Come se non le appartenesse più

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Tante persone sembrano conoscere quella sensazione di quando stai perdendo qualcosa, di quando tante piccole cose ti stanno sfuggendo dalle mani.
Un paragone potrebbe essere la sabbia, quei piccoli granellini di sabbia.
Sono così piccoli e oggettivamente poco significanti che il contatto con essi lo sentiamo appena, eppure quando diventano tanti, quando pian piano quella manciata di granellini sta scivolando dalle tue mani, percepisci che qualcosa non va.
Sara si sentiva esattamente in quel modo, sentiva tanti piccoli granellini sfuggirle dalle mani mentre al mondo esterno uno in più o uno in meno non farà mai poi così tanta differenza.
Si voltò sul fianco e serrò le labbra nel vedere Niccolò girato di spalle.
Osservò la sua schiena nuda e un piccolo sorriso si dipinse sul suo viso ingenuamente, lei stava congelando e aveva sia una felpa che il piumone, lui aveva sempre avuto il vizio di stare senza un qualsiasi indumento di notte dalla vita in su, gli dava fastidio tutto.
Allungò una mano nella sua direzione e le fece anche paura anche quella sensazione di sfiorare la sua pelle, come se non le appartenesse più.

Non riuscì neanche a controllare l'esatto istante in cui i suoi occhi si riempirono di lacrime, dato che dopo pochi secondi stavano già scorrendo sul suo viso come se nulla fosse

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Non riuscì neanche a controllare l'esatto istante in cui i suoi occhi si riempirono di lacrime, dato che dopo pochi secondi stavano già scorrendo sul suo viso come se nulla fosse.
Si alzò di fretta e scese al piano di sotto, odiava quelle crisi dell'ultimo periodo, si faceva problemi inesistenti e li faceva diventare realtà, ma non poteva perfino giocarsi il suo matrimonio perché non era dell'umore.
Si bloccò poco prima di entrare in cucina e osservò la luce accesa, possibile che Simone fosse già sveglio?
Stava andando nettamente male a scuola, eppure non saltava neanche un giorno, e ciò la confondeva ancora di più.
Si guardò per poco intorno e poi ritenne come soluzione l'unica presente in quel momento, uscire.
Si preparò in neanche cinque minuti, afferrò la borsa e uscì con quel freddo insopportabile di gennaio, che non sapeva se amare o odiare.

«che mi prende..» balbettò mentre il vento freddo batteva sul suo viso, facendola rabbrividire per le lacrime che con quel contatto iniziarono a farla quasi congelare.

Non sapeva neanche dove stava andando, dove le sue gambe l'avrebbero portata senza una direzione, e non sapeva neanche per quanto tempo camminò.
Forse un oretta, la spiegazione più probabile per cui si ritrovò molto vicina al parchetto di sempre, quel parchetto.
Erano anni che non ci metteva neanche piede, e a dirla tutta si sorprendeva per come fosse ancora in piedi.
Non era più bello come una volta, c'era molto meno gente, ma lei in quel posto aveva racchiuso tanti ricordi così importanti per lei che non erano neanche quantificabili.
Camminò per qualche metro nella speranza di vedere ancora quel piccolo angolo, quella panchina dove il suo cuore aveva iniziato a battere un po' più forte dai suoi diciassette anni in poi.
Quel battito forte non lo sentiva più, e nel vedere davvero quella panchina davanti ai suoi occhi, si rese conto di quanto in quel momento desiderasse tornare indietro.
Si sedette lì con una lentezza disarmante, e il fatto che sentiva le stesse sensazioni di quando prendeva posto su una comune sedia non era da nulla.

«se fossi io il problema..» sussurrò con i lacrimoni agli occhi.

Si sentiva una bambina in quel momento, si sentiva strana, come se non fosse più quella di un mese prima, e non sapeva neanche il perché.
Che non provasse più amore?
Impossibile, Niccolò era l'amore della sua vita e non si smette di amare da un giorno all'altro, senza motivazione.
Era certa di amarlo; e allora perché nella sua testa c'era così tanto casino?
Eppure ciò che la faceva più incazzare, era vedere lui che non aveva i suoi stessi problemi.
Lui che l'amava come sempre, lui che non si faceva tutte quelle paranoie.
Lei lo sapeva bene cosa le stava succedendo, lo sapeva perfettamente e ne aveva la prova netta, era forse quella la motivazione per cui di colpo si era allontanata?
Ad interromperla fu il suo telefono che squillò, ma pian piano iniziò a vedere leggermente sfocato.
Avrebbe lasciato perdere e si sarebbe presa un attimo per riprendersi, ma la stava chiamando una delle professoresse di Simone, non poteva non rispondere.

«pront-»

«Signora, finalmente ha risposto!»

Sara si poggiò una mano sulla fronte all'istante, sentire la professoressa urlarle in un orecchio per poco non la fece svenire di colpo.

«cosa è successo?»

«ma come cosa è successo!
Si rende conto che ho beccato suo figlio in una lite pesante per la quinta volta in una settimana nei corridoi!?
Nelle precedenti ho provveduto con una nota, ma da oggi devo prendere seri provvedimenti»

La professoressa attese qualche secondo che Sara rispondesse, eppure non ebbe nessuna risposta.

«signora? È ancora in linea?»

Non avrebbe mai ricevuto una risposta probabilmente, dato che una Sara svenuta all'istante non aveva neanche la capacità di aprire gli occhi, figuriamoci di parlare.

[...]

«Dio santo ludovica, sto bene, mi lasci andare?»

«non stai bene Sara, quindi gentilmente rimettiti su quel letto e non muoverti»

La bionda roteò gli occhi al cielo e tornò a sedersi sul letto, fissando senza altro da dire la punta delle sue scarpe.
Non ricordava esattamente per quanto svenne nel parchetto, ma sapeva solo che appena riprese un minimo di coscienza chiamò subito ludovica, l'infermiera dell'ospedale con cui però aveva abbastanza confidenza ormai da anni.
Era una ragazza molto giovane, aveva ventisei anni e fin da subito dopo la laurea in infermieristica aveva iniziato a lavorare in quel posto.

«davvero Ludo, lo so bene che cos'ho, molla quelle analisi perché non servono»

«se lo sai perché non me lo dici?
E comunque punto uno ho quasi finito, e punto due tra dieci minuti arriva Niccolò»

Sara sbarrò gli occhi e le si gelò il sangue nelle vene nel sentire quel nome, anche solo l'idea che Niccolò sapesse cosa fosse successo le faceva girare nuovamente la testa.
Lui non doveva saperlo, non per il momento, voleva aspettare per analizzare di più la situazione.
Ormai però non sarebbe più stato un segreto, ludovica aveva tra le mani le informazioni sul suo stato di salute e stava tranquillamente leggendo tutto.
Appena la ragazza lesse cosa aveva effettivamente Sara, strabuzzò gli occhi e alternò lo sguardo tra la bionda e i fogli.

«ma tu.. lo sapevi già?» balbettò non sapendo cosa dire.

«certo che lo sapevo, sono una dottoressa, è il mio corpo e non sono nata ieri, ma doveva rimanere una cosa che dovevo sapere solo io..»

«Sara non puoi risolvere da sola, ragiona un attimo per favore..»

To be continued..

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