Febbre

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Capitolo 1

Diverse volte non ci accorgiamo che esistere, non vuol dire davvero vivere

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Diverse volte non ci accorgiamo che esistere, non vuol dire davvero vivere.
Apriamo gli occhi perché ci viene naturale farlo, respiriamo perché abbiamo aria nei polmoni, trascorriamo la giornata perché è nostra abitudine.
Il bello però, viene quanto tutto questo lo fai con una motivazione precisa.
Niccolò la mattina presto apriva gli occhi solo per guardare dormire ancora un po' la donna della sua vita e sua figlia, più volte chiudeva gli occhi e respirava a pieni polmoni quel buon profumo di casa che lo portava via dalla realtà, trascorreva le sue giornate con un sorriso stampato sulle labbra perché era semplicemente felice.
C'erano sempre quelle piccolezze che portavano il cattivo umore, ma poi gli bastava guardare quei due angeli che aveva con sé ogni giorno e passava tutto, tutte le sue ansie di spegnevano come per incantesimo.
Anche quando tornava stanco da lavoro avendo lavorato più del solito, la stanchezza svaniva quando sua figlia correva tra le sue braccia e gli chiedeva di giocare o guardare la tv insieme.
Per Sara era lo stesso, amava alla follia quella piccola creatura messa al mondo solo con le sue forze e che cresceva insieme all'uomo che amava.
Dopo tutti quegli anni il suo amore nei confronti di Niccolò non era neanche lontanamente svanito, ogni giorno si rendeva conto di provare ancora quel fortissimo sentimento che aveva anche quando si baciavano di nascosto nelle aule vuote.
Quei tempi sembravano ed erano davvero molto lontani, quando la mente era vuota da qualsiasi responsabilità e l'unico pensiero era passare più tempo possibile insieme, anche a costo di baciarsi fino a perdere il respiro nascosti dal mondo.
Quei tempi però erano passati, e anche se molte cose non sarebbero più tornate, adesso avevano mille lati positivi in più su cui basarsi.
Quella mattina di prima estate Niccolò aprì come suo solito gli occhi circa verso le nove, ma ciò che lo fece svegliare era una strana sensazione.
Infatti, Sara non era più stretta tra le sue braccia come ogni mattina, la sua parte del letto era vuota.
Si mise seduto e stropicciò di poco gli occhi, poi udì un leggero pianto dal corridoio.
Quella vocina l'aveva sentita così tante volte che l'avrebbe riconosciuta ovunque, ma la domanda era, perché Angelica piange di prima mattina?
Anche senza maglia e con solo dei pantaloncini indosso si alzò dal letto, raggiunse velocemente la camera della piccola e cacciò un sospiro nel vedere Sara seduta ai bordi del suo letto.
Angelica l'abbracciava e con la testolina sul suo petto cercava di trattenere le lacrime, mentre sua madre le lasciava svariati baci sul capo e le accarezzava i capelli.

«ehi, che è successo principessa?» chiese Niccolò avvicinandosi alle due.

«mi fa tanto male qua» rispose la piccola indicando la sua testa, Sara quindi specificò che aveva un po' di febbre.

Niccolò guardò il termometro sul comodino che segnava 39.1, poi sospirò rumorosamente.

«vuoi stare un po' con papà? Intanto ti faccio il latte» le chiede Sara spostandole qualche ciocca di capelli chiari dal viso.

Angelica annuì e si tuffò tra le braccia di suo padre, mentre Sara prese il ciuccio dal comodino.
Ci mise un po' di miele dal barattolino e lo diede alla piccola, aveva quasi quattro anni eppure assolutamente nulla le aveva fatto perdere il vizio di tenerlo, neanche le peggio storie inventate, come quella dei vermicelli che in realtà erano semplici chiazze di caffè.
Niccolò le fece poggiare la testa sulla sua spalla e la strinse forte, non riusciva a capire come avesse fatto a prendere la febbre proprio nel mese di giugno.
Iniziò a canticchiare una melodia improvvisata con la sua voce intonata e calda, inutile dire che nel giro di cinque minuti Angelica era di nuovo le mondo dei sogni.
La portò nella loro camera da letto e le rimboccò per bene le coperte, sapeva quanto amava dormire nel lettone di mamma e papà, come lo chiamava lei.

«si è addormentata?» chiese Sara vedendo arrivare Niccolò in cucina.

Lui non rispose neanche, le tolse la bottiglia di latte dalle mani e la baciò.
Lei non si oppose, quella mattina si era svegliata di botto sentendo sua figlia piangere dall'altra camera, non aveva neanche avuto il tempo di lasciare un bacio sulle labbra a Niccolò.
Il moro le accarezzò delicatamente la schiena con una mano mentre con l'altra faceva pressione su un fianco, erano soliti a dedicarsi almeno dieci minuti di attenzioni se Sara non doveva raggiungere di fretta lo studio medico, quindi voleva sicuramente recuperare.

«è un sì?» chiese la bionda appena, privi di fiato, si staccarono.

«sì, sta dormendo in camera nostra» rispose prontamente Niccolò accarezzandole una guancia.

«vado a riordinarle la stanzetta allora»

Lui però non la lasciò andare, bensì raggiunse il divano e la fece sedere sulle sue gambe.

«da quanto sei sveglia?» le chiese lasciandole un bacio umido sul collo.

«una mezz'ora, non smetteva di piangere..»

Sara sospirò e strinse un po' di più le braccia attorno al torace di Niccolò, come per scappare dalla realtà e rinchiudersi nel suo mondo.
Ogni tanto ancora non si capacitava che, nonostante anche lei ogni tanto avesse bisogno delle attenzioni di una bambina, era madre e, come lei ne aveva bisogno, ne aveva bisogno anche sua figlia.
Per sua fortuna però, appena avevano due minuti solo ed esclusivamente per loro, Niccolò non perdeva tempo a regalarle tutte le attenzioni che voleva.
Sfruttavano al meglio quegli attimi solo per loro, quella piccola scricciola era sempre nei dintorti.

«forse si sarà influenzata quando ieri è entrata in piscina anche col vento, era meglio restare a casa..»

«ama la casa fuori città, avrebbe imparato a guidare pur di andarci» disse Sara scoppiando a ridere e trascinando Niccolò nella sua stessa reazione.

Non avevano mai cambiato casa, lì era nato tutto il loro amore e per il momento non ne avevano intenzione, ma i genitori di Niccolò avevano una villa fuori città, ormai erano un paio d'anni che pagava lui le spese per passarci l'estate.
Infatti, da lì e pochi giorni entrambi avrebbero preso le ferie dal lavoro e quindi potevano perfettamente passare lì l'estate e tornare a San Basilio una volta che avrebbero ripreso la loro normale routine di vita.

«già, ieri ha fatto penare il povero spugna con le palette e i secchielli della spiaggia, gli saranno arrivati venti volte in testa»

«a proposito di spugna, ma dov'è?»

Sara si alzò e notò che la sua cuccetta nella stanza di Angelica era vuota, così iniziò a cercare.
Lo trovò dormiente vicino alla piccola nel letto, con la zampina vicino alla sua manina.
Sorrise intenerita e chiuse la porta della camera per non disturbare il loro sonno tranquillo, era raro vederli entrambi così calmi.
Come ci era finita in quella bellissima favola che poteva chiamare quotidianità?

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