Negli anni a venire, difficilmente Selene sarebbe riuscita a trascorrere un'intera giornata senza ricordare, fosse anche per una frazione infinitesimale di secondo, com'era la sua vita prima. Si malediceva in continuazione perchè quella sera, dopo l'inaspettata sfuriata di Andrada, aveva aiutato i bambini a lavarsi e a vestirsi per la notte, aveva letto loro una favola aspettando che si addormentassero e poi, non volendo in realtà né dormire da sola nella stanza di Marco Bello, né ancora convinta di voler di nuovo dividere il letto con suo marito, aveva scelto un libro dalla biblioteca di Cosimo e si era seduta a leggerlo sulla sedia a dondolo in legno di noce che campeggiava nella camera delle gemelle, a lume di candela e in religioso silenzio per non svegliarle. L'odio che nutriva verso sé stessa era dettato dal fatto che, sebbene conoscesse perfettamente la sofferenza e sapesse con estrema precisione quanto le piccole azioni quotidiane (come quelle che aveva portato avanti mentre suo marito giaceva in una pozza di sangue e urina) avessero un valore unico, le aveva comunque compiute meccanicamente, pur non privando i suoi figli e nipoti di sorrisi benevoli e carezze ignare. Negli anni a venire, Selene avrebbe sentito il proprio cuore accelerare i battiti e le mani tremarle mentre una forza invisibile le spingeva pesantemente verso il basso ogni qualvolta avesse provato nuovamente ad afferrare un libro nella biblioteca di Cosimo, perchè quando aveva ricevuto la notizia stava leggendo, ed era talmente presa dalla storia che non aveva fatto caso, inizialmente, neppure all'aria stravolta che aveva Andrada quando spalancò la porta o al fatto che non avesse bussato.La nipote di Albizzi si fermò sulla soglia. Aveva cercato sua sorella dappertutto, perfino in lavanderia, in cucina e nella zona della servitù, senza nemmeno rendersi conto che stava correndo da una parte all'altra del Palazzo gridando come un'ossessa, con gli occhi vitrei e continuando ad inciampare nei suoi stessi passi. Senza nemmeno avere la forza e la lucidità di capire che forse, prima di dare a Selene la notizia che le avrebbe rovinato per sempre la vita senza possibilità di tornare indietro, avrebbe dovuto calmarsi, asciugarsi le lacrime e darsi un contegno perchè no, non era lei la persona autorizzata a soffrire di più quella notte. La moglie di Lorenzo era bella, era bella anche se nei suoi occhi verdi si leggevano chiaramente le sofferenze di tutta una vita, anche se lontana da suo marito e da suo fratello Marco, si vedeva chiaramente che era come un corpo senza braccia, era bella nella sua fragilità che era diventata forza nell'affrontare le difficoltà dell'esistenza. Andrada si soffermò a guardare quegli occhi, prima curiosi e poi preoccupati che, sonnacchiosi, si erano spostati dalle vecchie pagine di un romanzo ad osservare lei, che doveva proprio sembrare sconvolta come probabilmente non sembrava da una notte oscura di tanti anni prima, quando aveva dovuto partorire un feto morto. La moglie di Cosimo ebbe appena il tempo di pensare che Selene era una persona più completa di lei. Il contrasto fra i capelli scuri e gli occhi chiari la rendeva più attraente, così come la sua calma, la sua sensibilità, la sua profondità di pensiero. Era semplicemente più interessante, più bella e più buona di quanto non lo fosse lei. Immaginò vagamente che fosse ingiusto che quell'ennesima stoccata toccasse al cuore tenero della sorella a cui aveva imparato a voler bene e non a quello più duro e pronto al dolore che portava in petto. Il silenzio regnò per qualche istante. Un silenzio carico di attese che Andrada non interruppe perchè non aveva la minima idea di cosa dire e, se anche l'avesse avuta, non sarebbe riuscita a controllare il movimento della propria lingua, mentre Selene restò zitta perchè convinta che sua sorella le avrebbe presto spiegato il motivo di quella sua apparizione così spettrale. Ma la moglie di Cosimo non si sbloccò e gli unici suoni che si potevano udire nella stanza erano il respiro di Ginevra e Rosa, affannato e frettoloso quello della prima e tranquillo e arrendevole quello della seconda, e lo scoppiettio leggero delle fiamme della candela. La Salviati intuì che qualcosa non andava e in un attimo le tornò alla mente il periodo che la sua famiglia stava vivendo: ricordò le minacce, la lettera anonima, i litigi, le lacrime, la rabbia. Ricordò il sangue di Cristian Thibault sulle proprie mani. In un altro momento della loro vita, probabilmente avrebbe pensato che Andrada era stata appena informata di dover affrontare un lungo viaggio istituzionale in carrozza in quanto Signora di Firenze (perchè conosceva abbastanza la sorella da poter ammettere con sé stessa che la reazione che avrebbe avuto ad una simile notizia sarebbe stata più o meno quella) ma allora percepì limpidamente che doveva essere accaduto un fatto grave. Un altro. Lasciò cadere il libro dalle mani e quello scivolò fino a terra, depositandosi accanto all'orlo del suo abito. “Andrada...” disse, alzandosi. “Andrada, che succede?” Continuò, avvicinandosi all'altra. Le afferrò un polso. “Andra...stai bene?” Ma quella non rispondeva, catatonica, ferma, immobile, terrea. Ogni secondo che passava Selene sentiva il panico impossessarsi di un ulteriore pezzo del proprio corpo e della propria mente. “Andrada, che succede?” Continuava a chiedere, scuotendo la sorella, la voce che da normale si trasformava lentamente in un sussurro tremante. Ma Andrada si era ormai chiusa nel silenzio e nell'immobilità. Sapeva che così la avrebbe spaventata da sentirsi male, ma non era forse meglio una paura cieca ma inconsapevole che una ferma consapevolezza dolorosa? Di certo, non avrebbe potuto prolungare quello stato di cose per l'eternità. Riflettè egoisticamente, mentre l'altra continuava a scuoterla e a pronunciare il suo nome, che avrebbe potuto lasciare a qualcun altro l'infausto compito di avvertire sua sorella di ciò che era accaduto a Lorenzo...c'erano tante persone disponibili: Cosimo, Elsa, Filippo, Donatello. Ma quel pensiero così osceno durò pochi istanti e, più avanti, in un momento di maggiore lucidità, Andrada lo avrebbe confessato ad un sacerdote con le lacrime agli occhi, giurando che se lo sarebbe portato con sé nella tomba, pur di non dire alla madre dei suoi nipoti ciò che la sua mente perversa aveva partorito in una situazione così tremenda. Era certa che, a parti invertite, Selene avrebbe pianto per Cosimo in silenzio, da sola, poi avrebbe indossato una maschera di dolore compito ma adulto e le avrebbe dato quella notizia stringendole la mano e accarezzandole una guancia. Non era il contesto adatto per dubitare di quello che tutti le avevano sempre detto, e cioè che fra le due era lei quella più forte e non Selene, ma sentì quel pensiero salirle prepotente dalla pancia e sbucarle il cervello. Cercò fra i meandri della sua mente una qualsiasi scusa che giustificasse quel suo atteggiamento, una notizia da dare alla sorella che potesse al contempo calmarla e apparire capace di farla precipitare nella camera delle sue nipoti più simile a un fantasma che non ad un essere umano, per potersi poi placare e dirle la verità quando sarebbe stata più tranquilla. Ma sapeva che l'altra non le avrebbe mai perdonato quel ritardo e non le restò altro da fare che non chiudersi ancora di più nel silenzio, vergognandosi di ciò che aveva fatto e della sola sua capacità di respirare.
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I Medici 2
Fiksi PenggemarSono passati dieci anni dal ritorno dei Medici a Firenze e dall'acclamazione di Cosimo come Signore da parte della folla. Le vite di Andrada e Selene sembrano aver finalmente raggiunto un equilibrio e tutto va bene. Ma non è così. Una nuova ma allo...