ESTATE 1430
Il sole filtrava attraverso le verdi foglie che facevano da chioma agli alti alberi del giardino e illuminava i visi sorridenti. Gli uccellini cantavano le loro sinfonie allegre e accompagnavano il suono del flauto. Gli inservienti continuavano a portare cibo e bevande e a depositarli sulla grande tavolata centrale. A vedere la scena dall'alto, sembrava un quadro, molto pittoresco. I colori sgargianti rifinivano il tutto e l'Estate sembrava essere prepotentemente entrata nelle vite degli abitanti della villa neoplatonica di Careggi, aveva spinto i suoi raggi nei loro petti e ora loro respiravano a ritmo della natura. Il grande giardino risuonava di voci mature che chiacchieravano e di grida acute e scalpiccio di piedi di tanti bambini che giocavano. Selene de' Medici pensò che non avrebbe desiderato altro se non trovarsi esattamente lì dov'era, con quelle stesse persone, con quello stesso identico amore che la circondava. Il mondo girava nella giusta direzione, finalmente. "Sorella, un altro po' di idromele?" a interrompere il flusso dei suoi pensieri fu una voce familiare. Sorrise all'uomo dai folti capelli e annuì, porgendogli il suo bicchiere. Marco Bello versò con eleganza il liquido nel contenitore e Selene portò quest'ultimo alle labbra, assaporandone il contenuto. Pace. Se avesse dovuto descrivere il suo mondo con una parola, quella allora sarebbe stata "pace". Non aveva più paura a dimostrare la sua felicità e le sofferenze del passato erano solo un brutto ricordo, un qualcosa che l'aveva forgiata e le aveva permesso di essere proprio ciò che era in quell'oziosa domenica pomeriggio. "Ho l'impressione che tua moglie non ci stia ascoltando" esclamò una voce gioconda. La ragazza si voltò lentamente verso il punto da cui proveniva e notò gli sguardi interrogativi di suo marito Lorenzo, di suo cognato Cosimo, della sua migliore amica Andrada e di colui che aveva parlato, Donatello. Scosse la testa e scoppiò a ridere. "No, confesso di non aver sentito nemmeno una parola!" rispose. Lorenzo alzò gli occhi al cielo e la risata fu generale. "Beh, era un lungo discorso, non credo che i nostri uomini qui abbiano voglia di ricominciarlo da capo". La informò Andrada. La moglie di Cosimo era bellissima come sempre. I riccioli neri le inondavano il volto e le arrivavano fin quasi alla vita. Il suo portamento era quello di una vera Signora e d'altronde, come poteva non esserlo? Andrada, che conservava ancora nello sguardo la fierezza del suo sangue Albizzi, era la moglie dell'uomo più potente di Firenze e la madre dei suoi due figli. Selene sapeva che nessuno più di sua sorella era adatto a quel ruolo e ogni giorno la osservava con più ammirazione. Il loro era però un rapporto alla pari: mai una volta, in quegli anni, alla giovane Salviati era pesato il ruolo dell'altra, mai una volta si era sentita messa da parte, mai una volta aveva avuto paura di perdere quella che ormai definiva la sua "àncora". Il bene che le legava era un qualcosa di incomprensibile all'animo umano, troppo profondo e catartico per poter essere interpretato. Si erano salvate a vicenda tante volte e la loro più grande vittoria era nella vita che conducevano. "Papà, papà...Francesco vuole essere il re! Ma sono io il re, perchè sono più grande, diglielo anche tu!" Una voce di bambino risuonò sulle altre. Cosimo, riconoscendola, si voltò a guardare il suo primogenito. Avrebbe voluto spiegare a suo figlio che non contava la maggiore età e che nel gioco tutti potevano essere dei re, ma si trovava un po' in difficoltà dato che lo stava crescendo con la convinzione che un giorno, essendo il suo primo e unico figlio maschio, avrebbe preso il suo posto come Signore di Firenze. Fu il fratello ad accorrere in suo aiuto. Lorenzo si sfilò le scarpe scalciandole sul portico della villa e corse verso il nipote, sollevandolo in aria e facendolo roteare. "Mio caro, mi dispiace