L'ora della nanna

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«dove vai?»

Sara sussultò e si voltò di scatto verso la porta, tranquillizzandosi quando ci vide poggiato Niccolò con una spalla.
Si vedeva che lui si era alzato da neanche un minuto, aveva gli occhi chiusi in due fessure per la luce del sole e ancora il volto che chiedeva di tornare sul cuscino.

«a lavoro, dove vuoi che vada?» rispose ovvia la bionda mentre afferrava la borsa e poggiava la tazzina di caffè nel lavandino.

Stava per avvicinarsi alla porta, ma Niccolò le bloccò piano un braccio e la richiuse, una mossa che effettivamente lei prevedeva ma non ci sperava.

«è venerdì, inizi dopo pranzo» disse il moro cacciando un sospiro nervoso.

«mi sono fatta spostare il turno di mattina e questo pomeriggio sono a casa, qual è il problema?»

«il problema è che ieri hai detto la stessa cosa, ripetendomi che avremmo parlato questa mattina dato che poi di sera saresti stata stanca.
Senza tralasciare che è la seconda volta che non mi svegli nemmeno per uscire» iniziò ad elencare lui con voce più seria, la speranza che aveva appena alzato di tornare a stendersi poco dopo già se n'era andata, anche perché quando si svegliava nervoso non riusciva più a prendere sonno.

Sara in quel momento si sentì seriamene in colpa, le veniva automatico ultimamente fare quei gesti, eppure solo allora si rese conto che stava per superare il confine, stava tirando un po' troppo la corda ed era ben consapevole che Niccolò non andava per nulla d'accordo con la pazienza.
Lasciò andare sul pavimento la borsa e si gettò senza preavviso tra le sue braccia, come forse non faceva da un po'.
Teneva le braccia annodate alla sua vita e la testa sul suo petto, e nonostante non avesse detto una parola quell'abbraccio non fu da nulla.

«mi danno fastidio questi tuoi comportamenti distaccati» disse il moro poggiando una mano sulla sua testa e accarezzando di poco i capelli.

«lo so»

«e perché non la smetti?»

«non lo so..»

Ci fu silenzio per determinati minuti, nessuno dei due intendeva parlare o smuoversi, ma col silenzio non avrebbero risolto nulla.

«se mi accompagni abbiamo il tempo di parlarne..» propose la bionda cercando di risolvere quella mattina iniziata male.

«no, tra mezz'ora devo scendere per andare a fare una cosa»

«dove?»

«a lavoro, dove vuoi che vada?» recitò lui facendo le virgolette con le mani, per poi staccarsi e salire di nuovo le scale verso il piano di sopra.

Lui doveva davvero uscire, doveva raggiungere lo studio e finire di comporre un pezzo che poi avrebbe inciso una cantante che era allo stesso tempo una sua cara amica.
Era solo ad un quarto della canzone, gli serviva concentrazione e tutta la situazione che si stava creando non aiutava.
Sara rimase lì, con la borsa ancora sul pavimento, le braccia cadute ai lati del bacino e le labbra schiuse.
Mandò giù con difficoltà quel nodo che le si era creato alla gola ed uscì di casa, un po' se l'era meritato, ma sperava che la sua 'punizione' non durasse in eterno bensì solo quella mattina.

[...]

L'ospedale non era mai stato un luogo particolarmente calmo e con una bella atmosfera, e di questo ovviamente Sara ne era stata sempre cosciente.
Però in quel corridoio c'era sempre stata tranquillità, tanta calma, forse perché nelle stanze che ne facevano parte c'erano pazienti che non avrebbero mai voluto trascorrere i loro ultimi giorni con del fracasso intorno.
Una di loro era quella ragazza che dormiva a pochi centimetri da Sara, la quale era seduta su una sedia e col gomito poggiato al materasso nell'attesa che lei si svegliasse.
Poco dopo vide che Marta fece una piccola smorfia di dolore e poi aprì lentamente gli occhi, dando spettacolo di quelle due pozze d'acqua chiare.

«buongiorno dormigliona, riposata?» chiese la bionda scompigliandole un po' i capelli e alzandosi dal posto.

«buongiorno.. si, per quanto posso si» rispose con voce ovattata la ragazza mentre strofinava un occhio.

«nel caso così non fosse, ho buone notizie.
Dato che il dottore specializzato nel tuo reparto purtroppo non arriverà prima delle undici, per questa mattina scalerà un po' l'orario dei controlli, contenta?»

Marta annuì sorridendo e si mise seduta, ogni mattina fare quei 'controlli' appena aver aperto gli occhi non era il miglior modo per svegliarsi indubbiamente.

«abbiamo ancora un po' di tempo adesso, ti va di raccontarmi qualcosa?» iniziò discorso Sara prendendo posto insieme a lei sul letto.

Sara era sempre stata una brava dottoressa, indubbiamente anche in ambito lavorativo, ma quando era libera facevano a gara per affidarle degli interventi o dei pazienti, era una persona molto buona e faceva sentire a suo agio anche la persona più scoraggiata.

«come vuoi..»

E dopo che Marta acconsentì a quella proposta, le due iniziarono a conversare.
Ovviamente agli inizi fu Sara a fare domande, ad iniziare discorsi.. infondo la ragazza era molto timida e non riusciva mai ad aprirsi bene, non che qualcuno glielo chiedesse.
La bionda di chiedeva come quella ragazzina così dolce e solare potesse non sorridere mai, ma davvero mai.
In quei due giorni aveva sempre lo sguardo spento, non rideva, niente di niente.
Solo dopo aver iniziato quella conversazione vide ogni tanto le sue labbra curvarsi in sorrisi involontari, come desiderava.

«cosa ti piacerebbe fare da grande?»

Quella domanda era un po' azzardata, indubbiamente.
C'era la possibilità che Marta da un annetto a quella parte neanche avrebbe avuto la possibilità di farcela, ma essendo tanto giovane aveva le stesse possibilità di riuscire a sconfiggere la malattia.

«oh io.. non so dirti, non vado a scuola da tanto» sussurrò lei con un tono di voce più basso e gli occhi che iniziarono a riempirsi di lacrime.

«non c'è bisogno di avere un libro davanti per sognare.
Si chiamano sogni perché nella tua testa possono esistere in qualsiasi modo tu voglia, poi nella realtà è un altro conto»

La ragazza ci pensò un po' su, ormai non sperava più in nulla e non sognava più nulla, però in quel momento sembrò tutto diverso.

«mi piacciono molto i bambini, i bimbi piccoli»

«davvero?» chiese incredula Sara mentre nella sua mente l'immagine di un'altra persona si faceva spazio.

Angelica aveva deciso di intraprendere la laurea per essere appunto una maestra delle elementari da molto per la stessa motivazione, e Sara, avendo una ragazza quattordicenne davanti con lo stesso sogno di sua figlia alla sua età, non potè far altro se non sorridere istintivamente.

«ti va se uscissimo per poco? Sempre nell'ospedale ovviamente, ma andiamo in un reparto diverso» propose la bionda alzandosi.

Marta annuì brevemente e si alzò anche lei, ovviamente molto più lentamente e con un pochino di fatica, però cercò di farlo quanto più abilmente possibile.
Afferrò la mano di Sara e le due presero l'ascensore per arrivare al secondo piano, precisamente nel terzo corridoio.
Lei scambiò due parole con un'infermiera, poi fece entrare Marta in una stanza.
Appena la ragazza si ritrovò nel nido dei neonati, con tante cullette una vicino all'altra, non potè fare altro se non sorridere intenerita e cercare di avvicinarsi un po'.

«dovrebbe essere l'ora della nanna, ma qualche piccola pulce ancora non vuole dormire» spiegò Sara indicando alcuni bimbi con gli occhietti aperti.

«sono così belli»

«già..»

Tutto quel parlare di bambini però, non potè non farle portare il suo pensiero alla creatura che stava crescendo nella sua pancia.
Portò delicatamente e per pochi secondi una mano lì, poi ricordandosi di quella litigata con Niccolò di prima mattina, la spostò automaticamente.

«non pensavo che appena arrivato il mio benvenuto sarebbe stato farmi quattro rampe di scale dato che la mia paziente se ne va in giro per l'ospedale, dottoressa Ferrara»

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