L'essenziale

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Buona Pasqua a tutti!!

Marzo aveva portato con sé i primi timidi accenni di Primavera e, anche se Selene nutriva da sempre una spiccata predilezione per le stagioni fredde, non poteva mentire a sé stessa: la rinascita che i boccioli dei fiori, il canto degli uccellini e i colori accesi manifestavano era così assimilabile a quel periodo della sua vita famigliare che non poteva dispiacerle. Lorenzo, nonostante fossero trascorse già due settimane abbondanti dal momento in cui si era svegliato, sarebbe tornato a casa solo quel giorno: il percorso di ripresa che aveva dovuto affrontare al nosocomio era stato lento e a tratti anche scoraggiante e difficoltoso, ma la giovane non lo aveva lasciato solo neppure un secondo e quando era stato loro comunicato che avrebbe potuto continuare a Palazzo de’ Medici (con la promessa però di non opporsi alle visite quotidiane da parte dei frati guaritori e di obbedire senza rimostranze alle loro disposizioni) la gioia li aveva pervasi. Il Medici aveva necessità di tornare finalmente ai suoi ambienti, ai suoi oggetti, ai profumi di quella vita che ormai da mesi non ricordava neanche più come fosse strutturata ma soprattutto voleva riabbracciare i propri quattro figli. Per scelta comune con la moglie infatti, Lorenzo, Francesco, Rosa e Ginevra erano stati informati sulle condizioni di salute del padre unicamente nel momento in cui era diventato certo che sarebbero solo migliorate, per non illuderli, ed era stato loro promesso che il banchiere sarebbe stato presto a casa ma a trovarlo al nosocomio non erano andati in quanto, soprattutto per le più piccole, sarebbe stato sicuramente traumatico vederlo nelle condizioni in cui versava. Lorenzo infatti era dimagrito (fino all’osso), aveva un colorito terreo, si muoveva e parlava con difficoltà, non riusciva a mangiare da solo e a volte dei dolori lancinanti ancora lo colpivano. Eppure, nonostante tutto, Selene vedeva in lui solo la bellezza, la purezza, la generosità e l’amore. Non poteva dire di aver dimenticato completamente ciò che era accaduto: era sempre stata una persona bisognosa di sviscerare gli argomenti, ma ora che Dio aveva voluto concederle questa seconda, inaspettata e meravigliosa possibilità, sapeva che non avrebbe mai e poi mai più permesso all’orgoglio e alla rabbia di distruggere le cose belle della sua vita. Ci sarebbe stato tempo però per parlare, per chiarire, per discutere. Tutto ciò che voleva fare ora era prendersi cura dell’uomo che amava e mai una volta, in quelle settimane, avevano accennato a Marco Bello, neanche quando la guardia personale di Cosimo era andato a trovare il cognato e tutti e due si erano commossi stringendosi le mani, mettendo da parte un imbarazzo che credevano li avrebbe sommersi e che invece si era manifestato solo in minima parte. “Non ho molte forze, al momento. Ma volevo chiederti scusa Marco… dubitare della tua fedeltà alla mi… nostra famiglia, è quanto di più infantile e stupido io abbia fatto nella mia intera vita.” Aveva mormorato Lorenzo con gli occhi lucidi. Cosimo lo aveva informato e tenuto aggiornato sugli svolgimenti sia politici sia economici della Signoria e della Banca ma soprattutto sulle minacce alla loro famiglia e la reazione del malato, sia pure dinanzi alla tragicità della situazione, aveva strappato un sorriso a tutti (ne avevano davvero tanta necessità): l’energia e la determinazione con le quali aveva cominciato a lanciare improperi e maledizioni all’anonimo bastardo da un letto avevano, se non altro, confermato che era sempre lo stesso Lorenzo folle e sprezzante del pericolo. La “notizia bomba” però, era stata quella del matrimonio di Marco. Il Medici infatti aveva palesemente notato la costante ed insistente presenza  di una giovane sconosciuta dai tratti leggermente orientali assieme ai suoi parenti ma, convinto che prima o poi qualcuno si sarebbe degnato di elargirgli spiegazioni, non aveva fatto domande. Ad un certo punto però, la situazione era diventata talmente surreale che l’ultima mattina il giovane, dopo essersi sistemato comodo fra le coperte, aver bevuto le consuete medicine aspre e stomachevoli, lanciò un sorriso sornione ad Andrada che aveva appena dato il cambio a Selene (c’era sempre qualcuno con lui e la maggior parte delle volte quel qualcuno era la moglie, ma capitava che si recasse a Palazzo per sbrigare