25. Ritorno

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Erano le luci dell'alba quando Ulrik fece ritorno.

Nello scorgere la sua figura, Lara non ebbe alcun dubbio. Iniziò a suonare impetuosamente la campana, con un sorriso a trentadue denti dipinto sul volto e gli occhi che brillavano di commozione.

Il ragazzo, ingobbito dal peso spropositato degli zaini che portava uno sulla schiena e uno sull'addome, rispose con un lieve cenno del capo.

Appena varcò l'ingresso, si liberò del suo fardello e si stiracchiò le membra dolenti, fissando il cielo azzurro sopra la sua nuca, anch'egli incredulo della missione che aveva appena portato a termine.


Se l'era vista brutta un altro paio di volte. Non sapeva spiegarsi razionalmente come avesse fatto né a trovare il fatidico villaggio abbandonato, né a tornare indietro.

In quel paesino aveva fatto scorta di titanio, ce n'era in abbondanza in una vecchia farmacia sprofondata nel terreno e completamente inglobata sotto le spesse radici degli alberi. Aveva poi rovistato tra le macerie in cerca di suppellettili utili, vestiti o tessuti, qualsiasi cosa potesse servire ai sopravvissuti. Aveva riempito le borse a dismisura, incurante del peso che sarebbe stato costretto a portare. Poi aveva finalmente dormito, sotto un magnifico cielo stellato.

L'aveva sognata, Maisie, i lunghi capelli corvini, quegli occhi in titanio blu come l'oceano. L'aveva sognata quando era ancora dolce, terribilmente romantica e un po' maliziosa. Rideva e scherzava in quell'incubo, lo prendeva per mano e cercava di trascinarlo altrove. Ulrik la fissava in silenzio, immobile. Per una volta non era vestita di bianco, indossava la divisa dell'Accademia, che non riusciva però a contenere le sue forme generose. L'aveva tratta a sé, cogliendola di sprovvista, col fiato sempre più corto e gli occhi già increspati di lacrime.

"Non ti amo..." Le aveva confessato con la voce che tremava di rimpianti.

Era un sogno o un ricordo? Non avrebbe mai saputo dirlo.

Lei gli aveva sorriso, paziente, con quei denti bianchi e luminosi come le stelle nel cielo.

"Il mio amore basterà per entrambi."

Si era svegliato venti ore dopo, completamente intontito dal lungo sonno. Era confuso, non si ricordava dove fosse, che giorno fosse, perché il cielo fosse ancora così scuro.

Aveva l'impressione che i lupi l'avessero seguito durante tutto il suo tragitto. Non ne capiva il motivo, non aveva sprecato proiettili per loro, si era lasciato accompagnare a debita distanza.

Quella sera rivide quegli occhi verdi e quel manto argentato. Erano stati loro a destarlo.

Ma nemmeno stavolta l'attaccarono.

Comprese però che era giunto il momento di fare ritorno: se fosse rimasto lì ancora a lungo, alla fine avrebbe vinto lei. Avrebbe vinto Maisie.

E lui sarebbe morto.





«Rik!» Shani accorse da lui, fece per abbracciarlo, poi si fermò a un palmo dal suo viso, colta da un improvviso imbarazzo. Alla fine, cedette, gli avvolse le mani dietro il collo e lo strinse a sé.

Lui rispose con qualche pacca un po' impacciata sulla schiena della compagna.

«Sono ancora incazzata, ma sono felice che tu sia vivo.» Lo accolse la guerriera.

L'altro annuì.

Si fece avanti anche Hans, con gli occhiali appannati e le mani che tremavano.

Il comandante gli prese affettuosamente una spalla, ma quello mantenne il capo chino.

UMANA ∽ L' Antico PotereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora