23. La Resa dei Conti

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Tomas aveva inciso tre dadi nel legno e stava giocando di prima mattina, seduto a gambe incrociate, con Ronnie, David e un paio di ragazze a un famoso gioco d'azzardo, celebre fin dal Medioevo: Zara.

Le regole erano molto semplici: a turno ogni giocatore chiamava un numero da tre a diciotto, quindi lanciava i dadi. Vinceva chi per primo otteneva un punteggio pari al numero chiamato.

Chissà perché, il celebre ladro di parabole trionfava sempre.

«È matematica ragazzi. La strategia vincente è quella di chiamare sempre o dieci o undici. Chiamando il tre, ad esempio, c'è una sola combinazione possibile, mentre per ottenere il dieci ce ne sono svariate!» Spiegò saggiamente il giovane Ronnie a voce alta.

Il farabutto se la rideva sotto i baffi. C'era un trucco, ovviamente, e nessuno se n'era ancora accorto.

Senza scommettere a soldi non era così divertente imbrogliare, eppure lo rilassava ascoltare Ciara e Ronnie discutere animatamente di statistica e probabilità.

In quel momento passò Kuran, diretto al suo turno di lavoro. C'era un problema con la pompa dell'impianto idraulico alla latrina. L'ennesimo guasto dovuto a un sovraccarico del sistema.

Mentre passò davanti a loro sbuffò.

«...e loro se la ridono come bambini.» Borbottò sgarbatamente.

A lui toccava stare letteralmente nella merda tutto il giorno tutti i giorni, mentre quel ragazzino si divertiva con gli amici.

«Cos'hai detto?» Lo sentì.

Il gelo calò in quell'afosa giornata di mezza estate.

Il pilota si pentì subito, fece un cenno con il braccio e accelerò l'andatura.

Ma la voce di Tomas lo accoltellò alle spalle.

«Abbastanza vile, da parte tua, tirare il sasso e nascondere la mano.»

Kuran si girò, lasciando cadere a terra la borsa con gli attrezzi raccattati durante le missioni.

Ronnie e gli altri indietreggiarono lasciando loro spazio, nel mezzo della via sabbiosa tra le case.

Faccia a faccia, per la prima volta dopo settimane.

«Chiamate i comandanti.» Sussurrò Sveva. David e Ciara ubbidirono veloci, allontanandosi a passo svelto nella direzione opposta ai duellanti.

«Chi è che si nasconde?» Gli domandò provocatoriamente.

Tomas sorrise. «Io mi nascondo? Da chi esattamente? Dalla tua faccia di cazzo?»

«Sei solo un bambino, Tomas Murphy.»

«E tu sei un troglodita.»

«Come vuoi.» Scosse le spalle l'altro. «Sei solo geloso.» Non riuscì a trattenersi.

Il sorriso sghembo sul volto di Tomas gli fece venire il voltastomaco.

Era come se aspettasse solo quello. La miccia che avrebbe portato a detonazione l'esplosivo.

«Geloso? No, io non sono geloso, Kuran. Io sono incazzato nero. Ma te che ne sai? Non te n'è mai fregato un cazzo. La bella Summer per cui piangevi tutte le tue lacrime fino all'altro ieri l'hai già dimenticata? »

L'altro divenne ancora più pallido, i capelli sottili piovevano fitti sopra gli occhi allungati mentre le sue iridi nere fremevano di collera

«Non osare mai più pronunciare il suo nome.» Strinse i pugni avvicinandosi minacciosamente.

UMANA ∽ L' Antico PotereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora