Dopo una lunga e stancante giornata trascorsa in Signoria, Cosimo si trovava nel suo studio. Stava cercando di far quadrare dei conti che non tornavano per la Banca, ma fra le mani gli scivolavano continuamente le lettere di Andrada e i disegni dei suoi figli. Gli mancavano da morire, ma era consapevole che quella lontananza era per la loro salvezza. Eppure, avrebbe dato qualsiasi cosa per poter spiegare la Bibbia a Giovanni, per poter ballare con Arianna che si reggeva sui suoi piedi o per poter aspirare il profumo della sua amata moglie. Invece, per colpa di un nemico invisibile e che tramava nell'ombra, era lontano miglia da loro. Loro tre che erano il senso della sua esistenza. Strizzò gli occhi e mise da parte un foglio con dei calcoli intricati dei quali non riusciva a venire a capo. Aveva bisogno di una pausa. Afferrò la tazza di infuso bollente che una serva gli aveva portato poco prima e stava per portarla alla bocca quando la violenza inaudita con cui la porta si spalancò gliela fece versare completamente addosso. Nonostante il dolore dato dall'ustione, il Signore di Firenze portò istintivamente una mano alla cintura per afferrare la daga. "Lorenzo! Ma sei uscito di senno, per caso? Entrare così all'improvviso senza bussare, per poco non ti ammazzavo! Mi hai fatto perdere come minimo dieci anni di vita!" Urlò, non appena si accorse che ad entrare nella stanza con tale impeto non era stato che il suo fratello minore. "Scusami Cosimo, scusa...ma Alfonso e gli altri hanno trovato degli uomini appostati intorno al Palazzo. Sono circa una quindicina ed erano pronti ad attaccare. Li hanno catturati!" Esclamò Lorenzo, appoggiandosi con una mano allo stipite della porta per riprendersi dalla corsa e dallo spavento. Cosimo balzò in piedi. "Maledetti bastardi!" Disse, digrignando i denti. "Stavolta parleranno. Questa storia deve finire, voglio riunirmi alla mia famiglia e non voglio che ci sia più neanche un morto fra chi lavora per me!" Sentenziò. Lorenzo annuì e insieme corsero verso le segrete del Palazzo, dove la guardia personale del maggiore e gli altri soldati avevano portato i cospiratori.
Erano quindici in totale. Molti di loro erano stranieri. Sanguinavano e avevano gli occhi e i denti gialli. Erano la personificazione della bruttezza interiore ed esteriore. Alfonso e i suoi soldati avevano legato loro le mani dietro la schiena e quando Cosimo e Lorenzo arrivarono lessero in quegli sguardi l'odio e l'avidità. "Chi è il capo?" Domandò il Signore di Firenze alla sua guardia personale. Gli sembrava ancora strano non avere Marco Bello al suo fianco e, doveva ammetterlo, gli mancava, soprattutto come amico. Se lui fosse stato lì, non avrebbe avuto bisogno di fare quella domanda. Marco avrebbe gettato il colpevole dritto ai suoi piedi. Non aveva però il tempo di disperarsi per l'assenza dell'uomo: doveva occuparsi dei prigionieri. "E' lui, mio signore." Rispose Alfonso, indicando un uomo alto e muscoloso. Aveva dei lunghi capelli neri attaccati al volto dal sudore e la furia con cui si muoveva aveva costretto i soldati a rafforzare i nodi delle corde che lo tenevano fermo. Cosimo gli si avvicinò e fu investito da un odore acre di alcool e sudore. Afferrò il collo dell'uomo e lo strinse con forza. "Ora tu mi dirai chi è il tuo mandante. Mi dirai chi è che vuole fare del male alla mia famiglia, altrimenti ti torturerò fin quando non morirai!" Gli disse con il tono più affilato e terribile che Lorenzo gli avesse mai sentito. Quello, inaspettatamente, scoppiò in una fragorosa risata. "Mai!" Esclamò. Cosimo strinse ancora di più le sue dita attorno al collo del malcapitato, ma il prigioniero non cedette. "Bene." Esclamò allora il Signore di Firenze, battendosi le mani sulle cosce. "Alfonso, portate questi uomini ognuno in una cella diversa. Fateli parlare, non c'è bisogno che vi dica come. Lorenzo, tu mi aiuterai con lui." Disse. "Con piacere." Fu la risposta del fratello. Le guardie si affrettarono ad eseguire gli ordini del loro signore ma Cosimo notò con disprezzo che quegli uomini non sembravano affatto spaventati. Erano stati istruiti bene. Quando si ritrovò da solo con il loro capo e il fratello nella stanza cupa delle segrete si rimboccò le maniche. "Ora siamo soli. Non c'è nessuno che potrà sentire le tue urla o venirti ad aiutare. Voglio sapere chi vuole morta la mia famiglia e perchè. Voglio sapere chi ha ucciso mio padre e perchè è tornato ora, dopo tredici anni, a chiedere il suo compenso." La sua voce era una lama. "Come ti chiami?" Chiese Lorenzo, per rompere il silenzio che si era venuto a creare, tangibile, dopo le parole del fratello. "E perchè mai dovrei dirvi il mio nome, sporchi Medici?" Il pugno che partì da Cosimo fu il primo di una lunga serie. Il prigioniero cominciò a sanguinare, ma non si arrese. "Potete farmi ciò che volete ma non parlerò mai. Il mio padrone è potente...i vostri putridi figli verranno inchiodati alle croci e le vostre mogli violentate senza pietà, soprattutto quella schifosa popolana..." Stavolta fu Lorenzo a gettarglisi addosso. Lo colpì ripetutamente, gli spezzò la mascella. "Non osare mai più neanche solo nominare mia moglie e i miei figli, maledetto bastardo..." Se Cosimo non l'avesse fermato, probabilmente l'avrebbe ucciso. Lorenzo lo guardò ferocemente. Il cospiratore si tirò su con estrema fatica: aveva il volto gonfio e sanguinante ma, con voce strascicata, ricominciò a parlare. E le sue parole non erano quelle che i due Medici avrebbero voluto udire. Trascorsero l'intera notte con lui nella cella ma, quando il mattino seguente ne uscirono, lui era morto e loro non erano riusciti a sapere niente. Lorenzo si appoggiò al muro di pietra e chiuse gli occhi. "Abbiamo ucciso un uomo torturandolo a morte." Mormorò. Era un qualcosa che lo colpiva e Cosimo lo comprendeva. Poggiò una mano sulla spalla del fratello. La frustrazione nell'aria era tanta. Alfonso uscì in quel momento da una delle celle circostanti. "Mio Signore, purtroppo questi uomini non hanno parlato. Nessuno di loro." Disse, con gli occhi bassi. Cosimo colpì con un pugno il muro di pietra. "Impiccateli. Senza pietà." Disse, prima di ritirarsi nelle sue stanze.
L'uomo ricevette la notizia con rabbia. Non poteva accettare di continuare a rischiare così tanto: i suoi mercenari erano stati addestrati bene ed era certo che non avrebbero parlato ma se non riuscivano a raggiungere l'obiettivo il pericolo che correva era troppo. Decise di cambiare strategia e mandò a chiamare la ragazza.

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I Medici 2
FanfictionSono passati dieci anni dal ritorno dei Medici a Firenze e dall'acclamazione di Cosimo come Signore da parte della folla. Le vite di Andrada e Selene sembrano aver finalmente raggiunto un equilibrio e tutto va bene. Ma non è così. Una nuova ma allo...