delle incombenze o per trascorrere qualche ora con i bambini o, come quel giorno, che si allontanasse per avere dai dottori le ultime dritte sul ritorno a casa di Lorenzo) e che stava sistemando delle lenzuola su una sedia. “Gentile sorella dallo sguardo perennemente affranto, non credevo che il mio ritorno fra voi ti generasse così tanto malumore… ma ora ci sei tu con me e sei l’unica che può soddisfare la soffocante curiosità di un quasi – morto circa una inquietante presenza che vaga per questi corridoi da quando sono rinato all’esistenza.” Esclamò. La Albizzi lo osservò scuotendo la testa. Il fatto che Lorenzo stesse finalmente meglio aveva contribuito anche a distogliere l’attenzione degli altri dai suoi stati d’animo: era sempre triste, nervosa e confusa e non riusciva ormai più da giorni a trovare un senso alle proprie azioni, ai propri pensieri, al proprio modo di essere. “E sentiamo, cosa vorresti sapere?” Chiese al fratello avvicinandosi a lui e sedendoglisi accanto. “Se vostra altezza me lo concede, mi piacerebbe molto essere informato sull’identità di quella giovane donna silenziosa e più perennemente affranta di voi che sta sempre attaccata alla veste del mio amato cognato!” Suo malgrado, Andrada non potè impedirsi di scoppiare a ridere: le era mancato, dopotutto, il suo fratellone. Lorenzo finse di essersi offeso. “Oh, insomma… sono incapace di lavarmi da solo al momento, ma la mia lucidità mentale è fuori discussione: vorrei la smetteste di trattarmi come un lattante inutile e tenero che non si accorge di niente!” Sbiascicò. La moglie di Cosimo tentò di calmarsi e gli battè una mano sul braccio. “Stà… stà tranquillo… è solo che pensavo che tua moglie ti avesse già abbondantemente riempito il cervello con lamentele varie su Alexandra senza cognome… o forse dovrei dire su Alexandra senza cognome in Salviati?” Lo stuzzicò poi. L’espressione che comparve sul viso del minore dei due fratelli Medici Andrada avrebbe voluto renderla patrimonio dell’umanità, per quanto risultò comica. “Mi stai… mi stai dicendo che…!?!” sussurrò lui, sbiancando ancora di più di quello che era il suo pallore solito del periodo. “Sì, ti dico che probabilmente tua moglie ha deciso di perdonarti non soltanto perché hai rischiato di morire, ma anche e soprattutto perché quando ha visto Marco Bello ricomparire dopo solo qualche mese di assenza con tanto di moglie al seguito per la quale ha ufficialmente e definitivamente perso la testa si è resa conto del fatto che in fondo in fondo non eri tu l’uomo più stupido della sua famiglia!” Spiegò la Albizzi, grata a Dio per quei momenti di leggerezza. Lorenzo si mise a fissare intensamente le proprie coperte ma prima che potesse anche solo aprire bocca per risponderle, la giovane lo bloccò fulminandolo e alzandogli un dito davanti agli occhi. “Non una parola, non una. Marco e la sua consorte sono un argomento davvero scottante per Selene e non credo ti convenga affrontarlo adesso. Avete altro di cui preoccuparvi, oggi tornerai dai tuoi bambini e Alexandra non deve essere che l’ultimo dei tuoi pensieri.” Lo ammonì. Lui sorrise e per un attimo lei quasi si commosse dinanzi alla sua genuina felicità di rivedere finalmente casa e prole. Lo riconobbe come il “solito Lorenzo” solo quando il sorriso non riuscì ad impedirsi di trasformarsi in una risata sguaiata: “Sarà molto divertente riabbracciare i miei bambini dopo mesi mentre una sconosciuta piange guardando la scena!” Vociò. Stavano ancora ridendo come due matti (perché Andrada a quel punto non era più riuscita a stare zitta e gli aveva raccontato anche di quando Alexandra era fuggita via in lacrime nel momento in cui Ginevra Anna era saltata addosso al corpo inerme del padre) quando Selene bussò ed entrò. “Oh… sono… sono contenta di vedervi così felici!” Esclamò, un po’ stupita ma in modo piacevole. I due tentarono di ricomporsi ma con poco successo e lei non chiese neanche nulla: le era mancato tutto di suo marito, compresa la proverbiale complicità che aveva con Andrada. “Va bene, va bene. Quando avete finito battete un colpo però, che qui siamo tutti pronti! Manchi solo tu!” Sentenziò incrociando gli occhi con quelli del consorte ed incrociando le braccia al petto. Bastarono tali poche e semplici parole a far tornare in sé Lorenzo. La osservò  e quasi si commosse, stavolta veramente: stava per tornare a casa.

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