bambina mia. Non volevo di certo spaventarvi. Ma a volte è così difficile, oh così difficile!

Delia si avvicinò con passi incerti, e ringraziò gli dei quando vide sul comodino la scatola con i fazzoletti. Grazie a Bemus, adesso sapeva cosa avrebbe potuto fare. Altea la guardò con estrema gratitudine quando gliene offrì uno, e con sua sorpresa, lo usò per asciugarsi tutto il viso e non solo gli occhi.

Le si sedette accanto, sperando che non notasse quanto fosse a disagio mentre le chiese: – Cosa è successo?

Per fortuna, aveva imparato col tempo che avere informazioni da Altea non era affatto così difficile, anzi, a volte il vero problema era farla stare zitta. La balia, dopo un gran respiro con il quale mosse tutto il grosso corpo, dimenò particolarmente le spalle come se volesse levarsi di qualcosa di fastidioso che aveva addosso.

– Oh niente di grave, niente di grave bambina mia. Sono cose del mestiere, ma, per Artemide, faccio ancora così fatica ad abituarmi. E sì che dovrei essere una brava balia adesso, e non piangere più, proprio più. Ma che puoi farci, gli dei mi hanno fatta così sensibile e non credo che sarei così abile nel mio lavoro se così non fosse.

Si tamponò gli occhi con il fazzoletto e fece un altro respiro, forse per fermare il labbro che le tremava. – Il mio lavoro è proprio bello, non trovi mia cara?

Delia in realtà non sapeva che farci con i bambini, forse ne aveva persino paura, perché erano sporchi, piangevano e sempre pronti a fare discorsi incomprensibili. – Proprio incantevole.

– Lo so, lo so! – ripeté Altea – Sai, prendersi cura dei bambini dello Stato è certamente più difficile. Loro non hanno genitori, come già sai, quindi siamo noi le loro uniche figure di riferimento, e dobbiamo essere per loro padri, madri, zii e parenti. Affezionarsi è così facile, è come se avessi tantissimi figli e la cosa è meravigliosa, non trovi?

Delia pensò che suonasse come il peggiore dei suoi incubi. – Decisamente un sogno, Altea.

– Ma la questione vale anche per i figli dei Produttori, visto che passano maggior parte del loro tempo alla scuola. Crescono tutti così in fretta, e prima che ce ne possiamo accorgere, ecco che passano alla Seconda, in mano ad altre balie, proprio come è successo oggi. Meraviglioso, ma allo stesso tempo, oh, così terribile!

– Per ora non si è mai sentito di bambini che si sono trovati male alla seconda scuola – notò Delia, che si chiese come fosse possibile che qualcuno si tormentasse tanto per delle creature così semplici.

– Lo so, lo so, mia cara. Me lo dicono tutti che è stupido piangersi addosso. Ne arriveranno presto altri a prendere il loro posto e il ciclo ricomincerà.

Delia tralasciò il resto del discorso di Altea perché venne attraversata da un improvviso dubbio. – Posso chiederti una cosa – fece quando smise di parlare. – Quanto difficile è ricordarsi degli alunni che escono dalla prima scuola?

La balia sembrò fare un sorriso compassionevole. – Oh, Delia, alla prima scuola entrano ed escono bambini in continuazione. Sarebbe impossibile tenere conto di tutti quanti. Lo so quello che stai pensando, è che io sono così sensibile! Ogni anno è sempre la stessa storia, mi fa così male vederli andare via. Accidenti, accidenti a me!

Guardò il fazzoletto che teneva tutto accartocciato in mano, appoggiato sopra l'abito lungo, e i capelli rossi tutti spettinati insieme al viso gonfiato erano una prova evidente di tutto quello che stava dicendo. Sensibile era forse troppo poco, Altea sembrava un involucro di emozioni.

– Ma non ti preoccupare, starò bene, come sempre. Guarda che sono una balia coi fiocchi, coi fiocchi! Me lo dice sempre il caporeparto.

Delia rimase in silenzio, pensando se dovesse fare qualcosa. Sembrava che stare ad ascoltarla dovesse essere per Altea un conforto sufficiente. Pensava che se avesse avuto dei figli, forse avrebbe smesso di preoccuparsi così tanto di quelli degli altri, ma visto che suo marito Gridos era morto da due anni, dirglielo sarebbe stato come darle un altro schiaffo. E poi, aveva ben altro nella testa.

Non sapendo cos'altro fare, si limitò a darle qualche colpo incerto con la mano sulla spalla, che la fecero rispondere con un sorriso di gratitudine. Un paio di minuti di silenzio e di sospiri sommessi dopo, Altea sembrava di nuovo pronta a pettegolare di qualche vicino, a riordinare la casa e strambellare con gli utensili di cucina, anche se ogni tanto si fermava lo stesso a metà, gli occhi si bagnavano di lacrime, e poi tornava a fare quello che stava facendo.

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