4. Partenze e addii

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La notte prima della partenza fu insolitamente tranquilla. Dopo due giorni frenetici finalmente gli animi si erano acquietati. Gli zaini erano stati preparati, le armi erano state riconsegnate ai legittimi proprietari ed era stata anche garantita loro una piccola scorta di titanio, da usare solo per le emergenze. Tutto era pronto.

Il gracidare delle rane era assordante, quella sera. Rapì il sonno dei ragazzi e non li lasciò riposare nonostante la stanchezza.

In alto, nel cielo, ogni tanto qualche meteora schiantandosi contro l'atmosfera prendeva fuoco e rilasciava spettacolari scie luminose nella volta scura e abissale.

«Gli Antichi le chiamavano "stelle cadenti".» Commentò Kuran sedendosi a fianco a Shani. La ragazza si era rassegnata a passare la notte insonne. Non voleva svegliare Eva, così era uscita di soppiatto dalla tenda e ora se ne stava seduta, con le gambe allungate davanti a sé, a rimirare lo spazio alla disperata ricerca delle loro arche.

Non erano poi così lontane. Perché nessuno riusciva a scorgerle? Enormi città galleggianti nello spazio, eppure invisibili dal pianeta Terra. Il paradiso perduto di chi era caduto all'inferno

«Lo so. Ma non mi aspettavo fossero così belle. E così brevi. A volte non fai davvero a tempo a esprimere un desiderio. Chissà come facevano...»

«Il trucco è pensarlo già prima. Poi ripeterlo all'infinito nella propria mente mentre fissi lo spazio.»

La ragazza lo guardò meravigliata.

Diceva sul serio o la stava solo prendendo in giro?

Kuran era bellissimo, con quel volto pallido che neanche il sole estivo era riuscito a scurire e quei capelli mori, lisci, che gli ricadevano sugli occhi neri a mandorla.

«E tu cosa desideri veramente?» Non riuscì a trattenersi, sebbene sapesse che l'introversione del compagno e la sua riservatezza avrebbero posto fine alla conversazione.

Summer, lui avrebbe sempre e solo desiderato la sua Summer. Lo sapevano tutti, era stato proprio lui a confessarlo.

Kuran arrossì, si sgranchì le gambe e si rimise in piedi.

Lei però fu più rapida, si drizzò di scatto e l'afferrò per un braccio, impedendogli di allontanarsi.

«Scusami, non volevo...davvero, non so cosa mi sia preso, sono sempre così impulsiva io...»

Il suo bacio la folgorò.

Sentì le sue mani bollenti che le tenevano stretto il volto, le labbra morbide adagiate sulle sue, il respiro tiepido sulla pelle, la sua lingua che cercava di aprirsi un varco, i capelli sottili che le sfioravano la fronte.

I loro cuori cessarono di battere mentre quel breve contatto incendiava la loro anima.

Durò giusto il tempo di una stella cadente.

Poi entrambi si allontanarono, con gli occhi lucidi e la bocca ancora socchiusa.

Anche la notte adesso sembrava improvvisamente tesa e silenziosa.

Il pilota sapeva che non avrebbe potuto scappare, stavolta. Le doveva delle spiegazioni. Era giusto così. Ma era totalmente nel panico, non riusciva nemmeno lui a capacitarsi del disastro che aveva appena commesso. Era forse impazzito? Cosa diavolo gli era preso?

«S-s-scusa.» Balbettò portandosi una mano alla fronte, intontito.

Fu felice di non ricevere alcuna risposta. Corse via, verso la sua tenda, senza voltarsi indietro.

Shani nel frattempo si chiese se la superstizione degli Antichi non le avesse giocato un brutto tiro: era appena stato esaudito un suo desiderio. Ma un desiderio passato.

UMANA ∽ L' Antico PotereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora