46esimo giorno
Sono successi alcuni fatti a dir poco bizzarri. I miei compagni non mi ascoltano.
Il vedermi tornare sano e salvo dalla foresta con lo zaino pieno di bacche e frutta secca è stato un sollievo così enorme da dare vita a una festa improvvisata. Urla, strepitii di gioia e pacche sulle spalle mi hanno accolto come un eroe.
Mentre cuocevano le castagne sui carboni ardenti e sbucciavano le noci ho ripetuto loro mille volte, farneticando come un bambino, l'incredibile avventura che mi era capitata. Forse hanno creduto che fosse uno dei miei strambi modi per alleggerire l'atmosfera: sono noto per essere un racconta-storie. Infatti più insistevo sulla veridicità delle mie parole, più loro sorridevano sempre più condiscendenti.
Per questo la confiderò a te, diario. Tu che ormai sei testimone impassibile della mia follia.
Mi ero recato nella foresta da solo, come ti avevo anticipato. L'umidità era penetrata nelle ossa e io avevo perso l'orientamento. Sebbene avessi con me una bussola ero assolutamente certo di stare girando in tondo da ore. Ogni tronco era uguale a quello che lo precedeva o che lo seguiva, ogni sasso si rassomigliava, gli aghi dei pini cadevano sui miei vestiti e sul mio capo mentre il cielo, filtrato dalle cime folte trame degli alberi, diveniva sempre più buio.
Inaspettatamente, due occhi scintillanti mi comparvero di fronte.
Erano occhi stregati. Uno di essi era azzurro come un topazio, l'altro invece era marrone come il fango. Cielo e terra, spirito e natura, trascendenza e immanenza.
Pensai fosse la morte. Nera, a quattro zampe, col muso lungo e i denti affilati. La cessazione di ogni dolore, di ogni sofferenza. La meta finale, la fine del mio viaggio.
Non reagii, non imbracciai la pistola, non impugnai il coltello. I miei riflessi si spensero.
Rimasi pietrificato lì dov'ero, davanti a quella visione nefasta del mio futuro: il vuoto, l'assenza, la mia scomparsa definitiva da questo mondo.
Steve e Levin erano stati sventrati vivi, una settimana prima. Avevamo trovato i loro corpi abbandonati nella foresta. I lupi non avevano mangiato la loro carne, l'avevano solo dilaniata con un sadismo oserei dire umano. Il titanio è tossico per gli animali, non se ne possono nutrire.
«Non ti farò del male.»
Non so perché professai quella menzogna. Perché di una bugia si trattava. Se mi avesse aggredito, io mi sarei difeso e l'avrei ucciso. O almeno ci avrei provato, quello era il mio intento. Gli avrei fatto del male. Era una legge della natura, dopotutto.
Lui comprese e reclinò leggermente il capo verso la spalla destra.
Il suo sguardo era severo come quello del mio vecchio padre quando gli annunciai che mi sarei arruolato nell'esercito della mia madre-arca.
Non so dire come o perché, ma ebbe compassione per me. Sì, compassione. Mi compatì.
Gli devo essere sembrato un essere ridicolo, così imbarazzante da non meritare il suo nobile tempo. O forse semplicemente non aveva fame. Forse era troppo stanco per affrontare una lotta con un bipede. Forse ero troppo ossuto o troppo poco appetitoso.
Mi scrutò a lungo, a dire il vero, come se si aspettasse qualcosa di più da me.
Mi rimase come l'impressione di averlo deluso, profondamente deluso.
Quando mi voltò la schiena e fuggì via, lasciando dietro di sé solo una scia sottile di orme leggere, mi sentii solo.
Terribilmente solo.
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UMANA ∽ L' Antico Potere
Science FictionIl gruppo deve ambientarsi nel nuovo villaggio. Sebbene alcuni dettami risultino ancora inconcepibili, d'altra parte anche loro sono ora, a tutti gli effetti, 𝑠𝑜𝑝𝑟𝑎𝑣𝑣𝑖𝑠𝑠𝑢𝑡𝑖. Ulrik, Hans, Tomas, Kuran e Shani verranno ufficialmente arruo...