Capitolo 5.1

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Aria affannata e densa fu la prima cosa che percepì: le inondò i polmoni come se fosse chiusa in una caverna e avesse sul viso l'alito di una brutta bestia.

Quando aprì gli occhi, davanti a lei la stanza apparve lugubre e trascurata. Vedeva la polvere fluttuare dalla luce che entrava da una finestra a lische di pesce, giallina e sporca, che era distesa orizzontalmente vicino al soffitto alla sua sinistra e impediva in modo assoluto la vista fuori.

L'odore di vino marcio inasprito esplodeva nelle narici e sciacquava la bocca di acido. Diede un'occhiata alle corde, strette e ruvide sulle caviglie, sui polsi e sulla vita, grosse come quelle usate per cavalli. Fece il cenno di un movimento solo come conferma che non si sarebbe liberata con facilità.

– Delia?

Era stato a malapena un bisbiglio alle sue spalle. –...Iason?

– Sei viva – le parole suonarono sorprese e sollevate allo stesso tempo.

Ora se ne accorse, le loro spalle si toccavano, sue due sedie, schiena contro schiena. Sentiva il calore della pelle che trapassava la maglietta e il sudore, be', non sapeva se fosse suo o del Guerriero. Cercò di guardarsi le spalle e vide la sua testa chinata verso il basso: gli zigomi e la linea del mento di quel volto tutto squadrato, e le ciglia nere degli occhi calate.

– È colpa mia.
Si sorprese del tono sommesso che aveva preso. Fino a quel momento lo aveva visto sempre impassibile e si considerò stupida per aver davvero sospettato che non avesse altre emozioni.

Era ancora confusa e cercava di focalizzare gli occhi da qualche parte della stanza senza che sfocasse tutto, per cui gli scaffali davanti a lei continuarono a sembrare masse informi di legno fin quando non era riuscita a strizzare bene le palpebre e si era imposta di pensare razionalmente. – Nessuno sarebbe riuscito a sconfiggere tutti quei Produttori, senza armatura. – riuscì a dire.

– Sono svenuto. È come se non avessi combattuto affatto.

Solo allora si rese conto di quanto fosse grave la situazione. Le tornò in mente di tutte quelle mani addosso e la puntura fredda che aveva sentito nel collo, e il cuore le si tuffò nel petto.
Erano chiusi nel covo dei Produttori che avevano cercato di ucciderla.

Sentì qualcosa prenderle le mani, e si accorse che il Guerriero, muovendosi, aveva toccato con le dita le sue, per poi allontanarle subito. Si sentì le guance leggermente calde e pensò fosse a causa dell'aria viziata.
Provarono a dimenarsi, le funi si strofinavano sulla pelle, e al posto che allentarsi sembravano stringersi, tanto che a momenti Delia faticò a respirare. – Basta, non sta funzionando.

Iason si irrigidì. Si sentiva minuscola in quello stanzino, e scomoda. Gli scaffali, impilati di botti di legno ammuffito, davano l'impressione di avvicinarsi ogni secondo. Temette che se avesse distolto lo sguardo se le sarebbe trovate davanti al naso.

– Lo senti questo rumore?
Sembrava che qualcuno stesse battendo un martello dal soffitto sopra di loro.
– Sta arrivando qualcuno.

Delia lasciò cadere il capo proprio quando sentì due giri di chiave, e una porta cigolare alle sue spalle. Un click e poi due scatti da lampadina, che prese a ronzare sopra di loro.

– Ancora dormono – disse qualcuno. La voce era giovane, esageratamente acuta, come se fosse emozionato. Sentì degli scarponi battere sugli scalini.

Adèl, dove vai? – stridette qualcuno più indietro – Leucò ci ha detto solo di controllare se fossero svegli.

– Dai, non sta' rompere.

Giunse fino ai piedi di Delia. – Quindi eccoli, i nostri due Custodi. Non ne ho mai visti da così vicino, di solito si tengono fuori dai bassifondi.
Sputò per terra. – Non capisco perché non possiamo farli fuori subito.

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