per voi, ma l'unico vero re qui sono io! Yu-huuuuu!" Gridò gettandosi nella mischia di bambini urlanti e facendo loro il solletico. "E' sempre il solito..." mormorò Selene, che nel profondo si era però innamorata di quell'uomo anche e soprattutto per il suo carattere giocoso e allegro. Come volevasi dimostrare, i piccoli Medici si indispettirono e cominciarono a chiamare a gran voce i rispettivi genitori, per combattere contro lo "zio/padre re Lorenzo". Ben presto il giardino si trasformò in un parco giochi molto più vivace di prima con adulti che ridevano e correvano a nascondersi dai bambini che li rimproveravano perchè rischiavano di scivolare sull'erba fresca. Elsa Brunelleschi ammirava la scena dal suo scranno in pietra, sul quale era seduta e dal quale stava suonando un allegro motivetto con il suo inseparabile flauto. "Mamma, mamma...vieni anche tu a giocare!" Le gridò Beatrice, la quinta aggiunta alla sua già numerosa truppa. Insieme al fratello gemello Eros, era stata l'ultima nata nella famiglia un po' folle dei Brunelleschi. Filippo ed Elsa avevano vissuto momenti difficili in quegli anni, ma la loro numerosissima famiglia e l'allegria che li contraddistingueva avevano avuto la meglio, alla fine. La donna non si fece chiamare due volte e si unì al gruppo. Mezz'ora dopo, i bambini erano finalmente stanchi. Selene si lasciò cadere sull'erba respirando affannosamente e ridendo. "Ahhh...non abbiamo più l'età!" Esclamò in direzione di sua sorella, che annuì assolutamente d'accordo: Andrada aveva trovato un porto sicuro nella grande sedia a dondolo di vimini posta lì accanto e si teneva una mano sullo stomaco mentre cercava di inspirare e calmare il battito cardiaco accelerato. I bambini erano la bellezza di dieci pesti, le cui età erano le più disparate. Lorenzo li osservava stesi in mezzo al verde e si domandava come fossero stati capaci, loro adulti, di dare vita a una mandria così eterogenea e varia di piccoli esseri viventi. Solo tredici anni prima lui e suo fratello Cosimo erano i giovani figli di Giovanni e Piccarda de' Medici, ignari totalmente del potere che di lì a breve li avrebbe investiti e delle responsabilità nei confronti della loro città e delle loro future famiglie. Oltre a Beatrice ed Eros Brunelleschi, nati in una piovosa notte di Febbraio 1422, alle loro sorelle Sofia e Mia e ai più grandi Lorenzo Ugo e Giovanni de' Medici, i due cugini primogeniti rispettivamente di Lorenzo e Selene e di Cosimo e Andrada, animavano la scena in quel momento altri quattro bambini: la secondogenita e unica figlia femmina dei Signori di Firenze, Arianna, otto anni; Francesco Marco, nato appena un anno dopo il cugino Giovanni e secondogenito del più giovane dei due fratelli Medici e infine le due gemelle Andrada Rosa e Ginevra Anna, cinque anni, figlie dell'amore fra Lorenzo e Selene e tanto simili nell'aspetto quanto diverse nel carattere. I più grandi, Paolo ed Emma Brunelleschi, ormai sulla soglia dei vent'anni, da tempo preferivano non mescolarsi più con gli altri ed erano in quel momento impegnati a trangugiare le focaccine all'oliva che Michela aveva appena depositato sul tavolo. Nonostante lo stato interessante infatti, la servetta non aveva voluto sentire ragioni: non avrebbe mai abbandonato il suo lavoro fin quando fosse stata bene. La notizia della sua gravidanza, giunta dopo dieci lunghi anni dal giorno del matrimonio con lo stalliere Giuliano, era stata linfa per la felicità dei Medici, che ormai consideravano la buffa e dolce donnina una di loro. "Va bene, basta così. Arianna, sei tutta sudata, andiamo a cambiare quel vestito, ti si è appiccicato tutto addosso e rischi di ammalarti!" Andrada parlò in direzione di sua figlia. Un lampo attraversò gli occhi della bambina. "No! Non mi va!" gridò. Arianna de' Medici era ribelle, lo era sempre stata. Andrada la amava di un amore puro, incommensurabile ed infinito, ma tante volte era stata costretta ad ammettere con sè stessa che sua figlia era tremendamente difficile. Non avevano un rapporto idilliaco e se la bambina sembrava adorare follemente suo padre Cosimo, era sempre pronta a disobbedire alla madre. La nipote di Albizzi strabuzzò gli occhi e si tirò in piedi, per poi abbassarsi all'altezza della piccola per poterla fissare negli occhi. "Ripetilo. Avanti." La spronò con tono severo. Gli occhi di Arianna si inumidirono ma sostenne quelli della madre. "Non ho voglia di cambiarmi! Mi piace il mio vestito rosso!" biascicò. Andrada tentò di calmarsi ma Cosimo, notando la sua rabbia salire, si fece avanti. Non riuscì a dire mezza parola però, che Filippo Brunelleschi, fino a quel momento rimasto nella villa ufficialmente intento a terminare dei disegni, uscì sulla porta, bianco in volto. "Cosimo, Lorenzo...vi prego di seguirmi un istante." I due fratelli si scambiarono un'occhiata allarmata ma non se lo fecero ripetere ancora: doveva essere successo qualcosa. Scomparsi i due dietro all'architetto, Andrada tornò a concentrare la sua attenzione sulla figlia. Prima che la situazione degenerasse però, Selene si alzò in piedi e prese per mano la nipotina. "Vieni Ari, andiamo a toglierci quel vestito così Michela potrà lavarlo e fra qualche ora sarà come nuovo!" Disse in tono dolce, facendo l'occhiolino a sua sorella. Arianna si asciugò velocemente una lacrima ed annuì, seguendo la zia dentro la villa. "Incredibile" mormorò Andrada alzandosi in piedi e scuotendo la testa, affranta. Elsa le appoggiò comprensiva una mano sulla spalla, che la moglie di Cosimo strinse brevemente. Poi, si dedicarono a mettere a posto il giardino insieme ai bambini.
"Ecco qui, ora sei come nuova!" Esclamò sorridente Selene allacciando l'ultimo bottone del vestito color panna che aveva infilato alla sua nipotina. "Però lo sai che devi imparare ad ascoltare la mamma, tesoro. Le cose che ti dice lei sono per il tuo bene!" La ammonì, stampandole un bacio sulla tempia ed esortandola a tornare in giardino. Non appena la bambina scomparve al di là della porta, la giovane donna sospirò e si mise a ripiegare il vestito rosso che le aveva sfilato. "Non è possibile..." la frase le giunse attutita e bassa, ma il suo significato, così come la voce che l'aveva pronunciata, erano per lei inconfondibili. Nella foga della discussione fra Arianna e Andrada aveva ignorato il richiamo di Filippo verso i due Medici, ma ora si avvicinò alla porta dello studio con un cattivo presentimento. Si affacciò nella stanza e vide Cosimo piegato sul tavolo, sul quale era stesa una pergamena di cui non riusciva però a leggere il contenuto. Suo marito Lorenzo, bianco come un cencio, teneva in mano un altro foglio, più piccolo, e dovette appoggiarsi alla finestra per sorreggersi. Dietro di loro, Filippo Brunelleschi teneva lo sguardo basso e le mani dietro la schiena. Tutti e tre avevano un'espressione che da troppo tempo non vedeva sui volti delle persone a cui voleva bene e la cosa la allarmò. "Che succede?" Domandò tenendosi una mano sullo stomaco. Gli uomini alzarono lo sguardo verso di lei e per alcuni secondi che le parvero interminabili nessuno ebbe il coraggio di parlare. Fu poi Lorenzo a decidersi. "Selene, raduna le tue cose e prepara i bambini. Dobbiamo tornare tutti a Firenze. Ora."
ANGOLO AUTRICE:
Le cose da dire sono molte e le parole che mi vengono in mente in questo momento molte poche. Se vi va, potete leggere il post che ho fatto poco tempo fa. Vi auguro buona lettura. In foto, la villa neoplatonica di Careggi.Punto

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I Medici 2
FanfictionSono passati dieci anni dal ritorno dei Medici a Firenze e dall'acclamazione di Cosimo come Signore da parte della folla. Le vite di Andrada e Selene sembrano aver finalmente raggiunto un equilibrio e tutto va bene. Ma non è così. Una nuova ma allo...