16 Febbraio 1431

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E siamo finalmente arrivati ad uno dei capitoli cruciali della storia. Fate attenzione, perchè in esso accadranno due eventi che saranno importantissimi per il proseguimento e dai quali non si potrà più tornare indietro. E ovviamente, perdonate l'attesa a cui vi ho sottoposto. Ci è voluto più tempo perchè voi scopriste le sorti di Lorenzo che perchè le scoprissero i suoi congiunti, scusate davvero!

Camminava piano, lentamente, misurando ogni passo, pesando ogni respiro. Questo non perché avesse contezza dell’enormità di ciò che sarebbe successo di lì a poco, ma al contrario proprio perché lei, che nella sua vita non aveva mai fatto nulla senza valutare prima in modo quasi estenuante tutte le possibili conseguenze, non sapeva spiegarsi precisamente che cosa la avesse portata quella mattina ad alzarsi all’alba senza degnare di uno sguardo il coniuge addormentato, ad infilarsi il primo abito (ora si rendeva conto, troppo leggero) trovato nell’armadio e ad incamminarsi silenziosa verso Palazzo de’ Bardi. Non c’erano secondi fini, era troppo stanca di quell’intera situazione per poter anche solo pensare a qualcos’altro che non fosse la sua sacrosanta necessità di lasciarsi andare con qualcuno pronto a capirla, ad accoglierla, a non giudicarla. Era sempre stata in grado di muoversi da sola fra gli ostacoli della vita dorata che un po’ si era scelta e un po’ le era toccata in sorte, riuscendo anzi addirittura ad afferrare fra un salto e l’altro momenti di pace e tranquillità, ma quel periodo la stava mettendo a dura prova, annientandola nel profondo. E no, mentre si faceva riconoscere dalle due guardie poste a presidio dell’ingresso del Palazzo di via de’ Benci dove innumerevoli volte si era recata da bambina per giocare, ignara del futuro, decise che almeno per quel giorno non le sarebbe affatto interessato se ad attenderla al di là della porta per restituirle un po’ di respiro c’era Federico, il suo primo e timido amore mai sperimentato. Una decisione innocente che però le sarebbe costata molto cara.

“E’ davvero presto stamattina, sorella! Non vuoi riposare ancora un po’?” Chiese Marco Bello a Selene porgendole una tazza di latte caldo fumante. La ragazza era seduta sul divano della sala da pranzo, fuori si poteva dire che fosse ancora buio. Prese la bevanda che il fratello le aveva preparato e con un gesto lo invitò a sedersi accanto a lei, mentre gli rispondeva: “Quando mai nella mia vita mi sono svegliata tardi… figuriamoci se inizio a farlo adesso che mio marito è in fin di vita.” La crudezza e la freddezza delle sue parole stupirono Marco, ma in realtà la guardia poteva comprenderlo perfettamente: la situazione di Lorenzo si trascinava ormai da così tanto tempo che gli approcci maggiormente ovvi (la rabbia, la tristezza, la sofferenza) non venivano più spontanei a nessuno di loro. Restarono in silenzio per un po’, mentre la giovane sorseggiava piano. Ne avevano passate così tante, insieme. Eventi felici, eventi tragici. Ma ora portavano entrambi sulle spalle una nuova consapevolezza: erano capaci di farcela anche da soli ed unicamente il tempo avrebbe rivelato loro se ciò li avrebbe allontanati o invece, al contrario, uniti ancora di più. “Come faremo senza di lui?” Chiese Selene, dopo qualche minuto, rompendo il silenzio che si era venuto a creare. Marco sembrò rifletterci un po’ su, poi stese un braccio e lei immediatamente vi si rifugiò, appoggiando la testa sul suo petto, come quando erano piccoli. “Immagino che troveremo un modo.” Era quasi buffo parlare così, per i due fratelli. L’antipatia latente e in alcuni (molti) casi palese ed esplicita fra il Salviati ed il Medici che ne aveva portato all’altare l’amata “piccola Luna” era forse proprio la causa del loro trovarsi, in quel momento, stretti sul divano a discorrerne: chi poteva sapere, effettivamente, cosa sarebbe successo se Lorenzo non avesse accusato e tentato di uccidere Marco? Se la loro vita non avesse preso quella specifica piega? Eppure Selene non ci aveva pensato su poi più di tanto, nel porre quella domanda, così come Marco non ci aveva pensato su poi più di tanto nel risponderle: erano sempre stati un “noi”, un “noi” che comprendeva anche Cosimo, Andrada, i bambini, gli amici. Avrebbero dovuto farcela tutti insieme, nessuno escluso e al netto di eventuali simpatie/antipatie. “Io non lo voglio trovare un modo per vivere senza Lorenzo.” Mormorò la giovane. Poteva, era questa la realtà. Poteva trovarlo quel modo, ma non voleva farlo. Tale consapevolezza, unita al tono rassegnato con cui venne pronunciata, privo di lacrime o sospiri strozzati, provocò ancora più tenerezza nel cuore della guardia. La strinse a sé un po’ più forte. “Lo so.” Mormorò baciandole i capelli. “Lo so.” Restarono così fino a quando lei non si alzò per raggiungere il nosocomio.

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