41. Il crollo

1.2K 112 173
                                    

Rastrellarono tutti gli edifici. Riempirono gli zaini fino a faticare a chiudere le cerniere, imbottirono tasche interne ed esterne di giacche e pantaloni e comunque trovarono il modo per nascondere qualcosa anche per loro, anche se era proibito al villaggio possedere oggetti personali. Ma nessuno era molto ligio a quella regola. Shani trovò un paio di jeans corti della sua taglia avvolti in una carta da pacco imbottita a sua volta da poliestere, forse un ordine che nessuno aveva mai fatto in tempo ad aprire, forse un regalo che non era mai stato consegnato. Li indossò subito, liberandosi della sua divisa dell'Accademia, più lercia che mai. Trovò anche una felpa da bambina per Eva e se la legò in vita. Bea raccolse un cerchietto dorato, Hans consultò alcuni volumi troppo corrosi per essere leggibili e Tomas frugò ovunque per cercare del tabacco. E fu fortunato. Jago Martimer aveva ragione: era impossibile immaginare quante cose si potessero conservare grazie alla plastica da imballaggio.

Quando uscirono erano appesantiti, ma con il cuore leggero.

Gli uccellini cinguettavano nascosti tra i rampicanti, il cielo era terso, senza nemmeno una nuvola, e la pantera, in mezzo alla strada, si stava leccando con indolenza la pelliccia nera come il petrolio.

Di Ulrik e Kuran non v'era ancora traccia, così decisero di avviarsi verso la centrale elettrica, trasportando a fatica i loro zaini e quelli dei due compagni, ricolmi anch'essi di scorte di titanio.

Tornare fin lì sarebbe stata un'impresa, probabilmente non avrebbero avuto altre occasioni, anche se dubitavano riguardo la clemenza dei capi villaggio: non avrebbero permesso loro una lunga pausa dopo quella missione, nonostante la fatica che essa aveva comportato. Ma era poco probabile che li avrebbero rispediti di nuovo fin laggiù. Inoltre c'era sempre la minaccia degli Antichi: anche loro potevano scoprire quel piccolo villaggio turistico e raffazzonare tutto ciò che non erano riusciti a recuperare.

La centrale era poco distante, a ridosso della montagna. Le parabole sbocciavano pallide, enormi fiori d'alluminio che riflettevano la luce del sole e brillavano con arroganza in mezzo a tutto quel verde stucchevole.

Le centraline erano state completamente seppellite dagli arbusti, solo una era parzialmente libera ai lati. Quello era il posto presso il quale si trovavano i due ragazzi, in silenzio, appoggiati al muro di cemento con lo sguardo perso sul terreno circostante.

Erano inquietanti. Sembravano due statue messe a guardia della cabina.

«Rik!» Hans richiamò l'attenzione del comandante, gli altri lo seguirono sbuffando. Erano via da ore e non avevano dato loro nemmeno una mano. Il sole pomeridiano presto sarebbe calato e non potevano restare lì molto a lungo. Dovevano trovare una zona più riparata dove accamparsi.

Erano al sicuro solo nella foresta: questa era la prima regola. Inoltre dovevano andare a recuperare Eva. Erano già passati due giorni...

Quando furono vicini abbastanza per vederli in volto, si ammutolirono.

Kuran si chinò a terra nascondendo la testa in mezzo alle ginocchia. Non emise alcun rumore anche se era evidente dai singulti della sua schiena ossuta che stava piangendo.

Il volto del comandante era completamente anedonico. Gli succedeva spesso quando le emozioni erano troppe e troppo forti. Non riusciva né a decifrarle né a esprimerle adeguatamente. Si portò una mano sul petto, in attesa di una sua reazione. Come al solito, nulla.

«Cos'è successo? Non siete riusciti a comunicare?» Il professore si avvicinò ai due, sempre più turbato. Gli altri mantennero la distanza col cuore in gola.

Quelle lacrime potevano voler dire una cosa sola.

Una sola.

E anche Bea, che non faceva parte della loro arca e a cui forse non gliene sarebbe dovuto fregare nulla di quelle comunicazioni, ebbe un tremito. Perché nonostante fosse nata sulla Terra, nonostante suo padre appartenesse a un'altra arca, nonostante tutto, era pur sempre una Titans, era una di loro. Vedere gli occhi dell'uomo che amava così privi di vita, il suo volto così cereo, le sue occhiaie così profonde e la bocca ridotta a una sottile fessura, la fece vacillare.

UMANA ∽ L' Antico PotereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora