46. Punizione

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Ripeté per tutto il viaggio che stavano per arrivare.

Che erano quasi arrivati.

Che mancava poco, davvero molto poco.

Che dovevano solo resistere.

Che lui non poteva mollare proprio ora, no, non poteva farle questo.

Che sarebbe andato tutto bene...

Doveva per forza andare tutto bene.



Quando finalmente varcarono l'ingresso del villaggio, il suo cuore crollò.

Vedeva i contorni sfumati, come se avesse la testa immersa in una boccia d'acqua tiepida.

Per un attimo non riuscì a distinguere le case, le persone, le strade fangose, i panni stesi sui fili sottili, il pozzo abbandonato, l'enorme gabbia in cui un tempo era stata rinchiusa Regina, i campi arati sullo sfondo, all'orizzonte, le alte querce che circondavano la loro nuova casa.

Fu Thea a lasciarli passare.

Ma appena l'animale varcò la soglia, si sentirono alte grida e molti sopravvissuti corsero ad armarsi, terrorizzati dall'ingresso di quel maestoso quadrupede che un tempo aveva ucciso alcuni dei loro uomini.

Evangeline scese da cavallo con l'aiuto di David e del comandante. Insieme condussero a terra anche Ulrik, completamente privo di sensi. La sua giacca era intrisa di un liquido scuro, segno che nemmeno le fasciature avevano potuto fare molto. Il sangue stava colando dai fori aperti, portandosi con sé tutto il titanio che scorreva nel corpo del giovane.

Appena furono a terra, la ragazzina sciolse lesta la cintura di Shani dal collo della bestia e gli diede una pacca affettuosa. I suoi zoccoli si erano rovinati a causa di quella lunga cavalcata. Si era sacrificato per loro.

«Scappa, non tornare più qua. Te ne sarò eternamente grata. Ci hai salvato la vita.»

Il cavallo s'impennò, nitrì rumorosamente, fece dietro front e fuggì dal villaggio, appena prima che sopraggiungessero i tre comandanti.

Evangeline rimase inerme e scoperta davanti a loro. Si rese conto che oltre il fango e gli aghi di pino tra i capelli, era anche ricoperta di sangue. Sangue dalle vesciche sui palmi, sangue dalle cosce escoriate dalla lunga cavalcata, sangue che le era uscito dal naso, forse per la stanchezza, forse per un capillare che si era rotto per lo sforzo.

Con le mani tremanti teneva Ulrik semidisteso ai suoi piedi.

Il sudore colava copioso sulle sue tempie e faceva aderire impudicamente il tessuto della felpa alla sua pelle.

«Vi prego, dovete attaccarlo a una macchina... dovete salvarlo!»

«Dove sono gli altri, Umana?!» le abbaiò contro Melchor.

I sopravvissuti, nel frattempo, si stavano raggruppando a semicerchio attorno a loro.

«Non c'è tempo, deve essere curato, gli hanno sparato! ... gli Antichi...»

«Rispondi alla domanda, ragazzina! Dove sono gli altri?!»

A Evangeline venne una voglia terribile di scoppiare a piangere.

«Li abbiamo lasciati indietro, lui era ferito e...»

«Li hai abbandonati» concluse con un ghigno arcigno.

Molti sussultarono, alle sue spalle, rivolgendole un'occhiata sdegnosa.

Sentì la rabbia infervorarla, invaderle il petto, il busto, l'addome. Una rabbia cieca e furiosa.

UMANA ∽ L' Antico PotereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora