Non era razionale

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L'Estate avrebbe presto lasciato il posto all'Autunno e Selene si stava godendo gli ultimi raggi caldi della giornata, seduta in giardino con un libro fra le mani. I bambini erano andati con Andrada e Sofia a fare una gita nell'immensa scuderia di Palazzo Thibault dove, stanche dopo il lungo viaggio, riposavano anche Venere e Aurora, ormai adulte. Erano passati cinque giorni dal loro arrivo a Venezia ma, se la giovane moglie di Lorenzo avesse detto che si stava abituando a quel nuovo stile di vita, avrebbe mentito. Le mancava Firenze, le mancava Michela, le mancava Marco Bello e, in fondo, le mancava anche suo marito. "Madonna...posso?" Una voce profonda distolse la sua attenzione dalle pagine del volume, che le scorrevano prive di significato davanti agli occhi. Alzò lo sguardo e incontrò il volto dolce e premuroso di Cristian Thibault. Un brivido involontario le percorse la schiena. Era stata scortese con lui fino a quel momento, e voleva rimediare assolutamente. Si spostò leggermente, di modo che lui potesse prendere posto accanto a lei sulla panchina in pietra, e gli sorrise. L'uomo si sedette e gettò un'occhiata al libro che lei stava facendo finta di leggere. "Il Decameron di Boccaccio. Avete dei gusti ottimi, mia signora!" Le disse. Selene lo ringraziò. "Ma vi prego, datemi del tu." Continuò poi. "Solo se lo farete anche voi." Fu la risposta. Scoppiarono a ridere entrambi e si promisero che non avrebbero più usato a vicenda il "voi" di cortesia. "Stai bene, Selene? E' da quando sei arrivata a Palazzo che non riesco a ignorare la malinconia che ti accompagna...insomma, so che non ci conosciamo e non voglio essere indiscreto ma...qualsiasi cosa io possa fare per te, non esitare a chiedermela." L'accento inglese di Cristian lo rendeva, se possibile, ancora più attraente. Lei lo scrutò attentamente, cercando di captare il doppio gioco delle sue parole, ma non riuscì a trovarlo. "Sono...sono solo un po' preoccupata e stanca. Non so quale minaccia gravi sulla testa della mia famiglia e questo...beh...farebbe apparire malinconico chiunque." Rispose. Lui annuì, dandole ragione. "Sei al sicuro, qui. Non accadrà nulla a te e ai tuoi bambini fin quando resterete a casa mia, te lo prometto." Aggiunse, soppesando le parole. Non voleva spingersi troppo oltre, ma quella ragazza gli aveva fatto provare sensazioni che da troppo tempo pensava fossero sopite nel suo animo. Era bella. Di una bellezza naturale e genuina. Era gentile ed educata nei modi e lui sembrava non aver fatto troppo caso alla freddezza con cui l'aveva trattato quei primi giorni. Aveva notato come si comportava con i suoi figli e i suoi nipoti, quanto fosse protettiva e quanto li amasse. E adorava il rapporto di lei con la servitù: non si metteva mai sul piedistallo, interagiva con gli altri come se fossero suoi pari nonostante fosse sposata con il secondo uomo più potente della Signoria fiorentina. Selene sorrise amaramente. "Sai, non sei il primo ad avermi detto una cosa del genere..." Cristian tacque. Andrada gli aveva raccontato del fratello della giovane, ex guardia personale di Cosimo, di come la sua fuga fosse stata colpa di Lorenzo e quindi di come ciò avesse incrinato i rapporti fra i due coniugi. Lui però era un brav'uomo e non voleva approfittarne. Non avrebbe mai tentato di rubarle il cuore solo perchè sapeva dei problemi che la affliggevano, anzi. Voleva solo offrirle conforto e una spalla su cui piangere perchè quella donna, in qualche modo a lui ancora sconosciuto, aveva leggermente scalfito la sua corazza. Annuì e, del tutto istintivamente, tentò di accarezzarle una guancia. Lei si ritrasse. Per un attimo si guardarono imbarazzati. Selene era stranamente colpita da lui e dai suoi modi signorili ed erano giorni che si chiedeva quanto dovesse essere bello e bravo il pirata dell'Est con cui Eleonora Badoer era fuggita, per convincerla a lasciare la sua famiglia. "Scusa...scusami, io..." tentò Thibault. A lei venne spontaneo sorridere. "Non preoccuparti." Disse. Una ciocca di capelli castani le scivolò davanti al volto e lui dovette reprimere l'impulso di afferrarla. "Sono contento che siate qui. La mia Sofia è...è una brava ragazza ma le manca una figura femminile, nonostante io abbia cercato di circondarla di balie e governanti. Le farà bene trascorrere del tempo con voi." Affermò l'inglese, cambiando discorso per non tradirsi. "E' molto dolce con i bambini, le si sono tutti affezionati subito..." Le parole però non erano in grado di riparare il disagio che aleggiava nell'aria e i due restarono a fissarsi, come inebetiti, per un po'. Poi un refolo di vento inaspettato fece cadere dalle mani di Selene il libro, che atterrò ai piedi di Cristian. Lei si sporse subito per riafferrarlo, ma lui fu più veloce. Le loro mani si incrociarono inavvertitamente sulla copertina intarsiata del testo, che era una copia fedele acquistata dopo l'incendio di Palazzo de' Medici del primo "Decameron" della ragazza, quello che Marco Bello le aveva regalato il giorno ormai lontano del suo diciottesimo compleanno. Lui sentì la morbidezza della pelle di lei sotto le dita e sfiorò per un secondo il bracciale raffigurante un serpente che Selene indossava sul polso sinistro. Non riusiva a staccarle gli occhi di dosso. Lei tremava. Quel tocco le faceva mancare l'amore di cui si era volontariamente privata. L'aria era come immobile. Fu lui a rompere l'incantesimo, lasciando il libro, seppur con molta fatica. Selene strinse le braccia attorno al "Decameron". Non sapeva cosa dire. Un dolore sconosciuto si fermò sulle sue ginocchia tremanti. No. Non l'avrebbe fatto. Non avrebbe ceduto. Non si sarebbe abbassata all'altezza della sconfitta. Fissò i suoi occhi verdi e profondi in quelli verde scuro, così simili a quelli di Lorenzo, di Cristian Thibault. Ma tutto ciò che riusciva a vedere era appunto il marito, il suo volto rassicurante, le sue iridi e i suoi lunghi capelli che amava arricciarsi attorno alle dita. L'ultima cosa che riuscì a constatare era che anche i capelli di quell'uomo che era così gentile con lei erano lunghi. Non era razionale. "Mamma!" La voce di Ginevra le suonò lontana ma servì alla donna per allontanarsi da quella sensazione così strana e difficile da spiegare. Staccò a fatica gli occhi da quelli di Cristian, appoggiò una mano sulla pietra e si voltò verso l'angolo da cui stavano arrivando Andrada e Sofia con i bambini. Ginevra le fu accanto in un attimo e le consegnò un mazzolino di margherite che aveva colto per lei. Selene le odorò sorridente, poi accarezzò la testa di sua figlia mentre Lorenzo, Francesco, Arianna, Giovanni e Rosa le si facevano accanto. "Mamma, abbiamo visto tantissimi cavalli!" Esclamò il suo secondogenito. "Zia, la prossima volta devi venire anche tu!" Le disse Arianna. Selene annuì, poi prese per mano sua nipote e la piccola Rosa e si alzò in piedi. "Andiamo, dovete raccontarmi tutto!" Sussurrò, rendendosi conto che gli arti inferiori non la sorreggevano completamente. Andrada la guardò interrogativa: sua sorella era per lei un libro aperto. Fu solo quando la giovane moglie di Lorenzo se ne fu andata seguita dalla ciurma allegra dei piccoli Medici che notò lo sguardo sperduto con cui Sofia Thibault osservava suo padre, come se avesse compreso tutto. Lui si era appena reso conto che Selene aveva lasciato sulla panchina il libro.

"Dannazione!" Il pugno che Lorenzo tirò sul tavolo gli fece sanguinare le nocche. "Fratello, calmati. Io sto bene." Cosimo aveva il naso gonfio e sporco di sangue ma il frate guaritore di fiducia dei Medici glielo aveva messo a posto con una manovra che, seppur dolorosa, era stata breve. Sedeva nel suo studio e osservava il fratello in piedi dietro la scrivania. "Calmarmi? Calmarmi...sei serio, Cosimo? Ti rendi conto del pericolo che stiamo correndo? E le nostre famiglie...sei sicuro che quel Cristian...Trabault sia in grado di proteggerle?" Urlò mentre schizzi di saliva inondavano l'aria. Era sotto pressione. Cosimo respirò a fondo prima di rispondere. "Thibault. E' uno degli uomini più potenti di Venezia, certo che è in grado. Ha l'aiuto diretto del doge, Lorenzo. Non manderei Andrada, Selene e i nostri bambini da una persona di cui non mi fido ciecamente." Disse. Il più giovane dei due Medici afferrò un bicchiere che era sul tavolo e lo scagliò contro la finestra. Quello si ruppe in mille pezzi. "Ti hanno preso a pugni. Tu, il Signore di Firenze! Nessuno può avere il diritto di fare questo a mio fratello...quel bastardo me la pagherà cara..." Vociò avviandosi verso la porta. Cosimo si alzò in piedi e gli si mise davanti. "Lorenzo, ma non capisci che così stai facendo il loro gioco? Quello che vogliono è agitarci e se possibile dividerci. Dobbiamo mostrarci tranquilli, disinteressati. Così daremo loro l'idea di poterci cogliere impreparati." Affermò. Lorenzo si rendeva perfettamente conto della veridicità di quelle parole. "Dannazione" disse di nuovo, appoggiando le mani sulla scrivania in mogano e piegando la testa sul petto. "Sei sempre più saggio di me." Mormorò. Cosimo rise. "C'è un motivo se la folla ha acclamato me Signore di Firenze!" Disse poi. Il pugno sul braccio arrivò scherzoso e leggero, ma inaspettato. Due secondi dopo i due fratelli si ritrovarono a fare la lotta per scherzo, come quando erano bambini. Alla fine, ansimanti, si strinsero virilmente l'uno all'altro. "Non credo di averti mai chiesto scusa, per aver fatto fuggire Marco Bello. Se lui fosse qui probabilmente il tuo naso non sarebbe così brutto adesso." Lorenzo aveva cercato le parole più leggere per esprimere quel concetto ma oltre a sentirsi terribilmente in colpa nei confronti di Selene, lo si sentiva anche in quelli del fratello. Cosimo si staccò dall'abbraccio. "Non è solo colpa tua. Io ho fatto la mia parte e tua moglie...beh sappiamo entrambi quanto fossero legati. Non ha tutti i torti..." gli rispose. "Lo so". Annuì Lorenzo, l'immagine della sua Selene stampata nella mente e il cuore in gola. 

Cristian e Selene sono sempre più vicini...come pensate che finirà fra di loro? In alto, Sofia Thibault.

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