Una lettera anonima

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Tancredi Cappelli si alzò presto. Si vestì e, come ogni mattina, scese nella sala della colazione ad aspettare le sue protette. Aveva imparato che Andrada dormiva di più di Selene e questo gli aveva procurato una gioia innocente, perchè gli permetteva di conoscere meglio la moglie di Lorenzo. Sapeva che il suo segreto era al sicuro con Cristian ma ogni volta che la vedeva aveva voglia di urlarlo al mondo. Thibault aveva tentato di convincerlo a parlarle ma la guardia voleva aspettare il momento giusto. Soprattutto, voleva che ci fosse anche Marco Bello. Sentiva che prima o poi sarebbe tornato e allora non avrebbe avuto più niente da nascondere. Come previsto, la ragazza fece capolino nella stanza prima di tutti gli altri. "Buongiorno, Madonna." Esclamò lui, sorridendole. Selene era ancora piacevolmente confusa da quel suo atteggiamento così familiare, ma la presenza di Cappelli la faceva sentire protetta. Era un bravo soldato. "Buongiorno, Tancredi." Lo salutò. "I bambini dormono ancora?" Chiese lui. Selene si era resa conto di quanto fosse amorevole quell'uomo con i suoi figli e, anche se non riusciva a spiegarsene il motivo, ne era felice. In pochissimo tempo infatti, i piccoli erano stati allontanati da tutte le figure maschili della loro vita (zii e padre) e non ci avevano messo molto a dare totale fiducia a un uomo che si dimostrava sempre disposto a giocare e discorrere con loro. "Lorenzo si sta vestendo, ma gli altri sono dei ghiri!" Rispose. Poi sentì un desiderio farsi strada nel suo petto, neanche lei sapeva da dove provenisse. La sua bocca parlò senza che potesse impedirlo. "Ti andrebbe di accompagnarmi da Venere, la mia cavalla? E' nelle stalle...è tanto che non me ne prendo cura. Andrada non sarà sveglia prima di due ore." Tancredi la guardò stupito. Non poteva credere che lo stesse chiedendo proprio a lui. Selene sentiva nell'animo che quell'uomo era speciale e le ricordava spaventosamente suo fratello. Inoltre, passare del tempo insieme a lui le faceva inspiegabilmente mancare un po' meno Marco Bello. Il silenzio di lui la preoccupò e si morse il labbro inferiore, come faceva sempre quando era agitata. "Non...non ti va? Io...scusami...non so come mi sia venuto in mente..." si affrettò a dire, ma lui le prese le mani e la bloccò. "No, state scherzando? Certo che mi va...andiamo! Devo solo lasciare queste per Andrada..." Esclamò poi, estraendo dalla tasca delle lettere di Cosimo. Lorenzo aveva rinunciato a scrivere a sua moglie: non otteneva risposta. Solitamente, Selene gettava i suoi scritti nel fuoco senza neanche aprirli. Le appoggiò sul tavolo della colazione e, nella puerile e misteriosa felicità di essere insieme, nessuno dei due si accorse che la prima lettera del mucchio recava la scritta: "Per Andrada de' Medici. Da Anonimo." Quella mattina, del tutto naturalmente, Tancredi raccontò a Selene della sua infanzia fra le calli veneziane e smise di darle del voi.

Come la moglie di Lorenzo aveva previsto, Andrada fu nella sala comune un paio d'ore più tardi. Si stiracchiò ancora mezza assopita e ordinò un bicchiere di latte alle cameriere. Prima di riuscire a raggiungere la stanza per fare colazione, che al contrario di sua sorella riteneva il pasto più importante della giornata, aveva dovuto aiutare le gemelle a vestirsi, discutere con Arianna che quel giorno si era svegliata con la voglia di andare a passeggiare da sola con Lorenzo Ugo nel centro città e assicurarsi che quest'ultimo, Francesco Marco e Giovanni non facessero tardi alla loro lezione mattutina di latino. Aveva poi appuntato nel suo palazzo mentale di dirne quattro alla sua migliore amica che sembrava scomparsa nel nulla. Credeva di trovarla almeno in giardino intenta a leggere un libro ma dovette ricredersi quando non la scovò da nessuna parte. E, cosa più strana ancora, era sparito anche Tancredi Cappelli, fino a quel momento talmente ligio al suo dovere da darle noia. "Ma dove sono mia sorella e la nostra guardia personale?" Chiese ad una serva. "Alle scuderie, mia Signora." Rispose quella. Andrada assunse un'espressione che dovette sembrare incredula perchè l'inserviente si affrettò a giurarle di aver detto la verità. La nipote di Albizzi sbuffò: capiva che Selene era arrabbiata con Lorenzo, ma di certo non si aspettava che ne approfittasse per passare del tempo a divertirsi con ogni uomo che, per un motivo o per l'altro, le girava attorno. Aveva già deciso di rinunciare al suo bicchiere di latte e di andare a cercarla per dirle una volta per tutte, apertamente, cosa ne pensava del suo atteggiamento di vicinanza con Cristian e Tancredi quando l'occhio le cadde sull'angolo del tavolo sul quale il soldato aveva depositato le lettere a lei indirizzate. Un sorriso le si dipinse sul volto al pensiero di poter anche solo immaginare la voce di Cosimo che gliele leggeva ma durò meno di un secondo. Quando vide l'intestazione della prima busta iniziò a tremare e ringraziò Dio di non avere ancora in mano la tazza.

"Non affannatevi, Madonna. Non disperatevi. Il vostro penoso soggiorno mediceo giungerà presto al termine. Non cercate di sprecare energie per salvarli, non ci riuscirete. E non soffrirete neanche così tanto per la loro assenza da questa Terra. Vostro marito, i vostri figli, vostro fratello, vostra sorella e i vostri nipoti saranno presto fra le braccia di Dio o meglio, dovrei dire fra quelle di Lucifero. Chi ha intaccato il vostro fiore e chi si è permesso di macchiare il proprio sangue puro con quello popolano non ha diritto di stare su questa terra. So che siete a Venezia, presso Messer Thibault. Seguo ogni vostro passo nell'eccitante attesa di farvi mia. Avrete altri figli, più degni di quelli di Cosimo de' Medici, avrete un marito che vi amerà incondizionatamente e non vi serviranno nè fratelli nè nipoti. Abbiate fede, la vostra nuova vita inizierà presto."

Quando Selene e Tancredi rientrarono attraverso le grandi porte di vetro nella sala comune stavano ridendo e si tenevano sottobraccio. La neve aveva iniziato a cadere mentre si affrettavano sulla via del ritorno dalle stalle ed erano pieni di fiocchi bianchi incastrati e sciolti fra i vestiti. Si accorsero di Andrada quasi contemporaneamente. La moglie di Cosimo era seduta al tavolo e teneva fra le mani una lettera che non riusciva a smettere di fissare. Tremava e i suoi profondi occhi scuri erano un mare. "Andra?" Selene si staccò preoccupata da Cappelli e le corse incontro. L'altra riuscì solo a passarle il foglio. "Ostasio da' Polenta è tornato" Mormorò.

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