Arianna

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Scusate, ma vi avevo avvertiti...

Le giornate iniziarono a passare lente e pesanti. Andrada aveva ormai compreso il nuovo ritmo della vita a Palazzo e tentava con tutta sè stessa di non lasciarsi sopraffare dalla tensione che aleggiava nell'aria, ma era difficile e non aveva neanche l'aiuto di Cosimo. Suo marito infatti trascorreva le giornate in Signoria e, appena aveva un momento libero, si avventurava alla ricerca di Marco Bello. La nobildonna cercava di passare la maggior parte del proprio tempo con Giovanni e Arianna ma le cose di cui occuparsi erano tante e Selene era quasi completamente fuori combattimento. A darle una mano, per fortuna, c'erano Lucia, che era stata la nutrice del suo primogenito, ed Elsa Brunelleschi, che, appena aveva saputo, aveva triplicato le sue visite a Palazzo de' Medici. L'assenza di Marco si faceva sentire: in tutti quegli anni in cui era stato la guardia personale di suo marito si era dimostrato sincero e leale e, oltre alla mancanza pratica, Andrada ne percepiva anche una affettiva. I bambini, almeno Giovanni e Arianna, sembravano aver completamente dimenticato ciò che era accaduto ed erano elettrizzati per la presenza quasi giornaliera a casa loro dei piccoli Brunelleschi. Altrettanto non si poteva però dire dei figli di Lorenzo e Selene: oltre ad essere molto legati allo zio, che era scomparso da un giorno all'altro senza una spiegazione plausibile, avevano notato la velata tristezza negli occhi della madre e percepivano che quelle rarissime volte in cui lei parlava con Lorenzo era solo per illuderli che fra di loro andasse tutto bene. In realtà il banchiere e sua moglie non potevano essere più distanti. Lei si era ormai trasferita nella stanza di Marco Bello e lui, che aveva trascorso due giorni nello studio senza uscirne neanche per mangiare e che ne era venuto fuori solo dopo innumerevoli suppliche di Cosimo e Andrada, era irriconoscibile. Si era fatto crescere una lunga barba e si curava molto poco. Aveva un'espressione lugubre e Andrada arrivò a credere che un maledetto demone si fosse impossessato del corpo del suo allegro fratello bambinone. Era arrabbiata con lui per ciò che aveva fatto, ma doveva ammettere con sè stessa che Lorenzo le mancava. L'uomo aveva cercato di riavvicinarsi a Selene, ma la giovane non ne aveva voluto sapere. Dopo i primi giorni, in cui fuggiva letteralmente ogni volta che lo vedeva, aveva fatto un discorso a Cosimo. "Devi parlare con tuo fratello. Devi dirgli che io non ho nessuna intenzione di perdonarlo. Quello che lui ha fatto è per me la cosa peggiore che potesse fare, vorrei tanto riuscire a scusarlo, vorrei tanto che tutto potesse tornare come prima, ma ogni volta che lo guardo vedo il sangue sul petto di mio fratello, vedo l'odio nei suoi occhi, la sua brama di uccidere. Non mi sono innamorata di un uomo così incline ad ascoltare l'istinto. Non ho sposato una bestia. Se questo è quello che Lorenzo è diventato, non voglio più avere niente a che fare con lui. E' il padre dei miei figli e questo vuol dire che loro non udranno da me neanche una parola fuori posto nei suoi confronti, perciò potrà vederli quando vorrà. Michela li accompagnerà da lui. Per quanto riguarda me, non mangerò più con voi se questo significa dover fare finta di nulla ma continuerò ad adempiere ai miei impegni di rappresentanza. Sono una Medici, purtroppo, e rispetterò il ruolo che mi sono autoimposta fino alla fine dei miei giorni." Quelle parole erano state una doccia gelida per il Signore di Firenze. Non ebbe bisogno di riferirle a suo fratello: Lorenzo, nascosto dietro una porta, aveva ascoltato tutto. Selene sembrava non rendersi conto di quanto suo marito soffrisse e di quanto fosse pentito: spesso prendeva parte lui stesso alle battute di ricerca per trovare suo cognato ed era quello che si spingeva più in là di tutti, tanto che un giorno era ritornato con un braccio rotto per essere caduto in un burrone. Cosimo, Andrada, Donatello, Elsa, Filippo e Michela erano perfettamente coscienti del carattere della giovane Salviati: era la persona più buona del mondo, ma quando si arrabbiava balenava in lei una furia antica, probabilmente giuntale dalle sofferenze che aveva vissuto prima di diventare una Medici, che le faceva dire e fare cose terribili. A modo loro, tutti provarono a parlarle. Cosimo fu il primo, ma aprì soltanto una serie di fallimenti. Ciò che nessuno sapeva però, era che a lei in realtà Lorenzo mancava terribilmente. Ciò che nessuno sapeva era che lei soffriva indicibilmente nel non stringerlo più a sè tutte le notti, nel non mischiare il proprio corpo con il suo, nel non potersi lasciar avvolgere dal suo abbraccio. Ma non era disposta a cedere. Se Lorenzo le mancava, Marco Bello le mancava ancora di più. Ai suoi occhi, ciò che suo marito aveva fatto non meritava perdono. "Le passerà, Andrada. Come le è passata quando era arrabbiata con me...Selene ha solo bisogno del suo tempo. Ama Lorenzo e non credo che riuscirà a odiarlo ancora a lungo." Aveva detto Donatello un pomeriggio alla nobildonna. "Lo spero. Non ce la faccio più a vederlo così..." aveva mormorato lei in risposta, spostando lo sguardo verso il limitare del prato dove Lorenzo, facendo leva su tutte le sue forze, stava rincorrendo Rosa e Ginevra. Gli unici momenti della giornata in cui lo vedeva accennare un lieve sorriso era quando passava del tempo con i propri figli. Lentamente, tutti lo perdonarono. Perfino Donatello. Gli si strinsero attorno, ma era una situazione delicata. Se Selene si fosse accorta di quel loro atteggiamento se la sarebbe senza dubbio presa e per questo l'atmosfera a Palazzo era fragile come cristallo. Lo stress accumulato spossava Andrada più di ogni altra cosa, ma era grata a Dio per la sua famiglia. Un pomeriggio stava assistendo Giovanni nella lettura, quando sentì un gran frastuono provenire dall'androne del Palazzo. Il bambino si irrigidì. "Mamma, che succede?" Chiese. La nobildonna si guardò attorno: tutto sembrava tranquillo. Ma poi cominciarono a giungere le grida. Giovanni si alzò spaventato. "Mamma!" Urlò, gettandosi fra le sue braccia. Andrada sentì chiaramente il suo cuore perdere un battito. Tentò di calmare il figlio ma dal piano inferiore continuavano a giungere urla e rumori di vetri infranti. "Andrada! Venite qui, presto!" Lorenzo era comparso dal nulla. Lei non se lo fece ripetere due volte e, tenendo in braccio il figlio, seguì suo cognato dietro una sporgenza di marmo, dove già c'erano tutti i suoi nipoti. Il rumore era sempre più assordante e la moglie di Cosimo notò con terrore che anche i vetri della stanza in cui si trovavano cominciarono a "esplodere", sistematicamente. Ci mise un po' a capire che si trattava di enormi sassi che venivano lanciati contro le finestre. "Arianna...dov'è Arianna, devo trovare mia figlia!" Gridò, tentando di alzarsi in piedi. Lorenzo la trattenne. "Andrada ti prego non peggiorare la situazione, Arianna era in giardino, sicuramente sta bene..." Le disse. Ma lei era in preda al panico e ci volle tutta la forza dell'uomo per non lasciarla andare. Sembrava l'Inferno. I pavimenti tremavano e i bambini piangevano. Durò quella che a loro parve un'eternità. Quando si calmò, Andrada si scrollò di dosso le braccia del fratello e corse di sotto, chiamando sua figlia. Lorenzo e i bambini la seguirono. Nell'atrio, incontrarono Selene. Era terrorizzata e da un leggero graffio sulla fronte le sgorgava del sangue, ma la giovane sembrava non farci caso. "Oh mio Dio...state bene? State tutti bene?" Chiese spalancando le braccia. I suoi figli quasi la soffocarono stringendosi a lei, spaventati. Rosa soprattutto, piangeva a dirotto. Il caos intorno a loro era inimmaginabile. I vetri erano tutti infranti, e dei sassi giganteschi giacevano a terra. I tavoli erano stati rovesciati e c'erano alcuni servitori feriti. Andrada si guardava intorno, sconvolta. Continuava a gridare il nome di sua figlia, ma non otteneva risposta. Selene smise di accarezzare Rosa e si alzò in piedi. "Che succede?" Chiese, avvicinandosi alla sua migliore amica. "A...Arianna...non la trovo!" Esclamò. Credeva che di lì a poco sarebbe svenuta. La moglie di Lorenzo si guardò attorno, individuò due servitori non feriti e gridò loro: "Che cosa state aspettando? Cercate la bambina!" Poi il suo sguardo incontrò quello del marito e capirono entrambi che il loro rapporto in quel momento passava in secondo piano. "Dobbiamo trovarla." Gli disse. "Lo so." Fu la risposta di lui. Ma c'erano i bambini e, nonostante Lorenzo Ugo e Ginevra Anna tentassero di rassicurare gli altri, Giovanni, Francesco Marco e Andrada Rosa erano sotto shock. "Lucrezia, stà con loro!" Ordinò il banchiere rivolto alla donna. Lucrezia era, insieme a Michela, la più fidata della servitù e con dolcezza estrema prese in braccio Rosa e per mano Ginevra e guidò i quattro piccoli verso la cucina, nonostante le reticenze dei più grandi che volevano aiutare nelle ricerche. Andrada nel frattempo aveva percorso già due corridoi continuando a chiamare il nome della figlia con quanto fiato aveva in gola. Ogni secondo che passava il terrore si impossessava di lei un po' di più. Lorenzo e Selene la raggiunsero quasi subito. Lei si voltò verso di loro. "Dov'è mia figlia?" Chiese, con le lacrime che le sgorgavano copiose dagli occhi. "Potrebbe essere dovunque, magari è svenuta o è ferita e...e...non può gridare oppure...oppure..." Selene la afferrò per le braccia. "Andra, dovunque lei sia, così non le sei certo d'aiuto. La troveremo, te lo prometto!" Le disse. Corsero per tutto il Palazzo, dividendosi. La devastazione era terribile ma Andrada non la vedeva. Camminava sui pezzi di vetro ma non sentiva dolore. Cadeva e si rialzava continuamente. Quaranta minuti dopo, si ritrovarono tutti e tre in una grande sala adiacente al giardino. Della bambina non c'era traccia. Il panico cominciò a impossessarsi anche di Selene e Lorenzo, che fino a quel momento erano stati dominati dall'adrenalina. Andrada si lasciò cadere a terra. "Arianna..." mormorò fra le lacrime. Poi iniziò ad urlare e fu solo allora che una vocina si udì da dietro una colonna. "Mamma, non gridare o la sveglierai." La nobildonna si sollevò da terra e guardò nella direzione da cui era giunta la voce di sua figlia. Arianna era viva e stava bene. Si alzò in piedi. "Arianna..." mormorò, sconvolta. Ci mise un po' a mettere a fuoco ciò che aveva davanti. Le braccia di sua figlia erano sporche di sangue, ma non era sangue suo. Teneva stretto al petto un fagottino scuro, sporco e minuscolo. Fu Selene la prima a vedere. "Oh mio Dio..." sussurrò. Poco dietro alla bambina, c'era un corpo steso a terra, apparentemente privo di vita. Michela aveva il ventre dilaniato da un sasso. Fu solo quando si avvicinarono, che capirono che ciò che Arianna aveva fra le braccia era un piccolo essere umano.

L'uomo sbattè un pugno violento sul tavolo. La luce nella stanza era inesistente. "Quello che è successo oggi non succederà mai più." Sentenziò. La sua voce gelida terrorizzò gli astanti. "Vi ho lasciato campo libero, ma ho ovviamente sbagliato. Siete degli incapaci, ma me la pagherete cara." "Mio signore..." una voce coraggiosa si levò dal gruppo, ma l'uomo ne fulminò il proprietario con lo sguardo. "Non posso permettervi di mettere a repentaglio la sua vita un'altra volta. Quella donna mi appartiene. Dovete ucciderne i figli, il marito e tutta la sua sporca famiglia. Ma lei è mia." "Non succederà più, mio signore." Era sempre lo stesso temerario a parlare. "Oh, lo credo bene..." rispose il capo con un tono enigmatico che li fece rabbrividire. Poi, senza neanche dare ai suoi sottoposti il tempo di respirare, tranciò di netto la gola a colui che aveva mostrato più intraprendenza. "Non implorate, non servirà". Disse agli altri.

Nella foto, Andrada de' Medici.

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