2. Il diario di Luis

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«È in piedi, nel caso te lo fossi chiesto.» Gli occhi di Hans scrutavano arcigni il volto del suo ex-comandante, intento a riparare l'architrave di una casa con chiodi e martello.

Era appena smontato dal turno di notte e si era subito messo all'opera, offrendosi volontario per conto di una delle giovani madri del villaggio, troppo impegnata con il suo bambino e il lavoro negli orti per occuparsi della ristrutturazione della propria dimora.

La fronte grondava sudore e i suoi muscoli sporgevano da sotto la maglia umida.

Le parole del ragazzo non lo scalfirono minimamente.

«Bene. Più tardi vi convocherò per una riunione.» Rispose laconico.

«Mi prendi in giro, Rik?»

Quello gli rivolse uno sguardo gelido che lo ammutolì.

«No, dovremo andare in missione.» Anticipò.

«Cosa? Come? Chi, noi? Ma Eva non...»

«Lei non verrà.»

Hans annaspò.

«M-ma non è pericoloso...?» Balbettò il ragazzo, strabuzzando gli occhi.

«Ne riparleremo dopo. Diffondi la voce.»

Il rumore del ferro tornò a essere l'unico suono a spaccare il silenzio. Un muro invalicabile era appena stato eretto e per quanto il giovane Titans volesse oltrepassarlo, sentiva che non era ancora giunto il momento.

A Ulrik serviva ancora tempo.



Eva zoppicò a fatica verso la sedia lasciata libera dal compagno. Ogni passo era una coltellata al fianco sinistro. La stampella non l'aiutava per niente e l'istinto di portare una mano all'addome, come per cautelarsi da un colpo proveniente al di fuori di sé, peggiorava la situazione. Perché la cicatrice era ancora viva, infuocata e anche solo sfiorarla pareva una provocazione riprovevole.

Si sedette sospirando e penetrò con gli occhi umidi per lo sforzo il mostro che aveva di fronte, senza timore o rispetto, ma con un evidente odio che le proveniva dal cuore.

«Evangeline. Ovvero portatrice di buone notizie. La messia, potremmo dire.» Scherzò il vecchio.

Nessun sorriso comparve sul volto della ragazza, nemmeno un accenno.

«L'oppio non fa effetto, a quanto pare, provi ancora molto dolore.»

«Non uso l'oppio.»

L'anziano la guardò sorpreso. «Ero convinto di averne offerto una scorta generosa alla tua amica. Non te l'ha fatta pervenire?»

«Quando adopero quel veleno, vedo mia sorella.» La voce di Eva, nonostante il corpo rachitico, sempre più minuto, era forte e decisa, in netto contrasto col suo aspetto. Questa era una delle caratteristiche che colpiva di più i suoi interlocutori. «Ma mia sorella non è qui. Quella visione non è reale. Io non la rivedrò mai più. Non voglio illudermi.»

Era la prima volta che i due si parlavano direttamente. Gli scambi che avevano avuto erano stati brevi e burrascosi. Aniruddha si incolpava ancora per il modo goffo in cui aveva fatto irruzione nella tenda della ragazza, con l'intento di iniettarle una dose di antidolorifico mentre dormiva.

Non sia aspettava riconoscenza per averle salvato la vita. La sua era stata una decisione dettata dal puro e semplice egoismo. Se avesse davvero voluto salvarla, l'avrebbe attaccata all'unica macchina sopravvissuta all'atterraggio e le avrebbe iniettato dosi così elevate di titanio da farle rimarginare tutte le ferite interiori ed esteriori, regalandole finalmente la pace.

UMANA ∽ L' Antico PotereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora