L'aria fredda di Dicembre filtrava attraverso la porta e le finestre della piccola abitazione sotto forma di spifferi. Marco era sveglio e fissava il buio che lo circondava. Quella notte Firenze e i Medici gli mancavano particolarmente, per vari motivi. Stava per sposarsi e accanto a lui non ci sarebbero stati sua sorella, i suoi adorati nipotini, il suo migliore amico e le persone che avevano costituito la sua quotidianità per tredici lunghi anni, ma un freddo funzionario che avrebbe testimoniato la sua unione con Alexandra e un sacerdote sconosciuto. Non avrebbe potuto consegnare a Giovannino il suo regalo di compleanno, né onorare la Sacra ricorrenza della nascita di Cristo assieme alla propria famiglia. Erano tante piccole cose a rattristarlo che insieme costituivano un macigno. Lentamente, si voltò verso la donna che dormiva al suo fianco e che di lì a poche ore avrebbe chiamato "mia moglie". Alexandra era bella e indifesa. Ancora non riusciva a capacitarsi di come un evento così brutto, come quello che l'aveva costretto ad allontanarsi da Firenze, potesse avergli portato in realtà la benedizione di un tale angelo nella vita. Le accarezzò dolcemente il volto, scostandole i capelli dalla fronte. "Non è la cerimonia che avresti meritato, né tantomeno la vita che viviamo adesso quella che vorrei offrirti. Ma andrà tutto bene, fino a che saremo insieme, te lo prometto, piccolina." Sussurrò. Poi le diede un leggero bacio e chiuse gli occhi, precipitando in un sonno leggero e senza sogni.
Il silenzio era spettrale. Il buio mangiava le figure circostanti. Le mani si stringevano spasmodicamente e i minuti passavano inesorabili. Quando il campanile della Basilica di San Marco suonò la mezzanotte il cataletto aperto venne issato sulle spalle dei necrofori e la processione, apparentemente infinita, partì. A Venezia era tradizione che agli appartenenti ai ceti sociali più elevati fosse riservata una cerimonia funebre sontuosa e notturna, che finiva sempre per assumere un aspetto solenne ma al contempo macabro. Quella precisa notte, che era poi la notte di Natale, si celebrava la dipartita di Cristian Thibault, appartenente alla Schola, inglese di nascita ma veneziano di adozione. Il corteo si sarebbe diramato dalla Giudecca fino alla Basilica. Sembrava un enorme serpente che procedeva silenzioso per le calli, senza possibilità di riportare indietro le lancette dei giorni.
Tancredi Cappelli e i soldati di Thibault avevano catturato l'assassino subito dopo l'assalto. Sopravvissuto al sasso che la guardia personale di Andrada e Selene gli aveva scagliato in testa, aveva trascorso quei due giorni chiuso nelle segrete del Palazzo del Doge. La notizia della morte dell'inglese aveva sconvolto la città intera, così come aveva reso nota la presenza delle matrone fiorentine assieme ai propri figli nella Giudecca. "Dobbiamo tornare a Firenze il prima possibile, Madonne. Ora tutti sanno esattamente dove vi trovate e non siete solo voi ad essere in estremo pericolo, ma anche i vostri figli." Aveva tentato di convicerle Cappelli. Andrada però era stata irremovibile. "Io presenzierò al funerale di mio zio. Stringerò la mano di mia sorella e abbraccerò mia cugina. Non me lo impedirete né tu né mio marito. Dopo potremo fare ciò che vorrete, ma fino al giorno di Natale le Medici resteranno qui." Aveva detto. Cosimo e Lorenzo non avrebbero fatto in tempo a raggiungerle ma la notizia del tentato omicidio di Selene li aveva colpiti come una frustata ed entrambi non vedevano l'ora di poter avere di nuovo accanto le mogli e i figli. Tutto era avvenuto in pochi secondi e nessuno riusciva ancora a spiegarsi come fosse stato possibile. Bianca e Andrada erano riuscite, seppur con estrema fatica, a tenere i bambini al sicuro nelle carrozze fin quando il cadavere di Cristian non era stato tolto dal giardino, quindi nessuno di loro aveva visto nulla ma avevano però sentito le grida e capito cosa fosse successo. Una crisi di panico si era impossessata della piccola Rosa e Selene aveva dovuto fare appello a tutto il suo amore di madre per riuscire a mettere in secondo piano il proprio sconvolgimento e per stare accanto alla figlia. Solo quella sera maledetta quando, verso mezzanotte, tutti e sei i bambini si furono addormentati, si lasciò andare. Andrada immaginava che sarebbe successo e così, appena chiusa la porta della stanza dei suoi figli, corse in quella della sorella. La trovò che piangeva rannicchiata sul letto. "Selene..." mormorò. "Andra...è tutta...colpa...è tutta colpa mia. Dov...dovevo morire io al posto suo...non me lo perdonerò mai..." biascicava la Salviati. La nipote di Albizzi salì sul grande letto e la strinse forte da dietro, baciandole i capelli. "Non è colpa tua, non pensarlo neanche per scherzo. Cristian Thibault era un uomo adulto e responsabile, sapeva benissimo a cosa andava incontro mettendosi davanti a quella freccia e l'ha fatto lo stesso." Disse. La cullò finchè non si fu addormentata e solo dopo, nel buio della propria camera, pianse tutte le sue lacrime per lo zio e per l'orribile sensazione che la attanagliava ormai da mesi di continuare a essere la causa della morte e delle sofferenze delle persone a lei care.

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I Medici 2
FanfictionSono passati dieci anni dal ritorno dei Medici a Firenze e dall'acclamazione di Cosimo come Signore da parte della folla. Le vite di Andrada e Selene sembrano aver finalmente raggiunto un equilibrio e tutto va bene. Ma non è così. Una nuova ma allo...