Una folata d'aria la riportò alla realtà.
Bea riaprì le palpebre, ma per alcuni secondi non riuscì a vedere nulla.
La sua vista era annebbiata dalla paura. Avvertì solo il braccio di Ulrik che la sollevava da terra e la stringeva forte a sé. Il calore immenso del suo petto la rianimò, rimase aggrappata a lui, la sua unica ancora di salvezza. Era viva, era viva tra le sue braccia. Era ancora viva e non si capacitava di come fosse possibile.
Era assolutamente certa che l'avesse azzannata.
Eva era stata più rapida perfino di Shani. Era saltata addosso al felino, entrambi erano ruzzolati a terra con un tonfo sordo, le unghie dell'animale si erano conficcate nelle sue spalle e rotolando avvinghiati l'una all'altra avevano sollevato una fitta coltre di polvere che aveva oscurato ai ragazzi la visuale.
Ora si trovava nella stessa identica posizione da cui aveva salvato la nuova compagna, ovvero sotto le fauci di quella bestia feroce.
Con una sola differenza.
Lei non avrebbe mai chiuso gli occhi. Mai.
Anzi, li avrebbe tenuti ben aperti.
«Non sparate!» gridò, proprio mentre l'indice di Ulrik vibrava sul grilletto.
«Non sparate!» ripeté, per assicurarsi che il messaggio arrivasse forte e chiaro.
Gli artigli dell'animale le stavano trapassando le carni. Li ignorò. Sicuramente la cicatrice si era riaperta, poteva sentire distintamente mille spilli acuminati che le trapassavano l'addome malamente ricucito. Neanche quello aveva importanza.
Doveva concentrarsi sui suoi occhi. Erano di un verde così chiaro, in natura non aveva mai visto nulla del genere, nemmeno l'erba, nemmeno un germoglio, nemmeno una fonte zampillante immersa nella vegetazione. La pupilla saettava famelica mentre il corpo di quell'essere pesava sulle sue fragili membra.
«Eva!»
«Ho detto non sparate!» rispose lapidaria al suo comandante.
La pantera non provò pietà. Non ne possedeva. Riconosceva l'odore di quell'esemplare: c'era molto ferro nel suo sangue. Un profumo metallico, dolciastro, quasi stucchevole.
Era l'Umana, non v'era alcun dubbio.
Si trovavano comunque in una situazione troppo tesa per dar adito a sentimentalismi. Lui era un predatore, dopotutto. La foresta era spietata e quello non era di certo il suo habitat naturale. Troppe specie convivevano in zone su cui un tempo non avevano mai messo piede, se non in minuscole gabbie dotate di sbarre elettrificate. Eppure gli Umani, o per meglio dire, i Titans, erano riusciti a sbaragliare le leggi della natura anche dopo la loro partenza. Un tempo i suoi avi appartenevano a un boss della droga che si dilettava nel collezionismo di animali esotici o in via d'estinzione, emblemi innocenti di un potere che andava ostentato a tutti i costi. Dopo la sua morte la progenie aveva lottato per la sopravvivenza contro altre specie che erano state condannate allo stesso infausto destino. Ed ecco che ora lui si ritrovava lì, in mezzo a predatori molto più grossi e possenti, o forse solo più abili e scaltri. Ora lui era lì e doveva competere con una piramide alimentare così complessa e variegata, ma soprattutto così spietata, che una sola notte a digiuno avrebbe potuto costargli la vita. Poteva essere il suo ultimo giorno, o il penultimo, se fosse stato fortunato, non faceva alcuna differenza. Doveva lottare ogni ora per guadagnare terreno.
Quel lurido verme col suo olezzo infernale aveva cacciato nella sua zona, uccidendo le sue prede. E quelle prede ora marcivano alla luce di quel sole fatuo che avevano ricreato dal nulla. Luridi bastardi. I Titans si credevano sempre al di sopra di tutto e di tutti.
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UMANA ∽ L' Antico Potere
خيال علميIl gruppo deve ambientarsi nel nuovo villaggio. Sebbene alcuni dettami risultino ancora inconcepibili, d'altra parte anche loro sono ora, a tutti gli effetti, 𝑠𝑜𝑝𝑟𝑎𝑣𝑣𝑖𝑠𝑠𝑢𝑡𝑖. Ulrik, Hans, Tomas, Kuran e Shani verranno ufficialmente arruo...