Qual è il problema?

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«Niccolò non ti permettere!»

Sara non ebbe neanche il tempo di concludere la frase, dato che la sua voce fu coperta dalla cuscinata che le era arrivata in pieno viso.
Tolse il cuscino dalla sua traiettoria e lo puntò minacciosamente verso Niccolò, il quale la guardava con uno sguardo innocente, il labbro inferiore in fuori e le mani giunte.
Quel faccino però non servì a negare a Sara una vendetta come voleva, tanto che ripetè lo stesso gesto.
Appena i due sentirono il rumore dello strappo di un tessuto, si guardarono contemporaneamente, per poi portare lo sguardo sulla federa del cuscino, ormai rotta.

«che guerra sia!» disse Niccolò avvicinandosi a lei, per poi tirarla su per le gambe.

Sara cacciò un urlo e le venne automaticamente da ridere per quella mossa azzardata, più il tempo passava, e più gli sembrava di vivere costantemente con un bambino.

Si bloccò pochi istanti dopo, non appena realizzò che dal cuscino erano volate tutte le piume e che stavano tranquillamente atterrando sul pavimento, sui mobili e sul letto

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Si bloccò pochi istanti dopo, non appena realizzò che dal cuscino erano volate tutte le piume e che stavano tranquillamente atterrando sul pavimento, sui mobili e sul letto.

«dai Nicco fammi scendere, sono pesante»

Lui non la fece tornare sul letto, ma la prese semplicemente tra le braccia in modo da guardarla in viso, rigorosamente con una faccia confusa per quella frase.

«smettila» disse il moro scuotendo la testa e facendo stendere entrambi nuovamente sul letto, che in quel momento era coperto di piume.

Sara roteò gli occhi al cielo, per poi poggiare piano una mano sul suo viso e accarezzargli delicatamente una guancia.
Ricalcò il contorno del suo viso con un dito, e con quel contatto delicato, lui chiuse lentamente gli occhi.

«non sono più la diciassettenne bella da vedere in costume, Nicco» pronunciò spostando qualche piccolo ciuffo di capelli mori dalla sua fronte, ma Niccolò le bloccò la mano.

«qual è il problema?» disse lui corrucciando la fronte e guardandola da due fessure degli occhi.

La bionda sospirò e si allontanò di poco, prima di iniziare ad elencare tutti i particolari del suo corpo cambiati negli anni, i quali le facevano dubitare su quel poco di autostima che aveva.
Indicò la pancia che non era più piatta, ma aveva un leggero gonfiore; poi passò ai fianchi, dove c'erano le smagliature dovute alle precedenti gravidanze.
Abbassò di poco il suo jeans ricalcando con la mano quel lieve e sottile segno che ancora c'era dal cesareo, ed infine spiegò che odiava i fianchi più larghi, il seno più sceso, quelle due o tre rughette che le stavano iniziando a spuntare sul viso..
Per tutto il tempo Niccolò era stato ad ascoltarla in silenzio, voleva conoscere tutte le insicurezze che forse erano aumentate, per poi spegnerle come pochi istanti dopo.

«e perché dovrebbe renderti meno bella tutto ciò che hai elencato?
Poi tanti cambiamenti li hai avuti perché hai anche affrontato quasi tre gravidanze, ed è tutto normale.
Anche se poi la pancia più gonfia e le smagliature non fossero dovute ai bambini non dovresti comunque classificarle come un difetto, perché passare anni a vergognarti di te stessa se non ce n'è bisogno e non ti porterà a nulla?»

Lei rimanere a fissare il soffitto ragionando un po' su quelle parole, nonostante la risposta già pronta, come se fosse già stampata nella sua mente.
Sforzò un sorriso e gli lasciò un bacio sulla punta del naso, per poi alzarsi e recuperare la felpa ai piedi del letto.

«mi accompagni?» chiese poi voltandosi verso Niccolò, il quale per i primi secondi rimase con un espressione vaga.

Solo pochi istanti dopo rammentò che Sara quel giorno avrebbe dovuto indubbiamente lavorare, non poteva saltare un'altra giornata di lavoro dopo l'intero mese di dicembre trascorso su un isoletta nel mare per Natale e Capodanno.
A casa non era lo stesso senza Angelica, la quale aveva appena trascorso i primi mesi a Londra, quindi per quelle festività decisero di fare un viaggio.
Il moro annuì e anche lui si vestì dei pochi indumenti che gli mancavano, per poi afferrare le chiavi e salire in macchina.
Il tempo lo passarono un po' immersi nel traffico, un po' ad ascoltare musica, un po' a parlare..
Da quando la loro bambina se n'era andata da casa era tutto diverso, quei due tornadi che si ritrovavano come figli indubbiamente li assillavano a modo loro, ma erano anche quella parte di cui nessuno dei due riusciva a fare a meno.
Angelica però li chiamava molto spesso, sia lei che Cristian stavano bene, e in più stava andando nel migliore dei modi anche con gli studi.
Appena venti minuti dopo esser partiti da casa, Niccolò fermò la macchina proprio davanti all'ospedale in cui lavorava Sara.

«se torni a casa puoi fare una lavata di capo a Simone da parte mia? Mi sono dimenticata di dirti che ha preso l'ennesima nota» disse lei prima di scendere.

«la decima in una settimana?»

«già.. adesso vado, magari chiedigli se va tutto bene o se c'è una motivazione precisa riguardo alla sua collezione da record»

Sara si avvicinò per stampargli un bacio sulle labbra, poi scese dall'auto.
Dato che aveva già previsto quei dieci minuti di ritardo dovuti al traffico, aveva già indossato il camice a casa, così da non perdere ulteriore tempo.
Entrò nel suo studio e trovò un infermiera che la stava già attenendo, e in quel momento ebbe davvero il dubbio di aver fatto fin troppo tardi.

«ehi Ludo, che succede? Ho fatto troppo tardi?» chiese poggiando la borsa su un angolino della scrivania.

«oh no tranquilla, ti stavo aspettando perché mi hanno chiesto di comunicarti questa cosa» disse la ragazza porgendole una cartellina con alcuni fogli.

«abbiamo una ragazza di quattordici anni appena che è malata di leucemia, non capita spesso a pazienti così giovani, e dato che ha bisogno di qualche cura più specifica e approfondita, dovresti seguirla tu passo passo» continuò spiegando.

Sara annuì e rimase ad osservare ancora un po' i dati della ragazza trascritti su quei fogli, un po' per farsi un'idea della situazione, un po' per informarsi di più sul destino abbastanza crudo che era capitato a quella ragazza così piccola.
Essendo dottoressa da tanti anni indubbiamente non era la prima volta che vedeva gente star male anche per situazioni gravi, ma ogni volta era quello il lato brutto del suo lavoro, avere una sensibilità tale da mettersi sempre nei panni altrui.

«le informazioni personali? Qui ci sono trascritte solo quelle riguardo alla malattia» chiese la bionda poggiando la cartellina sulla scrivania.

«vado a prenderle e te le porto, comunque si chiama Marta, sta nella stanza numero quarantadue al terzo piano»

Sara annuì e uscì dal suo studio insieme all'infermiera, tanto valeva iniziarsi a conoscerle e farle capire che sarebbe stata lei ad aiutarla durante il suo percorso.

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